sabato 23 aprile 2022

La Signora Fllach


 

Franco Parpaiola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SIGNORA FLACH

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’umanità è unica e preziosa nella sua diversità.

 Madre natura e grama con sé stessa, ha dato alla sua Flora e Fauna l’indispensabile per sopravvivere e nulla più

Solamente l’Homo Sapiens si distingue da tutta la fauna del creato per la sua insaziabile brama di sapere di averi e di sessualità che spesso lo portano nell’abisso del crimine, del degrado e della degenerazione stessa.

 

La Signora Flach era un’avvenente donna di mezza età, alta e formosa, magari un po’ troppo imbragata in un busto di cotone rafforzato che nascondeva la sua obesità, costringendola con quel suo prospero seno a camminare dritta di schiena come se avesse ingoiato un manico di scopa.

A vederla camminare tutta sola lungo la zona pedonale della città, dove, al botto del mezzodì; tutta ciondoli e ciondolini, magari un pochino insicura su scarpe con tacchi a spillo di dodici centimetri, si recava nella sua birreria preferita a fare colazione, sembrava una delle tante belle donne un poco avanti negli anni, uscite a far shopping con la carta di credito del marito.

  Ciò che però nessuno sapeva, era il fatto che diversi suoi conoscenti, facoltosi e ben situati personaggi nella società bremense, non appena la scorgevano per strada, cambiavano subito rotta, per il semplice fatto che la Signora Flach, non solo era conosciuta come una delle più grandi ben dotate puttane e domina della città, ma aveva anche l’abitudine di salutare i suoi clienti che casualmente incontrava per strada anche se erano in compagnia delle loro rispettive signore.

Quando un abbondante collazione a base di Birra e Jägermeister le scioglieva la lingua, noi, che, come assetati cammelli all’abbeveratoio e perenni clienti eravamo seduti al banco della birra, la ascoltavamo divertiti e increduli raccontarci del suo lavoro con brio e con una cascata di particolari e profusione di termini del mestiere da far rabbrividire anche il più incallito sadico masochista della città.

Gli uomini che frequentano gli studi delle cosiddette “Dominna” per farsi punire e umiliare da una donna mascherata e vestita con tanga e reggiseno di cuoio nero, stivali con tacco a spillo e con un frustino in mano, per noi erano gente malata e perversa,

La loquace e simpatica signora Flach poi ci diceva che nel suo guardaroba ci sono costumi da sodo-maso per le più disparate occasioni ed evenienza.

Aveva succinti costumini da scolaretta, da infermiera, da segretaria, da maestra e severa educatrice di uomini discoli che le strisciavano ai piedi e la supplicavano di punirli per le loro malefatte.

C’era il manager di una grande Ditta che nudo e incatenato ad una panca di legno detta dei supplizi, la supplicava di accartocciarli le palle fino a farlo genere dal dolore, un altro voleva essere sodomizzato da lei infermiera con un grosso zucchino ben unto di vaselina, fino al suo orgasmo, un altro ancora voleva essere preso a frustrate sul sedere mentre altri ancora, non volevano solo bere la sua tiepida doccia dorata.

Noi al banco conoscevamo certi suoi clienti, ma non sapevano che tipo di trattamento preferissero e lei naturalmente non faceva mai nomi.

 Qualche volta però la vedevamo arrivare nel locale, in compagnia di qualche anziano forestiero, rosso e patuffo di faccia che sicuramente era uno dei tanti benestanti contadinotti della Bassa Sassonia scappato per un giorno dalla sua valchiria a casa e piovuto in città in cerca di avventure.

 

# # #

 

Qualche annetto addietro nel tempo, mai e poi mai, la Signora Flach avrebbe accettato un cliente simile; in passato i suoi clienti erano gli habitué della frusta di un certo livello intellettuale e importanza politica e sociale e i patiti della cosiddetta Gonden Shower.

Un tempo i vecchi bifolchi grassoni e bavosi, rossi, quasi violacei di faccia come la sua facoltosa vittima del giorno non li avrebbe nemmeno presi in considerazione, ora che anche per lei il lavoro scarseggia, più per passione che per necessità finanziarie, teneva aperta la sua stanza dei supplizi anche per i vogliosi delle torture e punizioni corporee di ogni ceto sociale.

» A questo porco qua, prima gli faccio la mia classica doccia speciale, poi mentre se fa un a sega nel preservativo, gli ficco un bel zucchino alla vaselina su pel culo, da farlo quasi scoppiare; il tutto gli costerà come minimo il prezzo di vendita di qualche suino. «Sentenziò la Signora Flach dopo aver trangugiato il suo ennesimo Jägermeister, scrutando, valutando con occhio da professionista il grummo di grasso che perseguitato dalla sua prostata traballava verso le toelette del locale.

La sua non era crudeltà o nausea soppressa, il suo comportamento, per quanto non certo Kosher e riservato, era semplicemente morbosamente esibizionista.

Godeva nel vedere che qualcuno di noi la guardava con occhi libidinosi e faccia vogliosa, si inebriava nel sapere che li aveva in pugno e sapeva benissimo che volendo, poteva trasformarli in gementi larve umane alla mercè delle sue estrose e vogliose torture.

Forse odiava gli uomini o forse era proprio lei la vera perversa che godeva nello sminuire la dignità di un uomo.

Forse era frigida, forse disillusa, tuttavia la sua determinazione e meticolosità nell’applicare i suoi martiri, le sue umiliazioni e mortificazioni ai potenti e nelle contorte menti dei sadici e dei masochisti, le dava quasi un’aurea mistica di divina onnipotenza, una specie di timore e allo stesso tempo, di agognata punizione divina.  

 

Tutto questo lo capii di lei nelle poche occasioni dove quando ero in ferie dopo un periodo di navigazione,  in quei giorni verso mezzodì, io ed altri marittimi ci trovavamo unici clienti al banco della birra, prima dell’invasione dei patiti del Lunch, quando cioè gli agenti marittimi e impiegati dei vari uffici e negozi nei dintorni invadevano il locale durante la loro pausa meridiana.

In quelle poche occasioni, le offrivo una birra e un Jägermeister e senza dirci nulla di speciale, parlavamo del più e del meno, a volte guardando nel vuoto, rimanevamo in silenzio, lì al banco, ognuno per conto suo chiuso nei propri pensieri.

Che cosa potevamo dirci, la Signora Flach, domina per vocazione che si considerava una specie di missionaria e redentrice di anime afflitte, ed io, e noi, marittimi di mestiere e di fatto?

Una volta qualcuno per redimersi si flagellava da solo; altri andavano a confessarsi e recitavano le preghiere di penitenza che il confessore imponeva.

Oggi invece chi se lo può permettere non si confessa né tanto meno si autoflagella più, chi può va da una provetta domina come la Signora Flach; da lei si lascia strapazzare le palle anche a  colpetti di frustrino o girarle e accartocciare fino a quasi perdere i sensi dal dolore, altri ancora sceglievano e avevano imparato ad apprezzare e gustare la specialità della casa che consisteva in una Golden Shower e masturbazione in un preservativo con un grosso zucchino vaselinato,  ficcato su pel culo.

 

»Franco, noi due ci conosciamo da diverso tempo,« -mi disse un giorno la Signora Flach quasi a bruciapelo- »ma non ti ho mai visto con una donna, da come ti ho giudicato tu non sei Homo e tanto meno ai paura di parlare con un donna, tu sei qualche cosa di peggio, tu sei tutto quello che manda una Donna in bestia ogni volta che ti è vicina e comincia ad apprezzare la tua amicizia e vicinanza; tu sei guardingo, ma non pelandrone  e tanto meno un eroe del sofà e delle pantofole;  te ne fotti di sentimenti e avventure fuggiasche, dimmi, quante volte ti sei bruciato le dite con le donne?«

» E che cazzo ti salta in mente adesso, «le chiesi sorpreso-» comunque o delle cicatrici che mi bruciano ancora, non perché avevo la donna sbagliata, ma perché son stato così fesso da non accorgermene prima, che stavo sbagliando. «

Risposi secco.

» Franco, tu sei la domina di te stesso, ma lo fai per non farti più male e se ogni tanto ti fai una sega cosa che sarebbe normale, sicuramente non ti ficchi uno bel zucchino su pel culo. «Sentenziò la navigata Signora Flach e mentre i primi clienti entravano nel locale scoppiamo a ridere entrambi.

 

# # #

Due giorni dopo, senza averla più rivista, da Bremen presi il volo per Londra e da là verso Aberdeen in Scozia dove raggiunsi la mia nave-appoggio e assistenza ai pozzi petroliferi del Mare del Nord.

 

A Bremen ritornai solo due Anni dopo, nel frattempo avevo girato mezzo mondo, ero stato in Alaska, nel Golfo del Mexico, nel Golfo Persico e in Nigeria.

 

Il mio “padrone” mi sbatacchiava un po’ qua e un po’ là, a volte su navi appoggio, altre su rimorchiatori d’altura.

Spostavamo pozzi petroliferi, trainavamo chiatte posatubi o semplicemente eravamo in Stand By a chiatte trivellatrici pronti ad intervenire nell’assistenza o di evacuazione del personale in caso di acuta emergenza.

 

Un giorno, quando ormai mi accingevo a ripartire per Aberdeeen in Scozia ero seduto in uno dei tavoli della pizzeria Rossini nel Lloyd Passage a Bremen e direttamente dalla bottiglia bevevo la mia ennesima birra Moretti meridiana.

 Lì, seduto fuori dal locale, seduta a uno dei tavoli, circondata da qualche suo vecchio spasimante scorsi la  Signora Flach.

A ragion del vero la riconobbi dalla voce, eravamo sì avanti negli Anni, entrambi navigavamo verso i nostri sessant’anni, lei però ne dimostrava almeno settanta se non di più.

La Signora Flach per quanto elegante e ben vestita era semplicemente invecchiata a vista d’occhio ed era lontana mille miglia dall’avvenente Signora di mezza età di qualche anno prima.

Il tempo era stato spietato con lei e lo si vedeva benissimo.

I nostri sguardi si incrociarono e abbozzando un saluto con un lieve cenno de capo ci salutammo con discrezione.

Fu solo quando qualche birra dopo che era rimasta sola con una sua amica al tavolo che lei si alzò e venne a sedersi al mio tavolo.

» Ciao Franco è un piacere rivederti, mi fa piacere perché oggi è il mio ultimo giorno a Bremen, vivo da un Anno alle Isole Canarie e non lavoro più, sono venta a Bremen per sistemare le mie ultime cose, domani mattina riparto e non ritornerò mai più. il mio tempo e passato e a dirti il vero mi annoio da morire, ma cosa possiamo farci la vita scorre implacabile e ci lascia i suoi segni erosivi «Disse con rammarico guardandomi fisso negli occhi.

Volevo risponderle, dirle qualche cosa di convenevole, ma lei non me ne diede il tempo.

Si alzò e salutandomi si girò sui tacchi e se ne andò

dalla sua amica che in piedi, l’aspettava accanto al loro tavolo.

Rimasi li seduto a vederla perdersi tra la folla e per un attimo mi parve che con lei sparisse un’epoca.

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

KARLA

Quel giorno poi, dopo una buona colazione, che altro avrei potuto fare se andare a bermi una birra?

In La Grotte con mia grande e gradita sorpresa dietro al banco trovai Karla.

Karla era una delle migliori troie che conoscevo.

In realtà Karla era una troia di classe, bella come una statua di Michelangelo, ma quando lavorava; altrettanto fredda e glaciale; un’animatrice di classe e senza pietà per i suoi spasimanti di turno.

Sapeva far le fusa come una gatta in calore e come un felino in un decimo di secondo, poteva cambiare umore e sfoderare micidiali artigli e scatenarsi sibilando come una vipera imbestialita.

Era un piacere vederla lavorare, da sola sapeva intrattenere una mezza dozzina di vecchi bavosi che seduti al banco aspettavano pazienti il loro turno per poterle offrire da bere e scambiare qualche parola con lei.

Lei, inesorabile e spietata li squadronava secondo le loro capacità finanziarie e li spennava in conseguenza.

Beveva spumante se il suo infallibile occhio le diceva; che il becco aveva soldi o solo un Cocktail se il poveraccio si stava bevendo la pensione.

Karla non rifiutava mai un invito a bere, infatti, viveva di provvisione e anche se tutti volevano portarla a letto, lei non diceva mai di no.

Faceva capire però, che lei non era una donna per un’oretta o due in un albergo di periferia e che aveva bisogno di tempo per conoscere il suo eventuale uomo.

I vecchietti speranzosi andavano subito in trance e come ipnotizzati da questa splendida Medusa; pagavano e si accontentavano della compagnia di un'altra ragazza, finché non arrivava il loro turno di vedersela seduta accanto o di appartarsi a un tavolino lontano dalle orecchie degli altri habitué.

Uno di questi vecchietti pubertanti aveva più soldi di tutti gli altri messi insieme, quando c’era lui nel locale, gli altri non avevamo nemmeno la più pallida possibilità di parlare con la loro adorata, in quelle sere Karla aveva occhi solo per lui.

In giro dicevano che in un Anno il vecchietto innamorato, spese per lei qualche cosa come centomila fiorini.

Il nonnetto incantato cominciò a farle regali di un certo valore, le comprava anelli e colane e orologi di lusso, la invitò a trascorrere un periodo di ferie nei Caraibi, le comprò vestiti e le regalò un Automobile.

Il vecchietto pubertante avrebbe potuto essere suo nonno; nell’ambiente marittimo come procurista di una grande società armatrice olandese, poi aveva un buon nome ed era molto stimato.

Forse proprio per questo quando un giorno si venne a sapere che i soldi che spendeva con Karla non erano i suoi e che li sottraeva alla società armatrice falsificando conti, fu così che perse la sua poltrona di procuratore e amministratore delegato.

Lo scandalo non finì sui giornali: lui fu mandato in pensione senza sollevare polvere e tutti ci misero una pietra sopra.

Fu la sua Famiglia a salvarlo da un’accusa per truffa, sua moglie e i suoi figli tutti avvocati, restituirono i soldi sottratti alla Società armatoriale e nessuno ne parlò più

No money, no Honey.

Karla che di tutto questo naturalmente non poteva saperne niente; si accorse che qualche cosa non andava, quando un bel giorno il vecchietto pubertante non venne più e un agente marittimo le raccontò la triste fine del vecchio babbeo.

Karla si tenne la vettura i gioielli e i soldi che le aveva regalato e l’insipido ricordo di un mondo fatto di niente se non di apparenze.

Pian piano, la giovane donna vendette tutto, la vettura, i gioielli e quando anche gli ultimi fiorini finirono, sperando di incontrare un altro becco da spennare; riprese a lavorare da Kelly in La Grotte.

» Kelly mi disse che eri di nuovo a Rotterdam, ciao Franco, come stai? «Mi salutò Karla quando quella mattina entrai nel bar.

» Ciao bella Signora, son felice di rivederti come va? «La salutai sorridendo, lei mi venne incontro, ci abbracciammo e poi mi sedetti sul mio seggiolone.

» Male, il bar è vuoto, la città sembra morta, in giro ci sono solo mezze seghe e ho paura che i vecchi tempi non torneranno mai più. «Rispose desolata, ritornando dietro il banco.

» Il quartiere sta morendo. «Bisbigliò rassegnata.

» Kelly mi disse che eri a terra e che ora hai di nuovo un ingaggio, perché non sei venuto da me; sai dove abito, avresti potuto dormire a casa mia, perché non mi hai telefonato? «Mi chiese a bruciapelo.

» Perché; perché, per dirti che sono nella merda e che mi piaci? Chiaro che mi piaci, certo che avevo pensato di telefonarti, ma credevo che tu avessi un amico e non ti volevo disturbare o imbarazzare. «

» Sei scemo te? Che cazzo me ne dovrei fare di una delle mezze seghe che circolano da queste parti? Secondo te, che cosa me ne dovrei fare con uno stronzo simile? «

La ormai famosa metamorfosi di Karla, da gatta tranquilla e sommessa a vipera sibilante e infuriata si era di nuovo rivelata in tutta la sua bellezza.

La sua faccia si era dipinta da una selvaggia risolutezza che non ammetteva controverse.

Karla era veramente una bella donna.

» Dai pianala di far la belva e mettici da bere. «Le dissi divertito.

Oggi sei il mio primo cliente. «Mi disse mentre mi metteva un Cuba Libre sotto il naso e si preparava un “Cocktail” di vino bianco, acqua minerale con spruzzo di Campari e una fettina di limone.

La menata della Cuba Libre, cioè; Rum Baccardi con la Coca Cola e giaccio e una fettina di limone era una di quelle cose pazze che successero tra me e lei.

Anni prima noi due nel bar dell’Hotel Hilton c’eravamo così sbronzati da non ricordarci nemmeno più com’eravamo ritornati nella camera dove avevamo passato la fine Settimana.

Quel lunedì mattina poi, c’eravamo svegliati completamente vestiti.

» Abbiamo scopato? «Mi chiese non appena aprì gli occhi?

» Come? non vedi che siamo ancora vestiti. «Risposi mezzo intontito.

» Hai voglia di scopare adesso? «Chiese.

» Ho fame e sete. «Risposi.

» Anch’io ho fame. «Disse lei alzandosi dal letto per andare in bagno.

» Non mi ricordo quando siamo saliti in camera e tu? «Chiese Karla dal bagno.

» Nemmeno io. «Risposi secco.

» Questa mattina sei piuttosto taciturno c’è qualche cosa che non va? «Chiese mentre sentivo l’acqua della vasca da bagno scorrere.

» Questo pomeriggio ho un volo per Londra e da là per New Orleans negli Stati Uniti, sono già le dieci e devo ancora preparare la mia valigia. «Risposi.

» Quando sarai di ritorno? «

» Fra tre mesi, ora però per quanto mi dispiaccia, devo andare, il conto è pagato, fatti un bagno e se vuoi, fa pure colazione, ma ora devo andare. «Risposi.

Lei usci dal bagno, completamente nuda e mi venne tra le braccia per salutarmi.

» Ciao marinaio, quando torni, scopiamo di sicuro. «-mi sussurro in un orecchio-» ora mi faccio un bagno, poi colazione e vado a casa e questo pomeriggio vado a lavorare da Kelly, mi voglio comprare nuovi vestiti. «Aggiunse maliziosa.

Questa era la storia del Cuba Libre tra me e Karla e proprio per questo, senza volerlo ancora prima di mezzodì da questa Venere in carne e ossa mi trovai sotto il naso un Baccardi Rum con la Coca Cola, due cubetti di ghiaccio e una fettina di limone.

» Bene Karla, raccontami cosa hai fatto di bello in tutto questo tempo, da quando non ci vediamo più, un Anno forse. «La stimolai a dirmi.

» Eri tu che volevi, ritornare dopo tre Mesi, avessi aspettato te a quest’ora tra le mie gambe avrei le ragnatele con i ragni che patisco la fame: «Sbotto lei sorridendo.

Quello che Karla poi mi raccontò lo conoscevo già, ma così bene, che avrebbe potuto anche tacere,

Infatti, se non ci fosse stata quella piccola differenza fisica tra noi due; ciò che mi disse, avrebbe potuto benissimo essere la descrizione di certi periodi della mia vita.

In altre parole: Vissuto alla grande con soldi in tasca e con parsimonia con sole quattro palanche da poter spendere. Tutto li.

» Quello che mi hai appena raccontato, lo conosco molto bene, l’unica differenza tra noi due è che io non vado a letto con uomini. «Commentai.

» Dovresti provare, a volte è veramente bello andare a letto con un uomo ed è pure redditizio. «Disse lei di rimando; scoppiando a ridere.

» Fuck You Old Bitch. «Le risposi; ridendo pure io della sua prontezza di spirito.

» Franco secondo me noi abbiamo paura, tu, io e tutti gli altri, noi non siamo altro che un mucchio di egoisti martoriati dall’angoscia. «

» Perché? Che cosa intendi dire; spiegami: Perché siamo egoisti e angosciati. «La esortai mentre mi accendevo una sigaretta.

» Mi chiedi un perché? Tu lo sai benissimo che senza pensare al domani, noi viviamo alla giornata; che siamo solo capaci di illuderci di vivere una vita normale. Tu e tutti gli altri come te; con la precarietà del vostro lavoro; mentre io come tutte le altre ragazze, viviamo con i soldi che tiriamo fuori dalle vostre tasche. Noi tutti siamo troppo vili, per ammettere che la vita che conduciamo non è ciò che in realtà desideriamo. «Disse la mia filosofa tutto un fiato.

» Davvero? «-esclamai veramente sorpreso da tanta lungimirante saggezza-» Che cosa vogliamo noi, come intendiamo vivere; desideriamo una vita più tranquilla? Cerchiamo un affetto solido e duraturo? Una vita armoniosa a fianco di un partner affidabile? È tutto questo che tu, io, noi tutti vogliamo.? «Le chiesi bevendo un sordo di Cuba Libre?

» Si Franco; «-rispose lei con fermezza. «Questo e proprio ciò che desideriamo.

» Fuck You Karla, che cazzate vai dicendo, proprio tu parli di una vita famigliare normale? Tu e le altre ragazze, voi sapete benissimo com’è fatta la vita di quelli là, là fuori. Gli uomini che fanno parte di quel tipo di vita, voi li conoscete tutti, ve li siete scopati tutti. Sapete cosa pensano e cosa vogliano e come lo vogliono: Spesso vi si rivolta lo stomaco. Il vostro Io interiore si ribella fino al punto di voler vomitare via quelli zombi viventi. I loro desideri e perversità v’inorridiscono, però, voi continuate ad assecondarli e lì incoraggiate pure; sapete che quelli la, non son altro che delle code di paglia, schiavi della loro falsità e cinismo e che non sono parte della vostra vita. Voi ragazze siete molto più sincere di loro, voi non avete falsità, bevete e scopate per soldi e ve ne fregate di tutto il resto. Soprattutto amate la vostra libertà altrimenti vi sareste già adescato uno di quelle code di paglia che incontrate appoggiate con far da uomini di mondo al banco di un bar. Vorresti veramente diventare la moglie di roba simile? «

» Fottiti, Franco Parpaiola, Fuck You, idiota, che domande mi fai? Lo sai benissimo che mai e poi mai sposerei una cagata simile, piuttosto che impegolarmi su con mezze calzette simili, preferisco continuare a far la puttana in eterno. Intendevo dire che ci deve essere qualche cos’altro che passare le ore ai banchi di bar e stanze d’albergo o viaggiare verso altri letti e Night Club in compagnia di vecchi bavosi pieni di soldi. Hai capito marinaio? «

Karla aveva uno dei suoi momenti di sconforto morale, non era la prima volta che la vedevo così e non era l’unica ad avere qualche rimorso o rimpianto, questo però le succedeva solo quando in tempi di vacche magre e si sentiva una Regina senza corona e solo quando era a corto di corteggiatori e di quattrini.

» Certo che ti capisco, «-le risposi-» ma ricordati che per arrivare ad un tenore di vita veramente civile, dovresti rinunciare ai bar e ai suoi avventori e sacrificare pure una parte della tua libertà personale. Dovresti essere pronta a fare sacrifici e rinunce come lo fanno milioni di altre donne; saresti disposta a farlo, siamo disposti a farlo Karla, saresti tu, disposta, sarei io disposto a vivere ad esempio, come Gerda e Dieter? «Le chiesi, guardandola dritta negli occhi.

» Franco; a volte ho paura. «

» A volte succede pure a me di aver paura o per lo meno di farmi delle domande e chiedermi se quello che faccio e come vivo, sia sempre conforme alla vita borghese, ciò non significa però che stia sbagliando. Sì, magari qua e là potrei far di meglio, essere meno spericolato e più avveduto con me stesso, ma non sono un irresponsabile, noi non siamo sconsiderati. Egoisti fin che vuoi, ma non sbandati o asociali. Noi non facciamo male a nessuno se non solo a noi stessi., Lascia perdere questi discorsi che non ci portano da nessuna parte e mettici da bere. «La esortai alla fine del mio monologo.

» Franco, sono tutta bagnata. «

» Sei proprio una donna incredibile, fantastica, e inverosimile; pensi solo e sempre a scopare. «Sbottai divertito, accendendomi una sigaretta.

Parlottando del più e del meno, il pomeriggio passo veloce come un lampo, mi bevvi diverse Cuba Libre e lei non lesinò con i suoi cocktail che in fin dei conti non erano altro che i famosi Spritz di vino bianco del veneto e del Friuli.

Ci accorgemmo che si era fatto tardi solo quando Kelly seguito dalla sua squadra di suoi angeli della notte entrò nel locale.

Il mio conto fu presto fatto, sei Cuna libre e sei Cocktail fanno 84 fiorini più 14 di mancia, fan cento.

Semplice no?

FINE


Produktinformation

  • ASIN ‏ : ‎ B09QF2H3D4
  • Herausgeber ‏ : ‎ Independently published (17. Januar 2022)
  • Sprache ‏ : ‎ Italienisch
  • Taschenbuch ‏ : ‎ 69 Seiten
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 979-8403664042
  • Abmessungen ‏ : ‎ 11.99 x 0.41 x 19 cm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

lunedì 18 aprile 2022

Rлава 4 Capitolo 4

 

 Brano tratta dal mio Manoscritto “La Motonave AMRUM”

di prossima pubblicazione

 

... Era piuttosto difficile comunicare con l’equipaggio russo. 

Solo in primo Ufficiale parlava bene l’inglese, la cuoca parlava solo russo e Karl il Comandante ed io la ignoravamo come d’altronde lei ignorava o meglio, sicura di essere intoccabile, lei se ne infischiava piuttosto spavaldamente di noi.

I due marinai in coperta erano ancora più taciturni dei frisiani. 

Ciò che in un certo qual modo mi preoccupava, era la loro innata tendenza a nascondere le cose, a non cooperare o chiedere consiglio o aiuto. 

Con il tempo mi accorsi che la loro era una vera e propria condizione mentale, il loro sgomento di farsi notare o di dover fare un qualsiasi rapporto di malfunzione di un qualsivoglia macchinario in coperta, mi sembrava innato e aveva un nonsoché di quasi patologico. 

L’ennesima conferma del loro modo di lavorare la ebbi qualche Settimana prima della prevista consegna della nave ai nuovi proprietari. 

Sulla coperta di lancio scialuppa e zattere di salvataggio, avevamo un verricello manuale per il carico delle provvisioni e materiale vario e quello era fuori uso e pertanto da cambiare. 

Il Comandante, sicuro di sé diede prova di tutta la sua stupidità primordiale prettamente tedesca (Urdummheit) e invece di ordinare un nuovo verricello manuale di poche centinaia di Marchi diede ordine ai due marinai di riparare quello vecchio. 

I due si misero subito all’opera con caparbia tenacia, ma dopo un intero giorno lavorativo dopo aver riscaldato con la fiamma ossidrica il verricello, cercando di smuoverlo dovettero desistere; infatti, quell’aggeggio era talmente grippato e corroso dalla ruggine e dalla salinità che ormai era completamente da buttare. 

L’indomani mattina i due ritornarono alla carica e bruciando i bulloni di tenuta tolsero il verricello dall’albero girevole e mi chiesero, assicurandomi che poi e avrebbero pulito e riassettato il tutto, se potevano lavorare nella mia officina dove c’era pure un piccolo tornio per piccoli lavori meccanici di ricondizionamento. 

In un paio di giorni usando materiale di bordo e solo gli ingranaggi del vecchio verricello i due marinai costruirono uno nuovo verricello. 

Al tornio, dall’asse usata di una pompa che trovarono nella cassa del ferro vecchio si fecero nuove assi per gli ingranaggi e si costruirono un nuovo mulinello. 

A lavoro finito, la mia officina era di nuovo pulita e in ordine come prima. 

» Vedi, Chief  «-mi disse Karl quando i due marinai orgogliosi e sicuri di aver fatto un buon lavoro e di aver dimostrato le loro capacità, ci presentarono il nuovo argano-» Questi due russi hanno lavorato per tre giorni, per costruire un argano che tra un paio di Settimane sarà di nuovo arrugginito e inservibile. Noi lo avremmo buttato a mare e ordinato uno nuovo e zincato. Capisci adesso quanto sono stupidi i russi? «  Concluse poi con far da sapientone. 

Al ciò, preferii non rispondere. 

La sera stessa, in mensa, dopo la solita frugale cena; ebbi l’occasione di parlare con loro. 

Uno dei due masticava un poco di inglese così che ci si poteva capire mi prevenne; quasi con umiltà chiedendomi che cosa ne pensavo del loro lavoro ed io gli risposi che ne ero rimasto piacevolmente sorpreso. 

Non potei però fare a meno di dirgli che i marinai tedeschi avrebbero gettato fuori bordo il vecchio e chiesto un nuovo mulinello. 

Il più anziano dei due, quello che parlava un poco di inglese disse qualche cosa al suo collega, poi per un lungo minuto tacquero entrambi, scambiandosi infine piccole frasi veloci. 

Mi sembrò per un momento che i due prendessero il coraggio a due mani e pesassero ogni singola sillaba di quello che dovevano dirmi. 

Parlando sommesso mi sentii dire cose che non dimenticherò mai più.

» Vedi Chief, ringrazia il cielo che sei nato nell’Europa occidentale. Tu e tutti gli altri qui in occidente dovreste ballare e danzare dalla contentezza e ogni giorno con umiltà pregare e ringraziare Dio che non avete dovuto vivere come abbiamo dovuto vivere noi in Russia. Pensa solo che noi in tutta la nostra vita non abbiamo mai visto tante buone cose da mangiare come le avete voi qui a bordo. Siate riconoscenti e grati e ringraziate il Signore della Sua generosità nei vostri confronti, perché voi avete tutto, noi al contrario non abbiamo nulla o quassi niente.  Nelle nostre fabbriche gli operai sono costretti a costruirsi i loro attrezzi, come un banale cacciavite ad esempio. Lavoriamo con ferrovecchio per tenere in funzione macchinari di ferrovecchio, non abbiamo altre possibilità. Noi non sappiamo fare ogni cosa, ma con quel poco che abbiamo sappiamo fare molto, per noi fu cosa di tutti giorni rifare quell’argano e siamo sicuri di aver un buon lavoro. « 

Il marinaio russo non mi disse che questo e le sue spiegazioni mi presero del tutto impreparato. 

Stavo lì seduto, con la mia tazza di caffè in mano e fumandomi una sigaretta mi guardavo questi due semplici marinai russi che sapevano maestramene lavorare al tornio e che con rottame e ferro vecchio, costruire un piccolo mulinello per sollevare pesi fino a 250 Kg chili e non sapevo più che cosa rispondere o che pesci pigliare. 

Karl e il suo inaudito sarcasmo e diniego verso il suo stesso equipaggio, si sbagliava e si sbagliava pure di grosso. 

Davanti a me sedevano due uomini che con poco, in poco tempo avevano fatto tanto. 

Loro potevano con quasi niente fare molto più che noi, gli agiati occidentali dell’usa e getta al quale interessava solo il tempo e il denaro facile.

Lì, parlando con loro mi accorsi che noi in occidente avevamo persino dimenticato come dialogare e comunicare tra di noi. 

Dovetti ammettere che noi avevamo dimenticato di aguzzare il nostro ingegno e proprio in questo punto vedevo la nostra vulnerabilità e allo stesso tempo la loro forza. 

Noi occidentali, al contrario di loro, eravamo socialmente apatici, fautori sì del nostro benessere ma allo stesso tempo; sì vincitori della nostra povertà postbellica ma anche vinti dalla nostra stessa effimera sicurezza e arrogante auto -compiacenza. 

» Non avete torto, avete fatto un bel lavoro, in un Mese però il verricello sarà di nuovo bloccato dalla salsedine e dalla ruggine «Obiettai, ben sapendo che era stato Karl a ordinare loro di riparare l’argano. 

» Un Mese Chief? Sai che cos`e in Russia un Mese per una macchinetta simile? Un Mese è una vita, e per noi un premio. « 

» E poi, dopo quel Mese? «Chiesi incuriosito. 

» Ach scordatelo Chief, oggi il verricello funziona se non succede qualche Rivoluzione prima, ne riparleremo tra un Mese. «Rispose l’anziano marinai, sorridendo si alzarono entrambi e salutando se ne andarono a dormire.

Karl sbagliava, ma quale stupidita primordiale dei russi e dei latini, quei due non erano affatto stupidi. 

La loro preparazione professionale era di gran lunga superiore ai nostri marinai e questo alla faccia di tutte contorte teorie die superiorità Indo-germanica e della cosiddetta razza a Ariana. 

Imparai con il tempo a conoscere altri marinai e Ufficiali russi e comincia a capire che tutti avevano non solo una buona base di preparazione professionale, ma anche la stessa mentalità. 

Notai che lo stesso pragmatismo che caratterizzava l’equipaggio russo della Amrum era simile a quello di tutti gli altri equipaggi russi o ucraini che con l’andare del tempo imparai a conoscere. 

Nessuno di loro intendeva farsi notare o dare nell’occhio, lavoravano caparbi e silenziosi, rispettando al minuto gli orari di lavoro e le pause. 

Purtroppo, mi accorsi anche che piuttosto di parlare di qualche malfunzione nei macchinari, preferivano riparare eventuali piccole avarie, senza informarmi di eventuali guasti e senza assumersi responsabilità personali. 

Lavoravano e basta. 

Tutto al contrario del nostro sistema di manutenzione e riparazione che prevede dettagliati rapporti, sia per le informazioni di bordo sia per l’ufficio tecnico dell’armatore. 

I nostri colleghi russi pensavano in modo diverso. 

Loro provenivano da una feroce e bestiale dittatura comunista, conoscevano solo la volontà dello Stato e quella del loro Commissario politico che gli imponeva di, fare senza pensare ciò che veniva loro ordinato senza lamentarsi mai per non finire rinchiuso in un Gulag ai lavori forzati; come nemico del Popolo. 

Capii con il tempo che questi uomini avevano sviluppato un modo di sopravvivere unico al Mondo. 

Capii che in Russia, la gente aveva non solo imparato con rottame a tenere macchinari da rottame in funzione ma aveva anche imparato a vivere con dignità, con quel poco che lo Sato le passava. 

I russi che conobbi erano semplici e modesti, ma nel pensiero sotto diversi aspetti, avanguardisti e futuristi. 

Le necessità materiali e lo spirito di sopravvivenza forgiarono assieme le Famiglie e le brigate di lavoro incitandole per potere continuare a esistere a sempre più grandi sforzi comuni. 

La gioventù poi capì presto che senza brillanti risultai scolastici e ferrea disciplina di Partito non aveva possibilità di migliorare la propria condizione sociale. 

Tutto questo fece sì che due semplici marinai russi diventassero dei provetti meccanici che erano in grado in grado di eseguire lavori di alta precisione con un tornio. 

I nostri viziati marinai occidentali, non ne sarebbero stati capaci. 

I nostri marinai non avevano mai avuto bisogno di doversi impegnare tanto per avere tutto appunto perché quel tutto, loro lo avevano sempre avuto e esattamente per questo il loro ingegno e la loro volontà di migliorare la propria esistenza si erano affievoliti.

È proprio vero, l’anziano marinaio russo aveva ragione, soprattutto gli indifferenti, i manzoniani, i servili e gli arroganti tra di noi qui in occidente, dovrebbero ringraziare Iddio di non essere nati nell’allora Unione Sovietica. 

Il superfluo dell’occidente aveva in gran parte assopito lo spirito di competizione nella gente e resa quasi automa e schiava del suo stesso benessere e così facendo aveva dato via a un latente decadenza di pensiero e di qualità di vita sociale. 

Osservandoli, mi convinsi che in un Paese come la Russia, dove la popolazione riuscì a scrollarsi di dosso la feroce dittatura comunista, le virtù umane dettate loro solo dalla fede religiosa, dall’amore, dal buonsenso e dal rispetto per il prossimo, per quanto proibite dal Regime comunista, avevano albergato nel loro animo, come partigiani della Vita. 

Queste stesse preziose virtù umane ora emergevano lentamente dai loro cuori e affioravano, avide e vogliose di essere, alla luce del giorno, cacciando via la malefica dottrina comunista che per così lungo tempo aveva soggiogati intere popolazioni. 

Mi parve anche che quasi in un equilibrio di forze poi, l’Europa occidentale decadeva, parallela e in ugual misura all’evoluzione di quella orientale. 

Gli attuali sintomi di decadenza che si notano sia in Germania, sia nell’odierna Europa comunitaria sono il classico esempio di una latente degrado, mascherato in modo crudele dall’arrogante e malefica stupidita primordiale.