domenica 31 dicembre 2017

1 Gennaio 2000


 
 
Correva l’Anno del Signore 1999 e mancavano poche ore a Capodanno.

Noi, quelli della Motonave Henny, eravamo nel bel mezzo del mare Cantabrico in navigazione verso Casablanca.

Il mare quella sera era tranquillo e la vigilia di Capodanno si presentava come una delle tante che passai in mare: Qualche stretta di mano, un augurio di buon auspicio, un piccolo brindisi e una lunga suonata del tifone per salutare l’Anno nuovo e poi tutto ritornava nella stessa monotona efficienza di prima.

Come ogni Anno, dopo il cambio dei turni di sorveglianza e di navigazione sul ponte nautico, l’equipaggio andava a dormire o s’intratteneva ancora un poco in mensa a parlare del più e del meno.

Quella sera però era speciale: Qualcuno, da qualche parte del Mondo; aveva messo in giro la voce che allo scoccare della mezzanotte, quando i Computer cambiavano data, dal 31 Dicembre 1999 al 1 Gennaio 2000 non essendo in grado di riconoscere gli Zeri, avrebbe potuto spegnersi da soli, causando gravi danni, un po’ a tutti.

L’arguto scienziato vedeva le luci del Mondo spegnersi, aerei cadere dal cielo, navi andare alla deriva e finire sugli scogli, i sistemi di difesa dei Paesi andare in Tilt und l’umanità ritornare con arco e frecce nelle caverne.

Il nostro Comandante era il classico oriundo dell’ex DDR, uomo di Partito, ligio al dovere inculcato da una feroce dittatura Comunista e timoroso dei suoi superiori.

Uno dei nostri ispettori nautici era un mezzo burlone, uno scanzonato figlio di puttana che quando si trattava di rompere i coglioni alla gente era sempre in prima fila.

Bene, quello stronzo d’ispettore il pomeriggio di qual fatidico 31 dicembre 1999 non trovò niente di meglio da fare che mandare una Telex circolare a tutte le navi della flotta chiedendo ai Signori Comandanti e Direttori di Macchina la massima attenzione al cambio di guardia della Mezzanotte nel caso che i Computer di bordo dovessero veramente spegnersi e di istituire pronti interventi manuali, sia sul ponte nautico sia in sala controllo.

Il Comandante, che di Computer ne capiva ben poco,  Telex alla mano chiamo a raccolta il suoi Ufficiali; sul ponte mi porse la fatidica Telex e iniziò una tirata di stronzate sula sicurezza della nave e pericolosità dei Computer, con un sussiego di mal pronunciati aggettivismi inglesi da far impallidire il più provetto programmatore del Mondo.

L’Argonauta di turno volle sapere se noi in Macchina avevamo la possibilità di controllare manualmente i motori ed io annui e lo rassicurai che non avremmo avuto problemi.

Compiaciuto, l’arguto navigatore, si rivolse allora ai suoi due Ufficiali di coperta, uno tedesco e l’altro del Kiribati e anche quelli riposero che erano pronti ad affrontare ogni evenienza.

La cosa cominciava a diventare ridicola e non avevo certo l’intenzione di starmene li a sentire le stronzate del babbeo che giocava a fare il Comandate.

»Il problema sarà che in caso di un totale Back Out e Shut Down di tutti i sistemi la nave sarebbe fuori controllo. Come voi ben sapete Signori miei, queste navi moderne e ultra computerizzate non hanno più un timone manuale. Io da parte mia, posso benissimo lavorare in manuale, ma voi Signori nautici, come farete a tenere la rotta?«Chiesi così nel mucchio, mentre mi versavo un caffè.

Fossi stato zitto, il Comandante ammutirli di botto e i suoi due eroi si guardarono in faccia sbigottiti.

»Vedete,« -continuai implacabile- »Tutto quello che abbiamo per mantenere la rotta è il Joy Stick, e la manopola bussola sulla giroscopica, ma quelli sono elettronici e senza corrente elettrica non funzionano.« Precisai impassibile.

»In emergenza dovremo allora usare i paranchi attaccandoli alla barra del timone giù in timoneria e comunicare con i Walky –Talky.« Suggerì il giovane Kiribati non certo avvezzo a navi sofisticate e computerizzate come la nostra Henny.

Quella sera in alto mare lontano dalla costa e da altre navi, nel caso che allo scoccar della Mezzanotte i Computer di bordo ci rispedissero all’età della pietra,  il Comandante istituì una guardia di emergenza in timoneria con l’ordine di sistemate i paranchi di emergenza alla barra del timone.

»Chief, rimanga per cortesia sul ponte io vado un momento in timoneria con i miei Ufficiali voglio assicurarmi che sistemino i paranchi in modo adeguato.« Disse il Comandante mentre si accingeva a lasciare il ponte di navigazione.

Rimasto solo, con il nostro telefono satellitare chiamai il mio amico Comandante che sapevo in navigazione nell’oceano Pacifico, per augurargli Buon Anno.

Nell’oceano Pacifico, Capodanno era già passato e la data nei Computer di bordo era 1 gennaio 2000. Augurandogli agni bene gli chiesi se anche loro avessero ricevuto la Telex dell’Ispettore, poi gli spiegai la situazione da noi e ci facemmo due risate. 

La breve cerimonia di saluto del nuovo Anno a bordo della motonave Henny in navigazione nel Cantabrico avvenne pochi minuti dopo la mezzanotte, quando sui Computer di Bordo apparve la data 1 gennaio 2000.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 21 dicembre 2017

Pissed as a Newt non licet esse


PISSED AS A NEWT – NON LICET ESSE
 
 
 

 

Auszug aus: Manuskript N° 3. Von anderen Geschichten und Epilogen.

 

... Bremen ist nicht meine Wahlheimat, meine Wahlheimat ist das Meer, mein Zuhause sind die Schiffe, auf denen ich fahre.

Nein, Bremen ist nicht und Bremen wird nie meine Wahlheimat sein.

Bremen ist meine Art und Weise zu leben, frei nach dem Motto: Alles oder nichts und immer nach vorne schauen.

Alles oder nichts hat mit Geld wenig zu tun.

Für mich bedeutet alles oder nichts weder Geld noch Macht oder Reichtümer. Für mich bedeutet alles oder nichts: leben.

Jetzt leben, sich nicht kleinkriegen zu lassen und um des Lebenswillens zu leben, zu wachsen und zu sein!

Um des Lebens wegen da zu sein, auch dann, wenn die Weichen schlecht gestellt sind; sich einzusetzen, um zu verbessern, aus reiner Freude am Leben und aus Enthusiasmus am Tun.

Das ist Bremen für mich und so bin ich.

Wäre nicht der akute seemännische Scharfsinn in punkto Weiber in mir gewesen, hätte ich mich vor einigen Jahren in Bremen ganz bürgerlich und vornehm verheiratet.

Anstatt in den Katakomben des Seemannsheims zu wohnen, wäre ich häuslich geworden, mit eigener Küche, Wohnzimmer, Schlafzimmer, eigenem Klo und all den Annehmlichkeiten des gutbürgerlichen Lebens.

Dann wäre ich noch zivilisierter und noch gesitteter, noch artiger und anständiger, als es heute der Fall ist, geworden.

Die Evastochter, die meine häuslichen Gefühle in mir wieder erweckt hatte, arbeitete als Kellnerin in einer gut besuchten und gepflegten Kneipe, unweit von Bremen.

Sie musste um die 40 Jahre alt gewesen sein, vielleicht ein bißchen älter, aber keineswegs jünger.

Zwar, um ehrlich zu sein, ein bisschen zu alt.

Ihrem Alter zum Trotz aber gut erhalten, gut ernährt und mit einem noch vollständigen eigenes Gebiss ausstaffiert.

Sie hatte zwar einen viel zu kurzen Haarschnitt, eher maskulin als weiblich, der ihren etwas zu klein geratenen Kürbis auf ihrem korpulenten Körper noch kleiner erscheinen ließ.

Sie pflegte sich auch sehr komisch zu kleiden; ihre Art und Weise sich herausputzen, das fand ich wirklich lachhaft.

Ihr Geschmack in punkto Klamotten war wirklich das Allerletzte, was man sich an so einer reifen und erfahrenen Frau vorstellen konnte.

Persönlich fand ich ihre Vorliebe für Großmutterklamotten einfach lächerlich.

Wenn aber um ihren kurzen Hals herum, auch noch ein palästinensisches Bettlaken schlang, dass ihrem kleinen Kürbis mit dem Kurzhaarschnitt auf ihrem korpulenten Körperbau noch einmal kleiner erscheinen ließ, dann war wirklich alles zu spät mit ihr.

Trotzdem fand ich die altertümliche Dame nett und aufbaufähig.

Falls es mit uns letztendlich, was keineswegs sicher war, geklappt hätte, hätte sie sich anderes anziehen müssen, denn ein Seemann geht bekanntlich, nicht mit einer als Frau getarnten Vogelscheuche aus. 

So oder so hätte ich ihr also ganz bestimmt ihre geschmacklose Weise, sich zu kleiden, notfalls mit ein paar auf die Schnauze auszutreiben gewusst.

Irgendwie hätte ich sie bestimmt zur Vernunft gebracht, da bin ich mir ganz sicher, denn bis dahin hatte ich mich in punkto Frauenzimmer noch nie geirrt.

Mehrere Male schon hatte ich sie mir, was in Anbetracht ihrer Camouflage Manie wahrlich nicht einfach gewesen war, am Tresen zurechtgesoffen.

Nach mehreren Anläufen und anstrengenden Versuchen hatte ich es fast geschafft und sie so dermaßen gut zurechtgesoffen, dass sie mir in meinem Suff wunderschön vorkam.

Ich hatte mir für sie nach hartnäckigem Versuchen und Probieren endlich die passende Frisur zurechtgesoffen: langes fülliges schwarzes Haar, dass ihren kleinen Kürbis unter ihrer Fülle verschwinden ließ.

Ihr Palästinenserbettzeug in den Mülleimer geworfen, ihre Klamotten der Heilsarmee geschenkt und den Fensterkitt in ihrem Gesicht abgeschabt.

In meinem Suff hatte ich für sie ein dezentes, aber sexy blaues Kostüm ausgesucht und sie dort hineingequetscht.

Auf ihr Gesicht hatte ich eine hauchdünne Schicht roten Puder gelegt, denn obwohl von grober Bauart und kugelrund, sah es nach der Fensterkitt Entfernung letztendlich doch etwas blass und mitgenommen aus.

So in etwa sah in meinen Suff die Frau meiner Träume also aus.

Gewiss, nicht gerade erste Auslese, das war sie keineswegs, dass war mir klar, auf jeden Fall aber immerhin besser als vor dem Zurechtsaufen.

Und um ehrlich zu sein, man sollte sich doch in meinem Alter nicht allzu wählerisch geben, denn viel hatte ich im Grunde genommen auch nicht zu bieten. Denn als Seemann, Ausländer, Sozialsäufer, weiberfaul und mit einer Bierwampe noch dazu, ist man nicht gerade eine blauer Prinz, nicht wahr?

Blau schon und das oft und richtig, aber einen Prinz?

Nein, das bin ich wirklich nicht.

Sie aber, so wie ich sie mir zurechtgesoffen hatte, sie hätte bestimmt ihren Zweck erfüllt und das wäre doch der Sinn der ganzen Übung gewesen.

Wie gesagt, fast hätte ich’s geschafft, wäre bloß nicht ihr Arsch gewesen. Himmel, Gott ist mein Zeuge, dass ich mit allen mir zu Verfügung stehenden Mitteln diese einem Nilpferd ähnliche Monstrosität, die an ihrem Achtersteven hing, zurechtzusaufen versucht habe.

Es nützte alles nichts, ihr alter Arsch blieb so wie er war und ich war jeden Tag nur noch besoffen.

Fest entschlossen, doch noch einen passenden Arsch für ihren Achtersteven zurechtzusaufen, verpasste ich mir, sozusagen als zusätzliche Stärkung und Reiz für meine gestalterischen Fähigkeiten, zu jedem Becks-Bier ein Doppelkorn.

Von da an nahm das Unheil erbarmungslos seinen Lauf, denn nach ein paar Tagen anstrengender Versuche bekam ich gewaltige Magenschmerzen, meine Hände fingen an zu zittern und ihr starrköpfiger Arsch schien mir noch größer geworden zu sein.

Fast entmutig, aber immer noch mit dem verbissenen Draufgängertum des erfahrenen Seemanns, wechselte ich kurzerhand von Bier und Doppelkorn zu Bier und Wodka.

Es nützte alles nichts, ganz im Gegenteil, es wurde nur noch schlimmer, denn ihr Arsch schien mir nach einigen Tagen unverdrossener Versuche noch monumentaler und monströser als je zuvor geworden zu sein.

Also probierte ich es mit Bier und Cognac, da musste ich aber, als mein Magen mir fast um die Ohren flog, schleunigst meine zitternden Flossen davon lassen.

Es war wirklich zum Verzweifeln, denn nie zuvor hatte mich so ein dämlicher, enormer, Kuhähnlicher Weiberarsch so viel Mühe und Not gekostet.

Einen halbwegs rettenden Einfall, um wenigstens zu retten, was noch zu retten war, bekam ich, als ein Bekannter von mir auf ein Bier ins Lokal kam.

Von ihm wusste ich, dass er gute Cocktails zubereiten konnte und so, in Anbetracht meines Problems, bat ich ihn, mir einen Bloody Mary zu machen.

Sie, die meine verzweifelten Anstrengungen, ihr einen besseren Arsch zu verpassen, zu schätzen und zu würdigen wusste, erklärte sich sofort bereit, in freudiger Erwartung, ein neues Hinterteil zu bekommen, mir einen Bloody Mary selbst zubereiten zu wollen.

Ein Experiment, dass ich mir angesichts der Lage und weil ich ihr noch nicht so ganz über den Weg traute, ersparen wollte und deswegen dankend aber bestimmt ablehnte.

Daraufhin wurde das undankbare Geschöpf, all meinen Bemühungen, ihr einen besseren Hintern verpassen zu wollen zum Trotz, sauer und sprach kein Wort mehr mit mir.

Nichtsdestoweniger hatten die vielen Bloody Maries, die ich an dem Abend trank, die ersehnte magische Wirkung, die ich nun dankbarerweise schon mehrere Male erleben durfte.

Denn je mehr ich davon trank, desto nüchtern und klarer wurde ich im Kopf.

An dem Spätabend dort an der Theke trank ich, was auch nicht gerade einfach war, nur bis ich ganz nüchtern wurde und schwor mir, mich nie wieder um dicke Weiberärsche zu kümmern.

An dem Tag versprach ich mir, nur noch nach jungen Damen, die gute Bloody Maries zubereiten könnten und dazu auch noch einem gesunden Opa Komplex nachweisen könnten, Ausschau zu halten.

Denn wie ich von Bekannten, die es angeblich schon ausprobiert haben, irgendwann zu hören bekam: Junge Damen, die gute Bloody Maries zubereiten könnten, die schnarchen nicht.

Darum zahlte ich abermals eine gepfefferte Rechnung und ging auf Nimmerwiedersehen aus der Kneipe und direkt ins Seemannsheim schlafen, wo ich Vierundzwanzig geschlagene Stunden lang den Schlaf der Gerechten schlief.           

Bevor ich einschlief, bat ich ganz höflich aber bestimmt all die lustigen Kobolde und die winzigkleinen grünen Menschen mit den riesigen Nilpferdärschen in meiner Bude, nicht so toll herumzutanzen und fürs eine Mal nicht so laut zu sein.

Heute, viele Jahre später, geistern ab und zu die lustigen Kobolde und die kleinen grünen Menschen mit den riesigen Nilpferdärschen in den Katakomben des Seemannsheims, wo wir, die glorreichen Vierzehn, wohnen, herum.

Ab und zu besuchen sie uns und wir reden von früher und von den guten alten Zeiten ... © Franco Parpaiola.

domenica 17 dicembre 2017

La Motonave El Castillo

 
 
 
Da Il caso della Motonave El Castillo.

Prossima pubblicazione in italiano e in tedesco.

 La piccola piazzuola brulicava di giovani  Marines inglesi in franchigia, a occhio e croce in paese c’erano circa trecento Marines.

L’uno a ridosso dell'altro nella piazza, c’erano una decina di bar e le trattorie, in nessuno di quei locali vidi una sedia vuota.

Anche il piccolo giardino con le sue due panche di legno era stato invaso dai giovani militari avidi di birra.

Alcuni si erano seduti sul praticello, si erano comprati una cassa di birra e silenziosi, quasi in devoto raccoglimento, guardavo per terra e bevevano con determinazione e tenacia.

»Quelli li con a testa bassa sembrano già sbronzi.« Commentò Berny vedendoli.

»Forse, adesso che sono lontani dai luoghi di guerra della Iuogoslavia e la loro adrenalina li ha lasciati soli, hanno quasi paura di respirare e per questo si sbronzano.« Risposi sommesso.

Quella sera anche il “nostro” bar era letteralmente invaso da giovani soldati e a prima vista non c’era un singolo posto libero.

I militari si erano sistemati in terza e quarta fiala davanti al banco e Costa e altri due ragazzi dietro il banco avevano il loro bel daffare a preparare le bevande che Stella e altre due ragazze, tra il vociar dei Marines britannici, reclamavano a gran voce.

Noi due trovammo un angusto angolino tra un paio di casse di birra vuote.

Costa vedendoci, mise una bottiglia di Metaxa e un bicchierino davanti a Berny e indicandoci il frigo con le bottiglie di birra ci disse di servirci da soli.

»Avessi saputo che c’era tutto questo trambusto me ne sarei rimasto a Bordo.« Pensai bevendomi un sorso dalla bottiglia che Berny mi aveva appena messo in mano.

»Me ne vado, qui c’è troppo baccano.« Avvertii Berny dopo aver bevuto la mia birra e messo la bottiglia vuota nella cassa accanto a Berny che in mancanza del suo seggiolone si era seduto su due casse di  birra una sopra l’altra accanto al frigo.

 

Uscii da quella bolgia vociante di giovani inglesi e senza che me ne accorgessi, invece di girare a sinistra verso il porto, virai a destra verso la fine della piazza e passando davanti al Ristorante di Nico che pure lui aveva il locale pieno di gente, mi diressi verso la collina sovrastante il paese.

La strada in salita attraverso aranceti portava chissà dove, di norma nemmeno in sogno, pigro come sono, mi sarei fatto una camminata simile, quel tardo pomeriggio, però m’incamminai chissà perché poi su per la collina.

Le poche centinaia di metri che feci mi bastarono per farmi ancora una volta capire che non ero tagliato per lunghe e temerarie passeggiate in salita, cosi, quasi senza fiato mi sedetti sul muretto di pietra che fiancheggiava la strada e per respirare meglio, mi accesi una sigaretta.

Durante la mezzora che arrancai su per la strada, mi concessi diverse pause, ma alla fine ero riuscito a raggiungere la cima della collina da dove potevo vedere il paese, il porto e la baia.

All’imboccatura della baia, le navi della Royal Navy sparivano nel crepuscolo della sera ormai vicina e potevo vedere anche le luci dei pescherecci che instancabili facevano la spola tra loro e il porto, traghettando militari sbronzi a bordo e portando altri golosi e avidi di birra a terra.

Nel porto, lungo la nostra banchina potevo ancora distinguere nostra El Castillo quasi all’ombra della Cory Quest e dietro di quest’ultima, la grigia siluetta della n° 17 Indomitus dell’US Navy.

Finii la mia sigaretta e proprio quando mi accinsi a ritornare a bordo, un giovanotto, correndo giù verso il paese,  mi passo accanto.

Correva in modo composto e silenzioso; senza sforzo andava veloce e solo allora mi accorsi che indossava una tutta di ginnastica dei Marines americani.

Nei giorni passati avevo notato un giovane che si allenava correndo nel porto, sapevo che faceva parte dell’equipaggio della Indomitus, ma  non lo aveva mai visto in un bar.

Silenzioso e ordinato nei movimenti, il Marine se ne andò giù verso il paese ed io aiutato dalla discesa clemente, cercando di non sbuffare troppo, gli andai spedito dietro.

In paese, i Marines inglesi avevano ormai preso possesso di ogni metro quadrato della piccola piazza e su un albero, accanto all’Hollywood bar, due gatti avevano trovato rifugio da quella marea di giovani che non davano segno di stanchezza.

Gli aitanti barcaioli inglesi erano tutti sbronzi e mentre alcuni cercavano in tutti i modi di entrare nell’Hollywood bar, altri, con le loro casse di birra, si erano seduti sui marciapiedi o semplicemente sulla strada chiudendola così al traffico.

Facendo quasi la gincana tra la gente, raggiunsi il porto e la passerella della mia nave e notai che il giovane Marine di poc’anzi stava ancora correndo su e giù per la banchina.

Passandomi accanto, il giovane si fermò e appoggiando le mani sulle ginocchia soffiò forte un paio di volte e si raddrizzò senza segni di stanchezza, come se avesse fatto solo una piccola passeggiata.

»Hai sicuramente fatto una bella corsa di diversi Chilometri questa sera.«  Dissi impressionato.

» Chief, questo fa parte di un normale training, lo faccio ogni giorno.«  Rispose lui sorridendo.

Benone, pensai, il ragazzo sa che cosa faccio a bordo, pensai incuriosito,

Il giovane guardò prima l’El Castillo, poi mi guardò diritto negli occhi. 

Il suo sguardo non era né penetrante ne cattivo, era solo determinato.

»Quand’è che inizierete la vostra bravata in giro per gli oceani?« Mi chiese, cosi, a bruciapelo.

»Mai,« -risposi tranquillo- »questa nave non andrà da nessuna parte, se non verso un cantiere di demolizione dal quale è venuta.« Precisai poi con fermezza.

»Franco, perché tutta questa farsa allora?«

»Sai pure il mio nome.« Dissi con un mezzo sorriso.

Annuì sorridendo a sua volta e indicò verso la piazza, dove i militari si stavano sbronzando.

»Bravi e giovani ragazzi quelli la non è vero?«

»Si, lo sono di sicuro e a ragion del vero a che cosa serva la farsa di questa nave non te lo saprei proprio dire, nemmeno io ci capisco qualche cosa, è troppo inverosimile per essere vero, però lo è; questa pagliacciata è reale.«

»Te la senti ancora di riparare la nave?«

»Lo avessi sin dal inizio saputo, in che situazione mi sarei trovato, ora manco sarei qui, non avrei mai accettato un ingaggio simile, in quanto al resto penso che il tutto si spieghi con la frase del mio collega “More days, more dollars;” comunque anche se riuscissimo a farla partire, io non ci andrei.«

»Dove la vedi tu la differenza tra il mettere qualcuno in condizioni di delinquere in campo internazionale servire il terrorismo islamita  e il non parteciparvi fisicamente?« Continuò implacabile il giovane Marine.

»Vedi, ora che per la prima volta sono direttamente confrontato con questo genere di crimini internazionali mi sto chiedendo se ci sia una differenza tra mettere in condizioni e quello di eseguire materialmente l’operazione. Dov’è il confine tra responsabilità morale verso di loro,« -risposi indicando a mia volta verso il paese, dove i suoi commilitoni si stavano sbronzando- »la moralità, il  senso di  responsabilità e gli interessi politici di diverse Nazioni implicate e nel piccolo, anche gli interessi personali di tutti noi, il netto taglio divisorio che separa il bene dal male, dov’è e chi è che lo definisce? Siamo sicuri che esistano delle reali regole che definiscono tutto questo?”  Chiesi poi guardandolo a mia volta con determinata fermezza.

»Si Chief, le regole ci sono, le dettano la nostra cultura e la nostra coscienza di cristiani e di patrioti, con questo non intendo dire che i nostri politici abbiano sempre ragione, anche tra le nostre file ci sono dei figli di puttana  che più per interesse personale e partitocratico che Nazionale, si cucinano la loro zuppetta; nell’insieme però, noi non siamo  criminali internazionali che alimentano il terrorismo islamita, tu queste cose le sai Chief, tu conosci i confini.«

Il nostro piccolo dibattito aveva durato poco più di due minuti e il mio interlocutore aveva ripreso a saltellare sui due piedi.

»Non importa che cosa succederà, la El Castillo non andrà da nessun parte ed io tra qualche Settimana ritornerò a Rotterdam è mi cercherò con calma  una nave migliore.«  Conclusi.

»Addio Chief, è stato interessante parlare con te, ora però devo ritornare a bordo e farmi una doccia; fatti un paio di Settimane di ferie ma non bere tanto come il tuo assistente,« -poi indicando alla mia pancia, si rimise in movimento- »un po’ di ginnastica non ti farebbe male Chief, ciao.«  Disse poi salutandomi in italiano e svelto e con quel suo andare soffice  e silenzioso si mise in corsa verso la sua nave.

Mentre se ne andava, lo seguii un momento con lo sguardo poi seguendo il suo consiglio con brio andai su per la passerella della mia nave e feci correre via due ratti che accanto ai boccaporti mi guardavano incuriositi; poi a grandi passi raggiunsi la poppa, andai in cambusa a prendermi una tazza di caffe ancora caldo, mi sedetti sulla mia bitta in  coperta e mi accesi una sigaretta.

 

Dove ci sta portando il futuro se la vita di un intero equipaggio non vale che una manciata di Dollari.

f.p

lunedì 11 dicembre 2017

Was denn!!

 



Lo spin giornalistico è un micidiale Boomerang politico e sociale. 

Gli esempi di manipolazione mediatica delle masse a fini e scopo politici, ormai non si contano più. 

Il “Divide et Impera” dei romani fa ancora oggi testo, solo che oggi si chiama anche mobbing, Staalking , calunnia, machiavellismo o spin politico e giornalistico. 

Un esempio di spin politico co un micidiale effetto bumerang, lo vediamo nella falsificazione del testo di un telegramma pervenuto al Cancelliere Bismark da Parigi che diede il via alla guerra contro la Francia del 1870 -1871. 

A Joseph Goebbels nel 1939 dopo aver plasmato gli  animi della popolazione tedesca umiliata e impoverita dai trattati di Versailles,  bastò far uccidere degli agenti di polizia tedesca  e mettere un paio in uniformi polacche per simulare un sanguinoso attentano polacco ad un posto di blocco tedesco al confine con la Polonia.

In un infuocato discorso patriottico poi il Ministro della propaganda nazista chiese al popolo se voleva la guerra e il popolo bue compatto urlo: Guerra, Guerra , Guerra! 

Sappiamo com’è andata a finire. 

In Italia poi abbiamo l’esempio delle porcate politiche e mediatiche di Giorgio Napolitano, già Presidente della Repubblica,  traditore del Popolo Italiano, intrigante corrotto e corruttore politico e voltagabbana per eccellenza.

Il togato Antonio Di Pietro con la sua operazione “Mani Pulite” sferrò un tremendo attacco alla corruzione e alla  delinquenza politica, ma per puri interessi politici perseguitò anche Benedetto Craxi, l’unico vero statista che poteva contrastare le porcate del Giorgio Napolitano e compagnucci mascalzoni vari.

Furono, in seguito Giorgio Napolitano e il Partito Comunista Italiano camuffato in diverse frazioni sinistroidi, sostenuto e coadiuvato dalla magistratura più faziosa, politicizzata e corrotta del Continente europeo capitanata dal Ilda la sporca e da un pool di togati sparsi un poco in tutta l’Italia a  perseguitare in una vergognosa caccia all’Uomo a perseguitare Silvio Berlusconi, a indurlo alle dimissioni da Capo del Governo e a impossessarsi dell’Italia iniziando il più grande saccheggio di un Popolo e una Nazione mai visto prima in Europa. 

La viscida vigliaccheria sinistroide italiana ora abituata a sguazzare nel bengodi com’è, sente puzza di bruciato, per mille e una ragione e  la popolazione italiana sembra finalmente incline a liberarsi dei suoi sinistri aguzzini e del Centrosinistra e tende a voltar pagina votando in prevalenza verso il Centrodestra.

I sinistri italiani per far fronte all’avanzata del Centrodestra ora hanno rispolverato il Fascismo e vedendo fascisti in ogni angolo di strada e contrada italiana, hanno sguinzagliato i loro untori a snidare fascisti e simboli fascisti, un po’ dappertutto sul territorio nazionale. 

Appunto per questo, il lustro e ben pasciuto Fiano il fariseo sinistro parlamentare sinistroide, intende addirittura abbattere la tomba di Famiglia della Famiglia Mussolini.

Senza nemmeno sapere di che cosa stia parlando e senza nemmeno accorgersi che per esaudire il suo malnato e nefasto desiderio di un’Italia multietnica e liberale di sinistra, bisognerebbe distruggere la Cultura Italiana e la buona metà dei Palazzi costruiti durante il fascismo;  incita  i suoi seguaci alla distruzione di tutto ciò che nel bel Paese, possa ricordare il Ventennio Fasciata. 

Questo in Italia, ma come la mettiamo con la Germania? 

Dove sta andando questa Germania dei Merkozy und ei Merkhollà, ora accusata dagli italiani di aver indotto e ordinato a Giorgio Napolitano di sbarazzarsi di Silvio Berlusconi? 





Mai nella Storia di questa Europa postbellica lo spin –mediatico e politico, ha dato un risultato cosi devastante sia per la Nazione stessa sia per l’Unione Europea come le ultime elezioni federali della Germania.

La cocente perdita di voti dei Partiti tradizionali come la CDU/CSU e la SPD, a favore di un oscuro movimento di estrema Destra come la Afd, scaturito da un malvolente e irresponsabile politica antieuropea, nata nella contorta mente di un economo di terza o quarta fila a spezzo la schiena politica della Germania. 

 Indirettamente ben sostenuto da interessi politici di una banda d’irresponsabili bifolchi bavaresi della CSU e di una stampa che dipingeva quadri apocalittici di degrado e indebolimento economico e strutturale della Germania, le ultime elezioni federali, hanno portato l’estrema Destra a entrare di prepotenza con ben 94 seggi nel Bundestag. 

L’arroganza e ottusità politica tedesca che credeva di potere dettare Legge in Europa, pensando solo a se stessa e ai propri interessi nazionali e partitocratici ha avuto l’effetto Bumerang ovvero ha causato il classico ritorno di fiamma sulla Germania stessa. 

L’Elettorato tedesco questa volta non ha seguito il Tandem CDU/CSU si è allontanato dalla Socialdemocrazia della SPD ed è corso ad alimentare le file dell’AfD ovvero l’Alternativa per la Germania. 

Alternativa per che cosa?  

L’alternativa contro chi ha gridato troppo al Lupo europeo che intendeva sbranare il Gregge tedesco, questo è tutto, non è successo che questo: Oltre il 12,5% dell’Elettorato  tedesco questa volta ha creduto ai media che in modo costante dal mattino con l’inizio del programma TV Morgen –Magazin,  fino a notte fonda con i vari Talk Show lo martellava di incombenti pericoli economici provenienti dal Bacino mediterraneo, ha disertato i Partiti tradizionali e votano la Afd come ancora di salvezza;  rendendo così facendo la Germania di fatto ingovernabile. 

Lasciamo correre i macachi politici fautori di questo bumerang che se lo son tirati da soli sui denti e guardiamo al vero soggetto di questa tragedia politica la cui mano finale è ancora tutta da giocare, cioè: L’Elettorato tedesco in se stesso. 

A tutt’oggi, sempre ben coperto dalla maggioranza politica CDU/CSU; ancora non si sa di che pasta sia fatto il classico elettore tedesco nella Germania Postbellica, mancano punti di riferimento, fino ad ora si trovava nel Limbo della CDU/CSU, Berlino pensava il Popolo eseguiva lavorava e credeva.  

Da: La Storia di un inceneritore. La morte veglia su Monopoi. Di Franco Parpaiola Edizioni Amazon Kindel.
ISBN-10: 1521285063 e ISBN-13: 978-1521285060 Versione cartacea ed elettronica. 

La Citta di Monopoli vanta una lunga e travagliata storia risalente al XV Secolo a.c, vissuta attraverso un susseguirsi di occupazioni normanne, spagnole, turche e anche di grandi stragi come quella perpetrata dal generale greco Giorgio Maniace; verso la fine del 1042.

In questa parte dell’Italia Meridionale, bagnata dai Mari Adriatico e Ionio, fortunatamente dotata di un clima prettamente mediterraneo e arricchita da una terra fertile e gente ingegnosa, si è sempre vissuta una vita laboriosa e impegnativa, sempre cercando la pace e la tranquillità.

Fu da queste parti che i rampolli aristocratici tedeschi furono istruiti dai dotti e devoti frati nell’arte di leggere e scrivere, diventando così provetti in Greco e in Latino e in tutte le scienze allora conosciute.

Sotto l’arguta guida dei severi frati, i giovani teutoni impararono l’arte della diplomazia, dell’intrigo politico e dell’ipocrisia, assimilando il tutto assieme a quella del governare e del tornaconto istituzionale.

Tra le tante cose, i frati, abili ed esperti nell’arte del disguido com’erano, insegnarono ai giovani futuri reggenti e condottieri d’oltralpe che il vero potere, si trovava nel sapere. Spiegarono loro l’importanza del conoscere i veri fatti e insegnarono loro l’arte di approfondirli e analizzarne le varie circostanze e sfaccettature; meglio dei loro avversari.

Seguendo l’inflessibile disciplina e assimilando le nozioni dei loro severi ed esigenti insegnanti, i giovincelli appresero anche come usare il loro sapere, impararono a dosarlo e a centellinarlo contro i loro avversari, secondo le necessita ed eventuali opportunità del momento. Appresero come applicare la forza della persuasione e della pressione psicologica. Compresero la sottile finezza del disguido, della finzione, della calunnia, della dissimulazione e della falsità, e impararono a usarle a scopo politico.

Capirono, con l’andare del tempo, che il sapere era un’arma potente e impararono a impiegarla con destrezza ed efficacia.

Il lavoro fatto a quel tempo dai servi di Dio, dai frati, dai clerici e dagli abati nei conventi nei castelli e monasteri delle Puglie non fu invano e, ancor oggi a distanza di diversi Secoli, elargisce i suoi frutti nella Germania attuale.

Mai prima d’allora nella Storia dei Popoli una moltitudine di piccoli clan tedeschi in eterna lotta tra di loro, riuscì a unirsi in un solo Popolo come fecero le varie tribù germaniche. Inquadrandosi dietro un unico vessillo, i vari clan e tribù germaniche riuscirono in cosi poco tempo, solamente con la loro forza di volontà e tenacia a raggiungere un alto tenore di vita e di sicurezza economica unici al Mondo.

Nessun Popolo della terra prima d’ora è riuscito, solo con la voglia di far meglio degli altri, a raggiungere traguardi così alti e orizzonti così ambiti come il Popolo Tedesco.

Nessuna Nazione prima d’ora, al di fuori dell’odierna Germania, era riuscita ad accumulare un così grande potere politico ed economico e tanto benessere e prosperità da influenzare con la propria tecnologia non solo l’Europa, bensì tutto il Pianeta e la vita dei popoli della Terra.

Ogni altro Popolo, tutti, perfino l’antica Roma con tutta la sua sapienza e cultura, ebbe bisogno di orde di legionari per instaurare e stabilire e imporre la sua Pax Romana nel Mondo allora conosciuto e mai senza prima di scatenare una guerra di conquista e di occupazione dopo l’altra.

I giovani teutoni, invece, capirono che l’arma più potente era il sapere e impararono a usarla con efficacia.

Le Nazioni Tedesche, guidate dai loro rampolli aristocratici allevati dai frati tra gli uliveti delle Puglie, usando con sapienza le nozioni apprese e con l’aiuto di Sancta Mater Ecclesia, con senso di responsabilità e profonda percezione della natura umana, persuadendo e convincendo; si misero subito al opera.

In poco tempo riuscirono, quasi senza guerre ne saccheggi e senza distruzioni di altre civiltà e culture, a unificare l’Europa sotto il vessillo del Sacro Romano Impero di Germania.

Incredibile come possa sembrare, ma quella fu la vera e unica Unione Europea veramente funzionale.

Ovviamente, come durante la seconda e la quarta decade del Secolo scorso ad esempio, ci furono momenti dove in Germania un paio di psicopatici spronati dall’odio e da idee di superiorità razziale, ne combinarono di tutti i colori. Usando l’imbecillità collettiva, che a volte amalgama la grande massa del Popolo Bue, quasi fosse un rimasuglio della primordiale idiozia tipica dei bifolchi illetterati che forgia in un unico compatto e malformato branco d’idioti fanatici e senza cervello, chi per tornaconto o per paura, si rifiuta di usare il cervello, l’aristocrazia e l’industria tedesca scatenarono per ben due volte una Guerra su scala mondiale. Cercarono cosi facendo di conquistare e soggiogare il mondo intero usando come copertura il fanatismo politico di una banda di criminali patologicamente insani di mente e fanatici sanguinari unici nella Storia dell’Umanità.

Difatti, tra i molti e i tanti ci sarà sempre qualcuno che si crede un redentore delle Masse che cercherà di raggiungere il Trono credendosi guidato dal destino e questo, purtroppo, sempre aiutato dai potenti interessi finanziari; successe per ben due volte anche in Germania.

Dopo le sacrosante botte che per ben due volte piovvero loro sul groppone da tutte le parti del mondo, i superstiti dell’ultima pazzia teutonica si ricordarono degli insegnamenti dei frati dati ai loro antenati tra gli uliveti delle Puglie e agirono di conseguenza.

Questa volta però, anche perché dalla loro ultima pazzia ne erano usciti veramente piuttosto malconci e decimati, i superstiti teutonici, ricostruirono la Germania, soprattutto con l’aiuto degli italiani.

Dopo la loro ennesima pagliacciata, anche gli italiani erano malmessi e alquanto malridotti ma non tanto decimati quanto i tedeschi.

Alla fine della seconda Guerra Mondiale l’Italia era davvero solo una Nazione allo sbando, dilaniata da un regolamento di vecchi conti politici e privati mai ben definiti e ben nascosti sotto il mantello di una mezza guerra civile sporca e vigliacca e mai veramente combattuta tra paesani e concittadini se non nei cessi, nelle fogne, nei rigagnoli e nei bidoni della spazzatura del bel paese.

E così, mentre ex commissari politici italiani al servizio di Stalin e del partito comunista sovietico, cercavano di instaurare nel bel paese una sottospecie di dittatura comunista, la gente semplice della strada, sia tedesca sia italiana si mise all’opera per rimettere in sesto le infrastrutture distrutte dalla loro stessa scellerata scempiaggine.

All’inizio, sia gli italiani sia i tedeschi superstiti, cominciarono a rimettere di nuovo in piedi la Germania. Lavorando con diligenza e caparbietà in meno di dieci anni, gli italiani e i tedeschi riuscirono a ricostruire tutte le infrastrutture della nuova Repubblica Federale di Germania, cominciando dalle fabbriche e strade, dalle ferrovie alle autostrade e dai porti marittimi.

Aiutate da volonterosi e capaci uomini del sud italiano ai quali, poi vista la ciclopica impresa, si aggiunsero gli spagnoli, i portoghesi, i greci e i turchi, le diligenti donne tedesche, durante il dopo lavoro scodellarono pure un nuovo Popolo.

Era un popolo sano e forte quello che nacque in Germania a quei tempi, spuntando dalle ceneri come la mitica Fenice. Ripudiando ogni velleità bellica e da quegli anni in poi il nuovo popolo tedesco giurò di vivere sempre in pace con il mondo intero, rigettando ogni forma di aggressione e guerra di conquista futura.

Lavorarono e progredirono così dinamici e lesti che in manco di una decade, la Germania ridivenne, questa volta con soli fini di pace e progresso, nuovamente il punto di riferimento nel mondo della tecnica, nelle capacità innovative del lavoro e nella ricerca scientifica.

Il sapere e le capacità tecniche tedesche erano di nuovo riconosciuti come punto di riferimento da tutti e il mondo guardava nuovamente con ammirazione questo Popolo che, dal tanto male che fece, ora progrediva e con lui, l’intera Europa.

Dalla Germania degli anni cinquanta partirono i primi impulsi per una ripresa economica di tutta l’Europa occidentale che rapidamente portò lavoro e benessere a tutti i popoli occidentali.

Tutto funzionava e progrediva a meraviglia, la nuova Germania e la novella Europa, quasi come due sorelle gemelle crescevano e prosperavano nel tempo, influenzando e conteggiando con la loro voglia di sapere e di fare e questa volta in modo positivo, il Mondo intero.

Tutto a posto allora?

Nix tuto bene, tutto Scheiße Kamaraden.

Gli anni delle vacche grasse finirono presto, non certo perché ci fu un’altra crisi tipo anni venti, no, le cose non andarono esattamente così, nix crisi tipo anni venti, i bei tempi finirono presto a causa di un imprevisto che nessuno si aspettava o avrebbe mai potuto prevedere.

Il declino della Germania iniziò verso la fine degli anni settanta, appena cinque lustri dopo la fine della seconda Guerra mondiale, con l’apparizione di un prototipo di Homo Sapiens germanicus, a molti di noi, finora del tutto sconosciuto.

Nessuno sa ormai dire con sicurezza da dove lo sconosciuto venisse, chi l’avesse creato o di chi fosse figlio, di sicuro si sa solamente che, improvvisamente, costui bussò alla porta della Storia portandosi appresso tanti mentecatti come lui. L’arrivo dello sconosciuto diede il via all’attuale decadenza. Da quel giorno, tutti i valori e virtù accumulati iniziarono a vacillare e a degenerare e la Germania cominciò a perdersi di nuovo per strada.

Il nuovo arrivato si dimostrò presto un vero maestro del lamento e un deplorevole, capace e abile menestrello della mala sorte. Bugiardo, cinico e intrigante, furtivo e codardo, questo fariseo dell’umanità era venuto dal nulla e niente aveva a che fare o veder con tutti i buoni propositi tedeschi dell’immediato dopo guerra ma era arrivato per restare e la Germania non fu più la stessa.

Come un cancro con molte putride metastasi, questi prototipi dal basso orizzonte si misero all’opera e infestarono, con il loro comportamento, non solo la Germania e il mondo intero, ma anche la vera aria che noi tutti si respira.  

Questo l’ho scritto nel 2004 nel 2017 si è avverato ciò che già allora temevo: IL frastuono politico e mediatico dell’elettorato della Germania. 

L’unica possibile soluzione ora e una scissione netta tra la CDU e la CSU e nuove elezioni. 

Un Governo  di minoranza va bene per piccoli paesi scandinavi ma non per una Nazione di 80 Milioni di persone. 

È  la popolazione che ora deve dimostrare il suo grado di maturità democratica e decidere che tipo di governo desidera avere. 

Berlino, come tutta la mediocrità politica attuale deve capire che la Germania postbellica deve finire con la Cancelliera Merkel e, che dalla scissione della CDU e CSU, nel bene o nel male, deve nascere la vera Repubblica Federale di Germania.