What the
Fuck can one expect from a mother fucking Society like this?
Gino Strada.
30 aprile 2004
"Piccola
biografia non autorizzata di Gino Strada detto Gino on the Road" di Gino
Moncalvo
"GINO STRADA
STORY"
C'è uno strano
caso di "silenzio stampa" in questo nostro grande paese: quello
riguardante il passato violento del dottor Gino Strada.
Il pacifista, la
colomba, l'uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in
soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d'ulivo in bocca, è
lo stesso che faceva da "luogotenente" - insieme al futuro
odontoiatra Leghissa - a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d'ordine
del famigerato Movimento Studentesco del l'Università Statale di Milano, quello
dei terribili e mai dimenticati "katanghesi".
Sì, è proprio lui: il
"pacifista" Gino Strada, colui che oggi dà dei "delinquenti
politici" agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non
vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un
seggio in Parlamento.
Per l'esattezza
Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d'ordine di Medicina e
Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome:
"Lenin".
Rispetto ai capi degli altri servizi d'ordine - ad esempio
Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo "Stalin", o Franco
Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l'erede delle
famose scuole private per il recupero-anni, alla guida del gruppo
"Dimitroff", il bulgaro segretario della Terza Internazionale
accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag - il gruppo guidato da
Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di
democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca
Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d'Ordine e poi divenuto deputato del
PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l'on.
Giorgio Napolitano.
Ora Cafiero è ritornato a fare il docente universitario
alla facoltà di Filosofia della Statale. Al comando generale e assoluto di
Cafiero c'erano i gruppi "Stalin", "Dimitroff" e tanti
altri - ciascuno dei quali aveva uno o più sotto-capi -, ma era il
"Lenin" di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la
capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.
In sostanza,
ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada
era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente
marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario
Capanna, Salvatore "Turi" Toscano e Luca Cafiero.
I milanesi, e non
solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di
violenza, di scontri, di disordini.
Ma ora nessuno dice loro che ad accendere
quelle scintille c'era anche l'odierno "predicatore" Gino Strada.
Solo che allora non aveva dimestichezza con le colombe bianche, le bandiere
multicolori, il rispetto altrui, il ramoscello d'ulivo.
Ma era molto di più
avvezzo ai seguenti segni identificativi: l'eskimo, il casco da combattimento,
e l'obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le "caramelle": cioè due
sassi nelle tasche e soprattutto "la penna", cioè la famosa Hazet 36
cromata, una chiave inglese d'acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto
l'eskimo o nelle tasche del loden.
Alla
"penna" - si usava questo termine durante le telefonate per evitare
problemi con le intercettazioni - si era arrivati partendo dalla
"stagetta" (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi
al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla
sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento,
ma anch'essi non adatti poiché si piegavano.
I katanghesi e il
loro servizio d'ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta
finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di
difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella,
Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro,
mentre sul fronte dei "Magistrati Democratici" spiccava la figura di
Edmondo Bruti Liberati. Il "collegio di difesa" aveva dato istruzioni
ben precise in caso di arresti e processi: "Negare sempre
l'evidenza", anche in caso di fotografie o filmati inequivocabili, definire
come "strumento di lavoro" la scoperta eventuale della chiave
inglese.
Sarebbe stato difficile giustificare come tale un manico da piccone o
un tondino di ferro, facilmente considerabili e catalogabili come "arma
impropria", mentre diventata più facile con la chiave inglese. "Dite
che stavate andando a riparare il bagno della nonna o che vi serviva per
sistemare l'auto di vostro padre", poteva essere una delle indicazioni
difensive consigliate in caso di bisogno.
"Pacifici ma
mai pacifisti" era uno degli slogan ideati da Mario Capanna, ed è strano
dunque che oggi Gino Strada si definisca proprio "pacifista".
Comunque - a parte la canzoncina ritmata con cui si caricavano prima degli
scontri (kata-kata-katanga) - essi pronunciavano ad alta voce ben altri slogan
di quelli di oggi e perseguivano ben altri obiettivi.
E i loro avversari non
erano solo i Tommaso Staiti sul fronte della destra, ma anche i
"compagni" di Avanguardia Operaia (molti dei quali oggi sono
esponenti dei Verdi), Lotta Continua (dei Sofri, Mario Deaglio, Gad Lerner,
apprezzato radiocronista dai microfoni di Radio Popolare incaricato di dare le
istruzioni in diretta sulle vie da evitare e sulle strade di fuga in cui
fuggire) e Lotta Comunista (memorabile e indimenticabile uno scontro di inaudita
violenza) e perfino coi primi gruppi di Comunione & Liberazione. Anche
quelli di sinistra erano i "nemici" di Strada al pari di Tom Staiti e
dei suoi.
Non c'è bisogno
di scomodare la memoria del prefetto Mazza e del suo famoso rapporto, la cui
rispondenza alla verità venne riconosciuta solo molti anni dopo, per affermare
che il servizio d'ordine del Movimento Studentesco era uno dei corpi più
militarizzati, una autentica banda armata che incuteva terrore e seminava odio
in quegli anni.
Si trattava di una autentica falange macedone di 300-500
persone, (Strada e Leghissa ne guidavano una cinquantina), che non arretravano
di un millimetro nemmeno di fronte agli scudi del la polizia in assetto da
combattimento. Semmai, purtroppo avveniva talvolta il contrario. Unico aspetto
positivo è che, a differenza di Lotta Continua, l'MS non ha prodotto successivi
passaggi al terrorismo.
Anche se bisognerebbe riaprire le pagine del delitto
Franceschi alla Bocconi e sarebbe ora che la coscienza di qualcuno che conosce
la verità finalmente si aprisse.
Che si trattasse
di un corpo militarizzato, in tutti i sensi, strumenti di violenza compresi, è
fuor di dubbio. Così come è indubitabile la autentica ed elevata ferocia che
caratterizzava quei gruppi che attaccavano deliberatamente la polizia come
quando si trattò di arri vare alla Bocconi per conquistare il diritto dei
lavoratori ad avere le aule per i loro corsi serali.
E non possono certo essere
le attuali conversioni dei Sergio Cusani, degli Alessandro Dalai, dei Gino Strada,
degli Ugo Volli (considerato, senza ritengo alcuno, "l'erede di Umberto
Eco") o degli Ugo Vallardi (al vertice del gruppo Rizzoli-Corriere della
Sera) a far dimenticare quegli anni, quelle violenze, e quelle "squadre di
propaganda" di cui faceva parte anche un certo Sergio Cofferati, in
qualità di studente-lavoratore della Pirelli.
Qualcuno, quando incrocia il
dottor Gino Strada in qualche talk-show televisivo, vuole provare a ricordargli
se ha qualche ricordo di quei giorni, di quegli scontri, di quelle spranghe, di
quei ragazzi (poliziotti o studenti) rimasti sul selciato?
Che bello sarebbe
poterglielo chiedere al dottor Gino Strada se rinnega il suo passato e come si
concilia col suo presente. E poi, soprattutto: quale titolo ha costui per poter
definire "delinquenti politici" gli altri?
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