Rilievo sul Duomo di Colonia
Dal Manoscritto:”DIE WERFT SLK Komarno” 2005
© Franco Parpaiola
La Leggenda del Re Nudo
I Comandanti Nautici sono i più
pericolosi prototipi di Homo sapiens, sapiens che io conosca.
I gondolieri del mare sono quanto di peggio, di più insidioso e infido, di ridicolo e presuntuoso, possa esistere in questo nostro Mondo, in diversi.
in molti, in troppi casi, i Capitani Nautici della Marina Mercantile, si portano anche una lunga sfilza di morti sulla coscienza.
I gondolieri del mare sono quanto di peggio, di più insidioso e infido, di ridicolo e presuntuoso, possa esistere in questo nostro Mondo, in diversi.
in molti, in troppi casi, i Capitani Nautici della Marina Mercantile, si portano anche una lunga sfilza di morti sulla coscienza.
Forse solamente la squallida
mentalità di un politico italiano, la si può comparare a quella di diversi
Capitani nautici di nave mercantile,e questo sotto qualsivoglia Bandiera in
ogni angolo di mondo e di mare.
Naturalmente ci sono le
eccezioni, inverosimile come a prima vista possa sembrare, ci sono pure dei
Comandanti nautici con la testa sulle spalle e il cervello al posto giusto ben
piantato anche nel DNA, e non infilato
nel proprio portafoglio con un patologico senso di infallibilità.
I Comandanti di tale pasta sono
miei amici.
A ragion del vero devo dire che
non ho molti amici, pochini direi, comunque sempre meglio pochi amici, ma
buoni, che avere una banda di infidi, ambigui ed irresponsabili nautici tra i
piedi.
Ogni tanto anche i miei amici
danno i numeri, ma sempre e solo quando si sono bevuti un po’ di birra, dato
però che a bordo non beviamo alcoolici e non abbiamo quasi mai il tempo di
scendere a terra, li incontro solo in condizioni normali, in mare, il che
naturalmente rende la mia, ma soprattutto la loro vita, molto più facile.
Il mio amico Helmut di
Bremerhaven, Comandante marittimo che con me si trovava al Cantiere Navale
della SLK a Komarno in Slovacchia, sulla riva destra del Danubio, era uno di
quelli, ligio al dovere, preciso nelle sue affermazioni e sicuro del suo
lavoro.
La Società Armatrice per la quale
lavoravamo ci aveva affittato un appartamento di quattro stanze non molto
distante dal cantiere e la nostra giornata era tutta casa e lavoro.
Qualche volta però uscivamo, anzi,
dopo la nostra giornata lavorativa non tornavamo neanche a casa e, girando da
una Birreria all'altra, preferivamo “stare usciti” e rintanare poco prima di
Mezzanotte piuttosto che farci due volte 59 scalini in una sola serata., per
salire su al quarto piano dove abituavamo.
Quando però Helmut si era
incamerato una decina di Birre, allora anche lui cominciava a dare i numeri,
diventava il menestrello di sé stesso e non la smetteva più di decantare le sue
gesta e capacita di Argonauta dell’acqua salata.
In momenti del genere mi mettevo
sordo, né ascoltavo, né rispondevo, pensavo alle mie cose e bevevo la mia birra
senza dargli retta.
»Io parlo e tu non mi
ascolti, « Brontolava quando si accorgeva che stava parlando con il muro.
»Racconti e ripeti sempre le
stesse idiozie, ormai le conosco a memoria.«
»Allora non mi credi. Non è vero?«
»Ti credo; Helmut, ti credo.«
»Se mi credi, perché non ascolti?«
» Perché ho già sentito queste
storie la settimana scorsa, il mese scorso e pure l’anno scorso e pure un paio
di anni fa, per di più stavo pensando al sistema del combustibile che ci
vogliono costruire a bordo, c’è qualche cosa che non mi quadra e penso che domani
porterò delle modifiche per renderlo più versatile ed efficiente. «
»Senti Franco, per favore non ti
arrabbiare, ma ti devo dire una cosa.«
»Bene, ascolto.«
»Vedi Franco il cantiere ha già
costruito una cinquantina di navi per diversi Armatori tedeschi, e nessun
Capitano si è mai lamentato dei sistemi. «
»Ti credo sulla parola hai
perfettamente ragione, difatti è così.«
Helmut non capì la mia sarcastica
risposta, e comincio a decantare le sue capacità tecniche e quelle dei suoi
colleghi.
In momenti simili, come sempre,
chiedevo il conto e, facendogli notare che ormai era tardi, gli facevo capire
che per noi era giunto il momento di andarsene a casa.
Dalla birreria dove noi ci
trovavamo a casa nostra, c’erano sì e no, tre minuti di cammino, il guaio
quella sera poco prima di Mezzanotte, era che il Ring Bar si trovava in una
posizione strategica e invitante, proprio davanti a casa nostra, ed era ancora aperto.
»Qui, uno può camminare in mezzo
alla strada e non gli succede niente.« Sbottò Helmut non appena fummo in
strada.
»Rallegratene, così non corri
pericolo di finire sotto un automobile.« replicai secco.
»In Germania una cosa simile non
te la puoi permettere, finiresti subito all’Ospedale o peggio ancora al
Cimitero-guardati le Automobili,« -continuo a filosofare il mio arguto amico
mentre pian piano ci incamminavamo verso casa- »ai notato quei rottami su quattro
ruote? Le poche macchine tedesche che vedi per strada son di sicuro tutte
rubate.«
»Non necessariamente, qui non siamo in Polonia.«
Ribattei senza approfondire il discorso.
»Non necessariamente, qui non siamo in Polonia.«
Ribattei senza approfondire il discorso.
»Tutto è così buio e grigio, le
strade sono deserte e poco illuminate, io qui non poteri vivere, e tu? «
»La gente da queste parti è la
stessa del resto del mondo, come quelli della DDR, però anche loro qui sono da
poco usciti da una dittatura comunista, si stanno evolvendo verso un libero
mercato e le cose cambieranno presto in meglio, anzi, stando a quanto si vede
sono già, e continuano a cambiarsi di bene in meglio, ogni giorno che passa.«
Le strade, quel martedì sera
erano veramente deserte, ma poco prima della Mezzanotte non lo erano forse in
tutte le Città di Provincia di questo mondo?
A Bremen poi, dopo la chiusura
dei negozi il centro città si svuotava in poco meno di mezz’ora in modo
addirittura pauroso, a volte mi sembrava che la gente non stesse rincasando, ma
che letteralmente scappasse dalla città, come per sfuggire ad un incombente
pericolo.
Soltanto gli impavidi e i
coraggiosi, gli arditi della notte erano in giro e vagavano da Bar a Bar alla
ricerca di Dio solo sa cosa.
Spesso , quando ero giovane e
bello, anch’io mi cimentavo in queste escursioni notturne alla ricerca di
qualche cosa, a distanza di tanti anni però, non ho ancora capito cosa andassi
cercando, di sicuro so solamente dire che era bello cercare.
Anche il numero dei “cercatori”
oggi giorno si è drasticamente ridotto, difatti con il 10% di disoccupati, in
quel di Bremen pochi hanno ancora la voglia o la capacita finanziaria di andare
a cercare, chissà poi cosa.
Infatti, l’unico parallelo tra le
due città lo vedevo nel fatto che, mentre a Komarno le strade erano deserte perché
l’indomani mattina la gente doveva andare in cantiere a lavorare per costruire
le stesse navi in gran parte pagate con incentivi Federali per incrementare
l’Industria e l’occupazione delle Länder Costiere, in Germania, a Bremen,
Bremerhaven e in altre Città portuali lungo la costa sia del Mare del Nord, sia
del Mar Baltico, le strade erano deserte perché la gente , non avendo un
lavoro, non aveva di conseguenza i soldi per uscire di casa a farsi un paio di
Birre, e non certo perché voleva vivere alla spartana.
I posti di lavoro della
cantieristica navale erano stati esportati in gran parte nell’Estremo Oriente e
quelli della Marina Mercantile Tedesca, dall’Europa orientale nelle Isole
dell’oceano Pacifico.
In pratica coloro che con i loro
contributi fiscali avevano permesso a Berlino di incentivare l’Industria dei
trasporti marittimi con tutti gli annessi e connessi del caso, grazie
all’ottusità dei politici e il beneplacito dei sindacati orano erano
disoccupati.
Era proprio grazie a questo
melmoso intreccio di interessi politici e finanziari che uomini come me e
Helmut ora, grazie alla loro grande esperienza, venivano impiegati come
ispettori di Costruzioni Navali in giro pel Mondo, mentre in Germania un
Cantiere Navale dopo l’altro, come stava succedendo al Cantiere Vulkan di
Bremen, dichiarava insolvenza per mancanza di lavoro.
Avrei voluto ricordargli questi
fatti, considerando però che era ormai praticamente impossibile cavar fuori dal
suo cervello una frase sensata, preferii starmene zitto.
In quei pochi minuti, camminando
piano, eravamo arrivati nelle vicinanze del Ring Bar che era ancora aperto.
Forse perché Helmut era un tantino malfermo sulle gambe, e senza volerlo aveva
preso quella direzione, o forse anche perché da buon vecchietto non se la sentiva
ancora di farsi quattro piani di scale per arrivare a nostro appartamento,
fatto sta che si incamminò verso la piccola locanda che vantava anche una delle
migliori cucine a conduzione casalinga di Komarno.
Nel locale, mentre al piccolo
banco della birra sedeva un singolo avventore, quasi i tutti tavoli erano
collegati insieme in un'unica tavolata, e una trentina di persone sui vent’anni
ascoltava ciò che un anziano signore, in piedi a capotavola stava loro dicendo.
Venni più tardi a sapere che i
giovani erano studenti del Liceo e stavano festeggiando l’anniversario delle
Fondazione della loro locale associazione studentesca, nata dopo la caduta del
Regime Comunista e la divisione della Cecoslovacchia in due Stati.
Noi due ci sedemmo al banco e
Karl, il cameriere dietro il banco, ci servi subito due Birre Pilsner Urquell
alla spina che, senza mezzi termini, senza sé e senza ma, è da considerarsi una
tra le più squisite, se non la migliore birra del mondo intero.
»Questa Birra non è per niente
male Franco, ma non tanto buona quanto la Birra Tedesca. «
In quel preciso istante ne ebbi
abbastanza.
»A questo mondo c’è qualche cosa
di dannatamente storto Helmut, vedi, o l’imperiale decreto sugli ingredienti
della birra sono la truffa del millennio, oppure i maestri birrai in quel di
Pilsen ci stanno prendendo in giro,« -replicai con dosata e solenne lentezza a
Helmut che alle mie considerazioni, incredulo alle sue orecchie, aveva
cominciato a sgranare gli occhi- »perché vedi,« -continuai scandendo ogni parola-
»Com’e possibile che a noi, giurati bevitori di birra, dopo un paio di giorni
di degustazione più o meno proficua di questa nobile fermentazione, ci si
gonfia la pancia e ruttiamo e scoreggiamo come i maiali? Come mai dico io, ciò non
ci succede in Germania o nelle altre parti del mondo, ma solo qui in questa
terra da dove la birra di Pilsen è partita alla conquista del mondo? Potrebbe
forse darsi che i maestri birrai in Germania non siano poi tanto capaci quanto
il mondo crede che essi siano, come loro vogliono farci credere di essere?
Pensi che ciò sia possibile? Comparando la birra che beviamo in Germania a
questa che beviamo ora, la possibilità che i maestri birrai tedeschi invece di
essere tanto maestri siano invece nient’altro che una banda di raffinati alchimisti,
che ci propinano acqua colorata con il sapore di birra e una percentuale di
alcol, sembra indubbia e non è poi così sballata, non ti pare? Non pensi che
alla luce di queste deduzioni, il Decreto sugli ingredienti per la produzione
della birra, emanato da Wilhelm Secondo e da suo Fratello Ludwig in Baviera nel
1516, che dopo tutto è da considerarsi il primo vero decreto sugli alimentari
emesso in Germania, potrebbe essere tutta una farsa? Cosa ne diresti se la
favola del Re nudo si manifestasse in tutta la sua malvagia e perfida comicità
proprio qui e ora, a Komarno, al Ring Bar in un bicchiere di Birra Pilsener
Urquell?«
»Alla tua salute, scemo.«
»Alla tua, Helmut.«
»Mi stai prendendo in giro non è
vero? Come mai ti viene in mente di screditare il decreto del 1516 che regola
la produzione della birra in Germania.« Mi chiese poi, non proprio sicuro del
fatto suo.
»Perché?«
»Perché? Cosa diavolo intendi
con: Perché? Hai il coraggio di diffamare il decreto del 1516 del quale noi
Tedeschi giustamente andiamo fieri e tu mi chiedi perché? «
»Quella che tu qui stai bevendo è
una Pilsener Urquell alla Spina Helmut.«
»E con ciò?« Sbottò quello
piuttosto incavolato.
»Che diavolo intendi dire, con il
tuo: E con ciò?«- gli scimmiottai dietro- » Tutte le birre che si
autodefiniscono Pils dovrebbero essere prodotte così, altrimenti non si
potrebbero denominare tali, non ti pare? «
»Quando tu cominci a parlare per
mezzi enigmi, e cominci a gironzolare attorno a qualcuno, di solito significa
c’è qualche cosa che bolle in pentola, e che aspetti solo il momento giusto per
rifilargli una martellata in testa, si può sapere dove diavolo vuoi arrivare
questa volta Franco?«
»Cerco solo di spiegarti che con
tutte le probabilità quella che noi stiamo qui bevendo è la vera birra,
scaturita dall’arte dei veri Maestri Birrai, se ciò e vero, ciò vuol anche dire
che il Decreto del 1516 è una bufala, perché non corrisponde all’arte di
produrre Birra, ma solo agli interessi commerciali bavaresi di allora, che per
una ragione o per l’altra il mondo ha preso come verità assoluta. Se quello che
dico è vero, allora, noi, i bevitori di birra di tutto il mondo abbiamo creduto
ad una favola bavarese, ben orchestrata, che si è prima propagata in tutta la
Germania e da là, nel mondo intero.«
»Tu sei pazzo, sei impazzito, ti
ha dato di volta il cervello, tu a forza di cercare di migliorare l’efficienza
di quelle navi ha perso il contatto con la realtà, sei fuori dai binari, stai
scherzando non è vero? «
»Ti sembra veramente che io stia
scherzando? « Gli chiesi, mentre il povero Helmut, completamente spaesato
dalle mie affermazioni, sembrava non capire più un accidenti.
»Quello che cerco di spiegarti è
il fatto che la produzione di questa birra, e molto più costosa di quella che
noi siamo abituati a bere in Germania, e che molto probabilmente già allora
qualcuno aveva pensato di aumentare le proprie entrate tagliando sui costi di
produzione, facendo passare i suoi prodotti per alta qualità. A quel tempo la
gente era ignorante, era timorosa di Dio e fedele al Kaiser, credeva, era
semplice, sincera, rozza e paurosa, temeva la maledizione divina, erano i tempi
delle inquisizioni e nessuno voleva finire arrostito per un boccale di birra,
non ti pare? Ed è proprio in quest’ottica che dobbiamo vedere la leggenda del
Re nudo alla quale tutto il mondo si è ormai abituato. Il Decreto è stato
dettato dai commercianti che volevano guadagnare di più risparmiando sul Malto
e sul Luppolo, e il Kaiser firmò perché gli andava bene di firmare, non perche
gli interessasse cosa beveva la plebe a quel tempo, e poi sai una plebe mezza
ubriaca è sempre meglio di una attenta e guardinga. Ubriachiamoli tutti,
esultarono di sicuro i commercianti di allora, oggi ubriachiamo la Germania e
domani il mondo intero. Capisci dove voglio arrivare Helmut, molto
probabilmente la Germania per prima e il mondo dopo, sono caduti della
fregatura più grande del millennio e nessuno fin ora se n’è accorto, io sì,< -dissi sorridendogli con un sorriso satanico stampato in Faccia; " hai
finalmente capito, ieri la Germania e domani il mondo intero, e quasi ci erano
riusciti.«
»Perché poi solo quasi?« botto
Helmut irritato, dato che ormai non capiva più niente.
»Per il semplice fatto che la
Germania è appena inciampata in un bicchiere di Birra Pilsener Urquell, hai
capito ora? La Germania e il mondo intero si sono lasciati fregare dalla
baggianata del millennio, la gente però si sta svegliando, e prima o poi
prenderà il Re Nudo a calci nel sedere, e dopo Helmut, come a mettiamo con il
dopo?«
Helmut non mi rispose, stava lì
mezzo afflosciato al banco e mi guardava con occhio semi spento, cercava di
coordinare le sue idee mentre la sua baldanzosa arroganza di prima era svanita,
e non sapeva più che pesci pigliare.
Sembrava si stesse chiedendo come
mai mi permettevo di attaccare il sacro decreto del 1516 e lo volessi mettere a
tutti i costi sul banco degli imputati.
Nel suo mondo illusorio fatto di
aspirazioni di supremazia e di inebrianti idee accompagnate da
quell’infallibile senso di superiorità che attanaglia i più labili, e li fa
diventare refrattari e sordi a qualsiasi richiamo al buonsenso civile, le mie
idee sul Decreto del 1516 che regola la produzione e la qualità della birra,
erano delle pure eresie.
Blasfemie e veri i propri
vilipendi alla sacra birra tedesca della quale io stesso ero un devoto e fiero
ed eccellente adoratore.
Secondo lui, e di questo ero
sicuro, eresie simili erano solo punibili e scontabili sul rogo, e da come mi
guardava già vedevo le fiamme purificatrici divampare nei suoi occhi.
Quella sera il suo cervello non
funzionava più a come al solito, e per quanto cercasse una risposta, una sorta
di contro argomento da contrapporre alla mia provocazione, vedevo che non
riusciva a concepire nessun contro argomento plausibile.
Pian piano vidi le fiamme che
fino a pochi secondi prima negli occhi suoi sfavillavano vivaci e purificanti,
spegnersi lentamente e lui rimase lì afflosciato sul banco della birra con la
testa che gli girava e non sapeva più cosa dire o cosa fare.
In silenzio si alzò e, leggermente
barcollando, si incamminò verso i gabinetti, ritornò poco dopo e con un
semplice saluto accompagnato da un sorridente, »a volte sei proprio una bestia.«
S’ incamminò verso l’uscita.
Solo il pensiero di dovermi fare
otto rampe di scale per arrivare al nostro quarto piano mi tenne ancora
inchiodato nel seggiolone al banco del Bar e così ordinai un'altra birra.
»Di sicuro non hai tutti i torti
Franco, anzi guarda sembra proprio che tu abbia ragione, a volte i tuoi
colleghi sono dei veri imbecilli, si comportano da cafoni e in un modo cosi
arrogante e offensivo che a diversi di loro e stato perfino interdetto
l’accesso al cantiere. « Mi disse Karl mentre mi metteva la non so più quanta
birra sul banco.
Il mio vicino di banco era ancora
lì, quasi immobile, taciturno, con quel suo sguardo lontano ed assente, dava
l’impressione che vivesse in un altro mondo, molto lontano e molto differente
dal mio attuale.
Era alto, scarno, vestito in modo
semplice, quasi arcaico, con una giacca grigia, di vecchia fattura e taglio,
tipica della gente semplice e non di certo agiata.
I nostri sguardi si incontrano
nello specchio del buffet dietro il banco e girandosi poi verso di me mi salutò
sorridendo, quasi imbarazzato o pauroso di disturbarmi.
Sorrisi a mia volta e lo salutai
con un breve cenno del capo.
»Non vorrei sembrarle importuno,
ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione di prima, e
anch’io penso ceh lei abbia ragione. vorrei tanto invitarla per un bicchiere di
vino a casa mia, abito a due passi da qui, vorrei farle vedere delle cose mie,
che probabilmente l’aiuteranno a cementare le sue idee.« Mi disse in perfetto
tedesco, quasi timoroso di ricevere una negazione.
Sorpreso lo guardai per un
momento ma poi, vedendo Karl annuire, accettare l’invito e cosi senza sapere
con chi avevo a che fare, pochi minuti dopo lasciammo il Bar e girando
l’angolo, arrivammo in pochi passi a casa sua.
Un po’ sconcertato segui l’uomo
nella sua cantina dove da uno scaffale, prese una bottiglia di vino bianco e
l’apri, poi indicandomi una delle due poltrone che si trovavano al centro della
grande stanza mi invitò a sedermi, fu allora che mi guardai in giro.
La stanza era piena zeppa di
vecchi mobili da cucina, un paio di letti e armadi smontati e ben accatastati
l’un acconto all’altro, occupavano gran parte della stanza.
Appese alle pareti accanto vedevo
fotografie di gruppi famigliari e lì mi accorsi, anche perché in diverse di
quelle foto vedevo il tipico vestire degli Ebrei Ortodossi che quelle erano
fotografie scattate prima della Seconda Guerra Mondiale.
Messo lì, nel bel mezzo del resto
della stanza, quasi stesse aspettando degli ospiti c’era un salotto completo
con tutte le suppellettili di allora, la grande vetrina, con dei bicchieri e la
porcellana del Sabat ben in vista, una libreria piena di libri e sul tavolo
sopra un bel centro candido e sicuramente ricamato a mano un vaso di fiori
freschi.
Il tutto era ben tenuto e pulito,
non si vedeva un singolo granello di polvere.
In silenzio mi guardai in giro e
cominciai a capire, poi prendendo il bicchiere di vino bianco che l’uomo mi
porgeva annuii con il capo senza dire una parola.
»Vedo che ha capito cosa mi ero
permesso di farle notare, spero vivamente che non me ne voglia, non volevo di
certo importunarla, ma dopo aver ascoltato i suoi pensieri ci tenevo a farle
vedere tutto questo, e la ringrazio veramente di essere venuto qua.«
In silenzio annuii di nuovo e
sorseggiai lo squisito Tokai che l’uomo mi offrì.
L’anziano signore mi spiegò che
le persone che vedevo raffigurate nelle Foto era tutta la sua famiglia e altri
parenti sia da parte di suo padre che era un Rabbino, sia di sua madre che era
una insegnate di Liceo, mi spiegò che tutti erano periti nei Campi di
Concentramento nazisti, e che lui stesso, all’età di 14 anni, come per
miracolo, era scampato a sicura morte ed era uno dei superstiti di Auschwitz.
Parlava sommesso, senza rancore,
mi spiegava che ad Haifa in Israele aveva ancora dei parenti lontani, che già
da anni ormai lo avrebbero voluto avere con loro, ma che lui non se la sentiva
di lasciare la casa dove era nato.
Mi diceva che se fosse partito
gli sarebbe sembrato di abbandonare i suoi, di lasciarli soli in una casa ormai
logora dal tempo e sicuramente prossima alla demolizione.
E lì, per l’ennesima volta, mi
trovai a comparare la mia infanzia con la sua, mi rividi in quel lungo vicolo
cieco dove ero nato, ben accudito dai miei, mi rividi a razzolare con gli altri
bambini sul prato dell’asilo infantile sotto i pini, e pensando alla sua
infanzia e agli orrori che già in giovane età aveva visto, quasi mi vergognai
di essere stato cosi fortunato da essere nato altrove.
Quella mezz’ora che stetti in
casa sua non dissi una parola, ascoltai solamente, e mentre ascoltavo mi
guardavo in giro e ad un determinato momento provai una strana sensazione di
freddo e la pelle mi si accapponò, mentre i peli delle mie braccia si
raddrizzavamo come se chiamati da una forza sconosciuta.
E mi accorsi che non eravamo
soli, non li potevo vedere ma potevo benissimo percepirli, sapevo che i suoi
erano lì sempre con lui, che quell’uomo di cui non sapevo nemmeno il nome non
era mai solo, non provavo paura, ma una serenità infinita e rassicurante, poi
mi accorsi che l’uomo si era addormentato.
Finii in mio bicchiere di vino e
in silenzio per non disturbare me ne andai in punta di piedi, ringraziandolo in
cuor mio per avermi lasciato sbirciare nel suo animo e nei suoi ricordi.
Ritornai al Ring Bar dove Karl mi
mise senza parlare subito un bicchiere di birra davanti, disse solo che quello
me lo offriva la casa.
Rimasi in silenzio seduto
tranquillo sul mio seggiolone, finché verso le due del mattino, gli studenti e
i loro professori non se ne andarono via, solo allora pagai il conto e me ne
andai a dormire pure io.
Erst nach Mitternacht, als langsam auch die anderen
Gäste nach und nach Feierabend machten, entvölkerte sich das Lokal, so zahlte
ich unsere Rechnung und machte mich auch auf die Socken.
»Gut,
dass wir hier nicht in Holland sind,« dachte ich, als ich endlich in unsere
Wohnung ankam, denn die steile Bauart den holländischen Treppen, und das noch
bei 59 Stufen, wären in der Tat für einen alter halbbesoffener Mann, die
reinste Tortur gewesen.
®
Franco Parpaiola
Nessun commento:
Posta un commento