Da: “Der Fall MS El Castillo“ ISBN 3-86516-375-0
Edizione originale
in lingua tedesca esaurita.
Una nuova edizione
e-book in preparazione.
Dovesse
nell’Inferno dantesco esserci una nicchia con un Bar, quella dovrebbe senz’altro
essere così come si presentava l’Hollywood Bar verso Mezzanotte a Sousa nella
punta Nordoccidentale dell’isola di Creta.
Il Locale era
stracolmo di Marines Inglesi che vocianti, quasi in delirio cercavano di
danzare, seguendo il ritmo assordante di Zorba, che si ripeteva in continuazione,
o seduti ai Tavoli, bevevano come se stesse per finire il Mondo. Noi, della
Motonave El Castillo, aspiranti contrabbandieri
d’armi e impavidi rompi blocco navale Nato contro i cittadini slavi, che sui
Balcani si stavano sgozzando a vicenda e magari, anche possibili manovali di
quello che mi sembrava un nascente terrorismo islamita, stavano seduti al Bar e
noncuranti di tutto quel trambusto, bevevamo la nostra Birra.
Tania la sua
collega e la loro Mamasan avevano quella sera un bel daffare a preparare tutte
le richieste di Birra e a servirle ai tavoli degli assetai militari inglesi.
C’è la mettevano
veramente tutta, per loro una pioggia di Dracme simile non arriva mica tutti i
giorni e, ogni Birra non servita, era un guadagno perduto.
Due Marines dei po’
anzianotti, quella sera ci avevano preso di mira con le loro macchine
fotografiche e ci avevano fotografato da ogni angolazione possibile.
Ci fotografarono
con i due Ispettori venuti da Rotterdam assieme all’armatore, Avevano preso di
mira Henk e Egon, me, il mio amico Berny e, Cesar, la nostra checca indonesiana
di bordo che, quasi in trance, si guardava beato tutti qui ragazzotti inglesi
dalle solide chiappe. Verso le tre di notte improvvisamente il locale si svuotò
e i Marines, vociando e barcollando, si avviarono verso il porto per imbarcarsi
sui pescherecci del villaggio che li avrebbero portati a Bordo delle loro
rispettive navi alla Fonda all’inizio della Baia.
»Devono essere a
Bordo per le quattro del mattino,« -mi sussurro Tania passandomi vicino- »ora
daremo una riassettata al Locale e poi mi siedo accanto a te,« mi sussurrò in
un orecchio dandomi un piccolo morso, prima di iniziare a rimettere in ordine i
Tavoli e il Locale.
Solo allora mi
accorsi che l’armatore assieme a Berny e Cesar, erano già andati via e che al banco
del bar, eravamo rimasi solo in tre assieme ai due Ispettori.
Mentre uno degli
Ispettori pagando il Conto per tutti e dando anche una lauta Mancia alla
Mamasan ordinava un taxi, l’altro dava un paio di migliaia di Dracme a Henk
perché continuassimo a festeggiare.
I due sarebbero
rientrati ad Amsterdam l’indomani mattina mentre io, avrei preso il mio aereo
per recarmi a Rotterdam il lunedì seguente, per organizzare tutta una serie di
pezzi di ricambio e nuovi gruppi elettrogeni che mi servivano per riparare la nave.
Sin dall’inizio di
questa inverosimile farsa, li avevo avvertiti che la Nave non era adatta a quel
tipo di lavoro e fatto loro capire, che avevano scelto me acquistato la nave
sbagliata.
»Non noi Chief,
lui, e stato l’armatore a farci spendere tutti quei soldi, il tutto, è a suo nome,
solo i soldi sono dei nostri clienti, e quelli non scherzano, vogliono vedere
risultai e non ascoltare chiacchere,« mi rispose uno dei due con voce
tagliente.
»Se non sarà possibile
riparare la nave, non si preoccupi Chief, non sarà certo colpa sua e domani
sera da Amsterdam telefonerò al nostro amico Kelly in La Grotte e lo saluterò
per lei,« mi disse prima di andarsene.
Se ne andarono
salutando, non appena arrivò il Taxi e chiedendomi un’altra volta di fare tutto
il possibile per mettere la nave in condizioni di prendere il mare, si
dileguarono nella notte, proprio quando Tania un po’ sudata veniva a sedersi
accanto a me.
»Perché non sei
venuto a trovarmi come mi avevi promesso, Franco, non ti piaccio forse?« mi
chiese un poco incavolata dandomi un colpetto di gomito nelle costole.
»Cerca di capire
Tania, ho molto fare, non potevo venire,«
»Njet Rabboti,
strarij Medwed, a bordo sei senza pezzi di ricambio, me lo ha detto Alexandra
già una Settimana fa, perché non sei venuto?« Mi chiese di nuovo un po’
rammaricata.
Tania si era girata
verso di me e mi guardava con quei suoi occhi che sembravano due gemme
preziose.
Lei, con quel suo
costumino nero pericolosamente succinto.
Lei, con quel
Decolté da capogiro che a malapena conteneva i suoi seni.
Lei, con le sue
belle lunghe gambe nude che sembravano scolpite nel Marmo.
Lei, con la sua giovinezza.
Tania si era
appoggiata con un braccio al banco e mi guardava intensamente, avevo la netta
impressione che più che guardarmi lei mi stesse scrutando, sembrava veramente
che volesse rovistarmi nella mente o cercasse di dirmi qualche cosa che non
riuscivo ad afferrare, sperando che lo capissi.
Stavamo lì, seduti
e taciturni, guardandoci, scrutandoci a vicenda cercavamo di capire cosa
volevamo dirci senza parlare e mentre una cascata di luci e di sfumature colorate
l’avvolgeva, rendendola fiabesca quasi irreale, mi sentii, come se lei mi avesse ipnotizzato e quasi senza volontà, mi
resi conto, che ero incapace di pensare, di intendere e di volere.
»Rimani con me
questa notte, non mi lasciare sola,« la sentii sussurrare sommessamente; agile
e graziosa come un Gazzella scese dal suo seggiolone e con passi decisi andò
dietro il Banco. Dal Frigo prese una Bottiglia di Spumante e due Bicchieri e
passandomi vicino, appena sfiorandomi si incammino verso la Porta che portava
al suo appartamento.
Rimase per un
momento ferma immobile nel bel mezzo del Locale, sotto la grande palla di vetro
colorato che girava emettendo le più svariate luci, sembrava un caleidoscopio e
si girò verso di me.
Davanti ai miei
occhi prese forma un quadro quasi surreale, di luci e ombre e colori e così,
mentre Tania ferma come una Statua di Michelangelo viva e verace sotto quella
pioggia di luci e palline e stelle colorate che come folletti, delicatamente,
con dolcezza e passione, cambiando colore dal rosso al giallo, dal verde al blu
al turchino danzavano e si rallegravano con la loro Fata Turchia, il mio
Cervello si svuotò, e mi accorsi di non avere più alcuna volontà, e quando la
sentii pronunciare il mio Nome, quasi trasportato da quei piccoli folletti
colorati, mi immedesimai in loro e la raggiunsi.
»Dawai Staraij
Medwed, andiamo a via da qui,« mi sussurro non appena le fui acconto.
Dopo un lungo
Bagno, ci bevemmo un pö’ dello Spumante Fürst Metternich, a letto poi, rapito,
con la sua Testa appoggiato sul mio petto la ascoltavo raccontarmi la sua
Storia.
Mi parlò di sé, di
casa sua in Russia, di come era stata ingannata e attirata a Creta sotto falsi
pretesti, del suo lavoro nell’Hollywood Bar della sua volontà di riprendere gli
studi di medicina, di Sposare il suo Amico doganiere negli Aeroporti, delle sue
speranze di un futuro tranquillo e senza stenti, di avere un giorno una
Famiglia sana e crescere i suoi figli.
La ascoltavo in silenzio senza interromperla,
il suono della sua Voce, il ritmico battito del suo Cuore, la pace di starmene lì
tra le sue braccia, di percepire il suo calore e respirare il suo profumo,
tutto questo era come Balsamo per la mia Anima.
Dopo le Settimane
passate a Bordo dell’El Castillo in compagnia di qualche Ratto lustro e ben
pasciuto, di una checca indonesiana e del mio amico Berny che mi sembrava
sempre più inesorabilmente scivolare nel baratro dell’alcolismo, dopo tutte le
vicende e avventure dei Mesi passati; le sue parole, la sua presenza, il suo
essere, i tutto, l’insieme, mi davano nuovo vigore e speranza.
Ci addormentammo
cosi, parlando, amandoci in silenzio senza far l’amore, eravamo solo felici di
stare insieme, ci sentivamo scuri e consapevoli che il tempo a venire, sarebbe
stato solo nostro.
Ci svegliammo
entrambi verso Mezzodì mentre qualcuno stava bussando alla Porta.
Controvoglia Tania
si alzo, indossò il suo Babydoll di pizzo rosso e aprì la porta di appena uno
spiraglio.
La sua amica e
connazionale le porse due tazze di Caffè fumante e le due ragazze scambiarono
sottovoce qualche parola sorridendo.
» Il tuo amico Henk
sta ancora dormendo,« mi disse Tania non appena la sua amica se ne era andata,
e sedendosi sulla sponda del letto, mi porse una delle Tazze di Caffè.
Bevvi quasi con
avidità, ma avevo occhi solo per quella Forma quasi mistica che intrappolata
nel suo Babydoll trasparente si era seduta sul letto accanto a me. Guardandola nella penombra della Stanza, mi
sentii quasi risvegliare da un lungo inutile letargo e mentre lei appoggiava la
sua Tazza sul comodino, accendeva due sigarette
e me ne porgeva una, mi chiedevo in che diavolo di mondo avevo vissuto tutte
quelle passate Settimane e Mesi e Anni.
Restammo così per
un poco, bevendo il Caffè e fumando le nostre sigarette, guardandoci in
silenzio, studiandoci, scrutandoci a vicenda come due belve pronte a scannarsi
in un’infinita battaglia di vita e di morte di amore e di odio di gioie e
dolori.
Ci osservavamo quasi
in trance, incapaci di pensare, di articolare, di decidere e di agire.
Il nostro tempo era
arrivato, questo lo sapevamo entrambi, eppure esitavamo, non eravamo impazienti,
non volevamo aver fretta.
Il nostro essere insieme
era troppo bello e sublime così com’era. Eravamo insieme, sapevamo che ci
saremmo amati, ma quasi avessimo lo stesso pensiero, la stessa paura che una
parola, un movimento sbagliato anche l’inaspettato battito d’ali di una
Farfalla rompesse quell’incantesimo di reciproco desiderio e di comunione dei
sensi, esitavamo.
Tania prese la mia sigaretta e la schiacciò
nel portacenere assieme la sua.
Senza distogliere i
suoi occhi dai miei si alzò e lascio il suo Babydoll scivolare ai suoi piedi,
mi voleva e me lo faceva sapere in un modo così fantastico.
Venne accanto a me
nel Letto e con lei, con noi, s’immedesimò l’intero Pianeta, e nell’Universo
c’eravamo solo noi due e nessun altro.
Come strappandoci
senza pietà da una lunga estasi, qualcuno bussò di nuovo alla Porta e questa
volta Tania andò ad aprirla senza coprirsi.
Entrando nella
Stanza sorridendo, la sua amica disse qualche cosa, e dal comodino si prese un
paio di Sigarette.
Non osavo muovermi,
nella mia Vita avevo conosciuto tante belle Donne, ma la vista di quelle due
Veneri, accanto a me, nude e universali, era qualche cosa di veramente
meraviglioso, di buono, di semplice e di lindo.
Io stavo li
incapace di muovermi mentre la sua amica mi guardava, salutandomi in Inglese
poi la ragazza se ne andò scambiando un paio di parole in Russo con Tania che
ridendo chiudeva la porta dietro a lei.
Solo allora mi
accorsi che me ne stavo li, sdraiato sul letto, così come mamma mi aveva fatto
»È bello stare con
te vecchio Orso,« mi disse non appena ritorno a Letto accanto me.
Come la sera
precedente mi si era rannicchiata accanto e aveva
appoggiato la sua testa sul mio petto. Stavamo li, tranquilli e paghi, eppure
come insaziabili Belve fameliche e battagliere già bramavamo la nostra prossima
battaglia, la nostra orgia smaniosa, la nostra prossima comunione.
»Ora mi sento più
sicura, vecchio Orso, ora che tu sei qui con me non ho più paura. Martedì però ritorno
in Russia. Peccato che tu non sia venuto prima avremmo certamente passato delle
belle ore,« mormoro Tania mentre mi si stringeva ancora più vicino, rannicchiandosi,
facendosi nella sua possente forza, piccola, piccola, come se stesse cercando
un rifugio in cui nascondersi.
Sì, Tania aveva
ragione, perché ero rimasto per tutto quel tempo solo a Bordo di una Nave quasi
fantasma che mai più avrebbe ripreso in
Mare?
Avevo passato i
miei giorni cercando con niente di riparare l’impossibile. Avevo perso le mie giornate
riempiendomi di Birra all’Alexandra Bar assieme a Berny che da diverse settimane
ormai aveva preso la micidiale abitudine di prendersi un Metaxa con ogni Birra
che beveva, cosa che ormai lo portava ad una Cassa di Birra e a quasi ad una Bottiglia di Metaxa al Giorno
senza dare segni di stanchezza.
»La vera ragione
per cui non ti cercavo è che la nostra differenza di Età. Sono rimasto solo per
troppi decenni ormai, ho cinquant’anni, oltre il doppio dei tuoi, non credo
nemmeno di essere più capace di iniziare un relazione vera e propria che
indubbiamente comporta tante responsabilità e non solo piaceri e poi avevo
anche la sacrosanta paura di innamorarmi di te; in un caso del genere mi sarei
sentito veramente indifeso e vulnerabile,« risposi un po’ goffamente sperando
che capisca, baciandole i Capelli.
»A volte voi Uomini,
siete come dei bambini, a volte addirittura incredibilmente ingenui e non
capite niente,« rispose lei cercando di rannicchiarsi ancora più vicino a me.
>Ingenui o no
ora ascoltami ben Tania,< -dissi mentre cercavo di pescare una Sigaretta dal
Comodino- >Lunedì Mattina prendo il Volo per Atene e da la per Amsterdam, se
vuoi posso prenotare una Stanza in un Albergo a Chania, e stiamo insieme per
tutta la fine Settimana, tu ritorni a Casa il Martedì, e puoi star in
quell’Albergo, cosa te ne pare, ci stai?< Le chiesi sperando veramente che
accettasse la mia offerta che era nata li, cosi, spontanea mentre la ascoltavo
parlare. Avevo appena finito di parlare che Tania un piccolo gridolino di
sorpresa, come una Gazzella salto giù da Letto e a grandi falcate, comincio a camminare
su e giù per la Stanza. Era molto eccitata, lo si vedeva, parlando in Russo,
quasi danzando, camminava su e giù nella penombra davanti al Letto scandendo
con le dita ogni parola nell’aria. Cielo, quant’era Bella, ormai conoscevo ogni
millimetro di questa Ninfa dell’Olimpo che danzava davanti ai miei occhi.
Questa fanciulla, aggraziata di Vita e franchezza, aveva le capacità di risvegliare anche i Morti, difatti volevo di nuovo
rinchiuderla tra le mie Braccia, stringerla me essere con lei e per lei, essere
un’essenza con lei, per noi, perciò mi alzai e le andai incontro. Mi vide e
sorridendo si fermo davanti al Davanzale della Finestra, sedendosi, >Spasiba
Starij Medwed, staremo insieme fino a Lunedì Mattina.< sussurro tirandomi a
sé, e l’Universo ci assimilo ancora e esplose di mille colori con noi, e solo
per noi.
>Vieni Franco,
portami via, andiamo via da qui, andiamo via da questa Casa,< sussurro dopo
un lungo di estasi.
Avevamo appena
fatto il Bagno e c’eravamo vesti, quando qualcuno busso di nuovo alla Porta.
Questa volta era Hank che sventolava il suo pacchetto di Sigarette ormai vuoto.
>Mi preparo una
borsa e poi ti raggiungo al Bar di Alexandra,< disse sorridendo Tania
spingendomi fuori dalla Porta mentre la baciavo di sfuggita sulla fronte.
Poi mi rivolsi a
Henk porgendogli il mio Pacchetto di Sigarette.
>Vieni Henk,
andiamo a far Colazione, al Bar ti spiegherò tutto,< gli risposi
> Hey, hey, che
cosa sta succedendo?< chiese Hank dopo aver visto la scenetta.
Camminando verso
l’Alexandra Bar gli spiegai cosa intendevo fare e pure lui convenne che era la
cosa migliore che potevo fare.
Al Bar Hemk ordino
due cappuccini e due panini al prosciutto e mentre Stella ci preparava la
colazione, telefonai al nostro agente navale e chiesi alla sua segretaria di
riservarmi una stanza per due persone in un Albergo a Chania e la pregai di
cambiare il mio volo dal Lunedì al Martedì dandolo pure le indicazioni del volo
che volevo prendere.
L’efficiente
Signora non fiatò e dieci minuti dopo mi telefono al Bar dandomi le nuove
direttive di volo e il nome dell’Albergo dove aveva prenotato fino al Martedì
seguente una camera doppia.
>Dimmi la verità
Franco, ritornerai?< Mi chiese Henk dopo che avevamo fatto colazione in
silenzio. La domanda che mi fece così a bruciapelo non mi colse di sorpresa,
anzi me l’aspettavo, e per un momento, prima di rispondergli lo guardai
attentamente. Lo osservai come ordinare due Birre, accendersi una Sigaretta e
guardare pensoso fuori oltre la Strada nel piccolo giardino, dove i primi
Marines in franchigia già sedevano sul prato, e si stavano riempiendo di Birra
e non sapevo cosa pensare di quest’uomo sulla quarantina. Henk era un Olandese,
padre di Famiglia, monarchico, amante della sua Patria e della Famiglia Reale,
ma anche un Contrabbandiere d’armi, e probabile manovale del terrorismo
palestinese. Il miscuglio di Vita civile e Criminalità internazionale in
quest’uomo era veramente esplosivo. Politicamente era neutrale, a lui
interessavano solo soldi e basta. Avrei
dovuto disprezzarlo. Avrei dopo, sapendo che era anche incline a lavorare di
nuovo per tipi come Arafat e Gheddafi nel Mediterraneo, gridarli in faccia
tutta la mia rabbia e il mio sdegno. Questo pero non ero in grado farlo, non
potevo biasimarlo. Non potevo proprio perché ero io quello che cercava in tutti
i modi di riparare la nave, per questo non potevo giudicarlo. Difatti come lui
era la manovalanza dell’alta criminalità internazionale, per lui, il manovale,
il suo manovale, ero io. Dovessi però voler trovare un argomento di difesa a
mio, a suo, a nostro favore, guardandomi i Marines inglesi ubriachi vomitare
gli orrori da loro visti nei Balcani sul prato del giardino di Sousa, ciò non
mi sarebbe stato per niente difficile. Il blocco navale, per me era un crimine
contro l’umanità che aiutava solo i Servi e i serbocroati a massacrare i
Bosniaci. Nel mio credo personale, tutti hanno il diritto di morire
difendendosi con un’arma in pugno, anche i Bosniaci hanno questo diritto.
Solamente i Bambini di questo Mondo erano in grado di dichiararlo colpevole.
Solamente i Bambini del Mondo potevano condannarci. I Bambini della Iugoslavia,
D’Israele, della Palestina quelli dell’Angola o del Mozambico poteva farlo, ma
non solo noi due, bensì tutti noi. Noi cristiani, noi mussulmani, noi di
ponente e noi di levante. Noi prigionieri delle luci delle nostre città, delle
nostre avidità e lussurie, colpevoli sì, ma allo stesso tempo anche vittime,
cacciatori e cacciati, ma soprattutto al disopra di tanta morte e distruzione
inutile, fautori e distruttori della nostra Storia a Cultura e tutto questo
dannazione, mascherato dagli interessi di Stato o ragioni politiche, per pura e
semplice avidità di potere e brama di denaro.
>Non lo so Henk,
personalmente credo che a Rotterdam quando telefonerò una Voce mi dirà che
l’operazione e stata rinviata, vedi mi mandano a Rotterdam a organizzare quello
che potrei benissimo trovare a Creta, qui non siamo nella giungla africana, la
Grecia è una Nazione Marinara, qui trovo tutto quello che mi serve, credo che
si siano accorti che la Nave non è adeguata, e tutti tirino i remi in barca,
non saprei veramente cos’altro pensare.<
>Credi che la
nave potrebbe fare un paio di traversate nel Mediterraneo?< Mi chiese
pensoso.
>Certo, ma solo
con il Mare liscio come l’olio, altrimenti scordatelo, alla prima vera Burrasca
questa si spezza in due,< -risposi con convinzione- >questa nave è
finita, scordatela, < conclusi proprio quando Tania entrò nel Locale ed io
dimenticando Henk e tutti i problemi del Mondo, mi alzai per andarle incontro. Manco
mezz’ora dopo, dopo aver salutato Stella e lasciatole una buona mancia, Henk e
il resto della Banda che nel frattempo erano venuti pure loro al Bar, aver
preso un Taxi fuori dal bar e con Tania andato a Bordo dove in cinque minuti
buttai le mie cose nella mia Borsa e la raggiunsi di nuovo nel Taxi, ci trovavamo
sulla Strada per Chania, verso una bellissima e lunga fine Settimana.
Andandomene via
dalla nave mi accorsi che mi sentivo alleggerito come se qualcuno mi avesse
tolto un macigno dalle Spalle. Certo che mi dispiaceva per Berny che presto
avrebbe visto sfumare il suo sogno di comprarsi a fin ingaggio dei mobili
nuovi. Anche lui però come me aveva già in Tasca il salario degli ultimi tre
mesi e mezzo, e pertanto almeno qualche cosa se la poteva comprare già. Ero
anche sicuro che anche se con molta probabilità ormai il suo Cervello era
annebbiato e un po’ leso dal troppo alcol, prima o poi avrebbe capito in che
pericolo ci eravamo andati a cacciare e all’ultimo minuto scappati fuori per la
cuffia. Il vecchio Taxi ci mise poco più di un quarto d’ora ad arrivare di
fronte all’Hotel Atlantic di Chania. Come se avesse avuto paura di perdermi,
Tania per tutto il tragitto dalla nave all’Hotel, mi si era rannicchiata
accanto sul sedile posteriore del Taxi, aveva appoggiato la sua Testa sulla mia
spalla ed io quasi a rassicurarla le avevo messo un braccio attorno.
Bastò che alla
recezione dicessi il mio Nome e con un “Have a nice stay” una Gentile Signora
tutta sorridente e mi diede la Chiave della nostra Stanza al quarto Piano. La
Stanza si rivelò una piccola Suite dall’aria un po’ umida stagna. Tania con un
gridolino di sorpresa accese subito il Televisore del piccolo salottino e con
il Telecomando cercò un canale musicale, un qualche cosa di musica pop. La
stessa sorte la riservò, tenendo un volume da sottofondo anche al Televisore in
Stanza da letto e subito la piccola ma molto ben arredata e accogliente Suite,
prese a vibrare di Vita. Decisa, senza dire una parola, mentre io mi ero dato
da fare ad aprire un poco le finestre e a mettere in moto il condizionatore climatico
per cambiare l’aria delle due stanze e del bagno, lei aveva disfatto la sua borsa
e riempito l’armadietto del bagno di una miriade di utensili, bottigliette e
flaconcini, lascandomi pero sufficiente spazio libero per il mio rasoio, il
dopobarba, lo spazzolino da denti e il dentifricio. Fu nel bagno che per la
prima volta dopo aver lasciato la nave ci guardammo in faccia e scoppiammo a
ridere come due bambini scappati via da qualche parte dopo aver fatto una
marachella. Tania mi venne tra le braccia e abbracciandomi mi strinse con forza
a se, >ci stiamo comportando come una vecchia coppia di sposi, ora mi sento
ancora più sicura, peccato che tu parta Lunedì,< mormorò sommessa.
>Questa mattina
ha fatto cambiare il mio volo, rimaniamo insieme fino ad Atene, voglio essere
sicuro che tu prenda il tuo volo per ritornare a Casa,< le risposi accarezzando la sua
lunga chioma. Sentina la buona notizia cercò allora di stringermi ancora di più
a sé e per un momento rimanemmo li, nel bel mezzo del bagno, abbracciati senza
dire una parola. Mi accarezzo la guancia di nuovo e senti la mia Barba lunga di
quasi due giorni, >Ora però ti devi radere vecchio orso,< disse ridendo
scivolandomi via dalle braccia e uscendo canticchiando da Bagno.
Un paio di minuti
dopo uscii dal Bagno, e la vidi distesa sul Letto e addormenta, con il
Telecomando del Televisore in mano.
Le poche ore che avevano dormito la notte
passata erano troppo poche, difatti anch’io mi sentivo stanco, quindi chiusi le
Finestre e misi il condizionatore dell’aria solo in ventilazione, spensi i
Televisori, e mi sdraiai vestito pure io, accanto a lei coprendoci con un
leggero copriletto.
Mentre la guardavo dormire per un breve
istante Tania aprì gli occhi; sorridendomi mi si rannicchiò accanto e ci
addormentammo insieme.
Mi svegliai un paio d’ore dopo, e subito
mi accorsi che oltre ad aver fame avevo pure sete, Tania dormiva ancora
tranquilla e manco mi sognai di svegliarla.
Dal Piccolo frigo-bar mi presi un succo
d’arancia e ne bevvi la metà con avidità, poi sedendomi nel piccolo salottino
mi accesi una sigaretta.
Tania si svegliò a sua volta poco dopo
mentre fumando in silenzio ancora incapace di pensare con coerenza.
Avevo la Testa vuota, cercavo di ragionare
ma non riuscivo a coordinate i miei pensieri.
Le esperienze dei Mesi passati, ma
soprattutto le sensazioni delle ultime ore, il tutto mi aveva tolto quasi
brutalmente dal mio habitat mentale, catapultandomi in un Mondo quasi
dimenticato dal quale ero quasi fuggito tanti Anni prima, rifugiandomi come un
esule, tra le onde del mare e nelle budella di una nave.
Mentre l’El Castillo con le sue magnane mi
aveva ricordato non solo che la criminalità armatoriale, ma che anche il
terrorismo internazionale per operare ha indubbiamente bisogno di uomini come
Henk, Tania mi aveva ricordato che al Mondo esistono altri valori che quello
dei soldi e del potere.
Lei si sveglio mentre seduto sulla
poltroncina, la guardavo dormire.
La vide guardarsi in giro spaesata, forse
cercando di ricordarsi dove si trovava, poi mi vive, e balzando sorridendo giù
dal Letto venne a sedersi sulle mie Gambe e prendendo la bottiglia del succo
d’arancio ne bevve avidamente il resto..
»Ho sete e sono contenta di essere qui con
te,« mi sussurrò in un orecchio.
»Ho fame, che ne diresti di andare giù al
porto, ci sono dei bei ristoranti, dove si mangia molto ben, cosa ne dici?« le
chiesi mentre lei accendeva la tv.
»Mi do una piccola rinfrescatina e poi
possiamo andare, anch’io ho fame,« mi rispose alzandosi.
La piccola rinfrescatina di Tania durò un
suonato quarto d’ora, io ci misi due minuti, una lavatina ai denti, un’altra,
stile gatto alla faccia, una spruzzatina di dopo barba e subito dopo, così rinvigorito, mi era pronto a
uscire con lei alla conquista del Mondo.
Lasciandoci semplicemente trascinare dalla
Luci della Città e tenendoci per Mano, c’incamminammo senza fretta verso il
porto. Tania si fermava di fronte a ogni vetrina di negozio, ma in preferenza
davanti a quelli di abbigliamento e di scarpe.
Guardava tutto con calma, mi accorsi anche
che si avvicinava alla vetrata fino a sfiorare con il Naso, quasi volesse
toccare tutto quello che vedeva in mostra dietro il vetro.
Le gioiellerie non le interessavano, e
quando passammo davanti ad un Negozio di abiti da sposa, si fermo come colpita
da un fulmine.
La pressione della sua mano nella mie si
fece più intensa, con gli occhi spalancati rimase per un momento lì, a bocca
aperta, quasi incredula e mentre guardava, affascinata da tutte quelle cascate
di chiffon bianco e di seta, un velo di malinconia si posò sul volto, poi quasi
invisibilmente si scosse, la pressione della sua Mano nella mia si allentò, e
guardandomi sorridendo, mi trascino, davanti ad un'altra vetrina.
Arrivammo al piccolo porto di pescatori
che in vista delle feste Pasquali pulsava di vita come in piena stagione
estiva. Sentivo la gente parlare in Tedesco e le pizzerie erano tutte piene di
turisti affamati.
Trovai un Ristorante non proprio tipo
pizzeria con una bella vetrina ben guarnita con del pesce fresco e deciso, la
pilotai verso uno dei Tavoli posti sotto una bella pergola di piante sempre
verdi.
Il Ristorante era tipico del mediterraneo
a conduzione familiare, gestito dalle donne di casa mentre gli uomini uscivano
la sera per pescare il pesce da vendere l’indomani.
Se non fosse stato per l’ambiente
decorato stile antica Grecia, si potrebbe benissimo aver pensato di essere a
Posillipo, in quel di Napoli.
Tania, dicendomi che le piaceva il pesce,
mi aveva lasciato l’imbarazzo della scelta.
Alla vista di tutto il ben di Dio che il
Locale aveva da offrire, ciò non era cosa da poco e una volta seduti, mi
accinsi a studiare il Menu.
Rimasi con quella che per me, abituato
al Fast-Food olandese, o alla Cucina Portoghese di Paco il cuoco dell’Hotel
Algarve a Rotterdam, era la classica cena mediterranea.
Ordinai pertanto un antipasto a base
d’insalata di polpo e altri frutti di mare, un misto di vongole al sugo di
pomodoro e delle dorate alla griglia.
Sperando di aver combinato bene le
portate, come aperitivo scesi un analcolico, poi mi lasciai consigliare da
Cameriere per un bianco locale, secco e leggero, e ci feci portare pure una
bottiglia di acqua minerale.
»Mi piace essere qui con te,« -disse
Tania guardando sorridente in giro per il locale e poi nel porto che a
quest’ora, proprio perché i piccoli pescherecci erano tutti fuori a pescare,
era quasi vuoto- »qui e molto meglio che a casa mia, dove tutto è così buio e
freddo e gli uomini bevono troppo. Qui i Ristoranti sono ben frequentai e la
gente sembra non avere problemi.«
»Siamo in una cittadina turistica e le
festività pasquali sono alle porte, la maggior parte di questi clienti sono
turisti piovuti dal Nord e sta più che sicura che tutti loro hanno risparmiato
tutto l’Anno pur di passare un paio di giorni di tranquillità lantana dai loro
problemi,« -le spiegai- »domani andremo a mangiare in una piccola osteria
locale, allora vedrai con che semplicità e
genuina naturalezza vive la gente del luogo e il tutto, senza luci
colorate e camerieri in livrea. Un giorno anche a casa tua le cose
miglioreranno e quando ti ricorderai di noi, mi darai ragione, spero veramente
che tu non ritorni più in occidente se non in ferie e, che una volta a casa
riprendi a studiare,« dissi sottovoce.
»Capisco cosa mi vuoi dire, mi stai
dicendo che pur quanto qui da voi si possa avere d tutto, non tutti possono
permetterselo, non è vero?« Annuii in silenzio e la guardai.
Tania stava ora veramente osservando in
giro, con occhi critici e non più curiosi.
»E mi vuoi anche dire che non devo
ritornare, ma rimanere a casa, studiare e magari, sposare il mio amico Andrej e
che la smetta di fare la puttana, non è vero, vecchio orso?«
»Ancora non sei una puttana, però se
ritorni sei persa e questo sarebbe davvero un peccato,« replicai guardandola
negli occhi.
Il cameriere ci porto il vino e gli
aperitivi, terminando per un momento la nostra conversazione, apri la
bottiglia, annuso il tappo, si giro sui due piedi e ritorno scuotendo la Testa
nell’interno del ristorante.
»Perché si riporta via il Vino,« mi
chiese Tania incuriosita.
»Probabilmente il tappo odorava di aceto,
tra poco ritornerà e ce ne porterà un'altra,« risposi invitandola ad assaggiare
l’aperitivo
Il piccolo tavolo dove sedavamo,
s’ingrandì quando il cameriere ritorno spingendo davanti a se un trolley con le
nostre pietanze, c’è lo mise accanto e prendono la nuova bottiglia di vino che
si era portato appresso, la stappò e dopo aver di nuovo annusato il tappo,
sorridente, mi verso una prova d’assaggio nel bicchiere.
Soddisfatto, senza però saper che qualità
di Vino stavo bevendo, lo ringraziai e con un cenno del capo lo invitai a
riempirci i bicchieri.
Mostrandoci ciò che ci aveva portato il
cameriere, si accorse, che ancora non avevamo né posate, né tanto meno piatti,
mormorando un po’ impacciato qualche cosa in Greco, riparti in quarta per
ritornare subito dopo con il resto degli utensili per la Cena.
Fu allora che Tania prese subito in mano
la situazione, ringraziò il cameriere in tedesco e gli fece capire che a
servire ci avrebbe pensato lei.
Resoluta prese il mio piatto e senza
tanti preamboli lo riempi di vongole in umido.
Nella terrina, la c’era tutto quello che
il Mare Nostrum aveva da offrire in merito; tra i frutti di mare trovai anche
dei datteri e pur sapendo che la loro pesca e vendita era proibita, ciò non mi
dispiacque, affatto.
Dopo aver assaggiato la salsa, le feci
notare che quella era molto piccante, per tutta risposta porgendomi il piatto
sorridendo, lei mi rispose che sua nonna era ungherese.
Era un vero piacere osservarla mangiare,
sembrava elettrizzata, gioiosa e rilassata allo stesso tempo.
Ormai non era più la giovane ragazza
animatrice di Bar che passava le serate con i Marines della Nato in
franchigia.
Assolutamente no, Tania emanava un non so
che di spensierata fiducia e sicurezza e si comportava come tutte le giovani
donne di questo mondo che si sentono sicure e protette.
Così, mentre io quasi mi saziavo in lei
nel vederla mangiare serena, non era neanche arrivato alla metà del mio Piatto,
lei si stava con buona lena servendo ancora una volta.
»Queste,« disse pescando furtiva e
sorridente un dattero dal mio piatto- »mi piacciono più di tutte.«
Golosamente si pesco fuori tutti i
datteri dal mio piatto e quelli nella Terrina e se li mangio tutti.
»Dawai starij medwed, mangia ancora
qualche cosa, altrimenti questa Notte mi muori,« - mi disse guardandomi con
quel suoi occhi e quello sguardo capaci di resuscitare Lazzaro.
Battei accondiscendo in silenzio le mie
mani e poi riempi di nuovo i nostri bicchieri con il buon vinello bianco che il
cameriere ci aveva consigliato.
»Vedi di non ritornare mai più da queste
parti Tania, non farci uno sgarbo simile sei troppo preziosa per perderti,« le
mormorai dopo aver bevuto.
»Sei veramente in pensiero per me non è
vero Franco?«
»Martedì voglio vederti su quel volo per
casa tua e spero proprio che tu non ritorni più se non in Ferie,« risposi con
fermezza.
»Andrej non saprà mai la vera ragione
perché mi potrà sposare cosi presto, la vera ragione sei tu Franco, sei stato
tu a convincermi, il mio periodo selvaggio finisce con te, a casa voglio solo
studiare avere una famiglia ed essere madre,« mi rassicuro con convinzione.
»Allora lo choc con un vecchio orso come
me è servito a qualche cosa,« le risposi raggiante.
Manco avevo finito di parlare che Tania
prendendomi attraverso il Tavolo per entrambe le mani, sollevando indietro il
capo con quella sua chioma che come una cascata d’oro le guarniva la Testa,
scoppio in una fragorosa risata cosi sincera e cristallina che tutti i clienti
sulla veranda del locale si voltarono diverti ad ammirare quella giovane Donna
che poteva ridere in un modo spontaneo e sereno.
Alla fine, della nostra prima serata,
verso le Undici avevamo bevuto tre bottiglie di Vino, diversi Espresso con un
buon Brandy Metaxa e prendemmo un Taxi per ritornare in Albergo.
Volevamo solo starse soli, lontani dal
mondo e dalla gente.
»Voglio essere tua, anche se staremo
insieme solo per soli pochi giorni, Franco non ti dimenticherò mai,« mi disse
Tania mentre dopo un lungo Bagno, mi abbracciava nel nostro letto, e la Notte
ci separò dal resto del Umanità e dal Mondo rendendoci invulnerabili al male.
L’indomani dopo una lunga e
tranquilla colazione nel ristorante dell’albergo, uscimmo poco prima di
mezzogiorno.
La bella giornata, con un cielo terso
e un venticello tiepido che soffiava dal Mare, ci invogliava a uscire, a
esplorare quest’antica Città la cui storia risaliva ai tempi della magna
Grecia.
Andando verso il porto, in una
bancarella avevo comprato un piccolo mazzo di fiori per la segretaria della nostra
agenzia marittima.
Volevo così ringraziarla per la sua
cooperazione dei mesi passati e vedere cosa l’agente ne pensava di questa nuova
evoluzione attorno all’El Castillo.
Il caso ci risparmiò la ripida Strada
verso l’agenzia, difatti passammo davanti ad un Caffè Bar, proprio mentre
l’agente stava uscendo: »Buongiorno Chief,« -mi saluto, vedendomi¬-» oggi
volevo telefonarle in Albergo, avrei bisogno di parlare con lei, me lo concede
un minuto di tempo?« mi spiego mentre con un cenno del capo salutava anche
Tania.
Tania ricambiò il saluto e dicendomi
che voleva scegliersi un paio di cartoline ci lascio soli mentre ci sedevamo a
uno dei Tavolini sulla piccola terrazza del Bar.
»Se fosse al mio posto, come si comporterebbe,
cosa ne farebbe lei della nave Chief,« mi chiese così a bruciapelo come era suo
solito parlare.
»Aspetterei,«
-risposi con calma- »rimarrei seduto nel mio Ufficio ad aspettare. Questa nave
non può più andare da nessuna parte se non in un Cantiere di demolizione.
Grazie ai nuovi Certificati di Navigazione, che un incosciente e corrotto
Ispettore di Classificazione navale a Cabo Verde ha rilasciato in nome della
Llyoid’s Register of Shipping, organizzerei, dopo averla ben assicurata, un
unico viaggio. La manderai a Kavallas, la ingaggerei con qualcuno per il
trasporto di blocchi di Marmo da qualche parte nell’Europa settentrionale e la
spedirei diritta in fondo al mare nostrum o meglio ancora dell’Atlantico. Voi
greci siete maestri in questo, sicuramente lei conosce un buon P&I e un
altrettanto capace assicuratore navale. A bordo basta un forte calcio nello
scafo dalla stiva per aprire una falla e l’equipaggio, avrebbe pure tutto il
tempo del mondo per abbandonare la nave e andare nella scialuppa di
salvataggio. Tenendosi a debita distanza dalla nave che affonda, l’equipaggio
potrebbe scattare pure delle belle foto ricordo, da mostrare a casa,« risposi
ridendo sornione.
»Quanto sarebbe disposto a pagare per
una nave del genere,< mi chiese ancora l’agente, implacabile, quasi
inquisitorio.
»Venticinquemila dollari sarebbero
quasi cinque di troppo, penso però che non pagherei un centesimo di più. La
nave da lì ora non può muoversi. A Rotterdam mi diranno che L’Operazione è
stata cancellata e per quanto ne abbia capito, l’equipaggio attuale si sta
accorgendo che la nave è troppo malandata, quando le sue spese d’agenzia hanno
raggiunto una certa somma, ci metta la mano sopra e la nave è sua,« risposi,
mentre Tania si stava sedendo accanto a me- »prenda questi fiori per cortesia,
li volevo dare alla sua gentile segretaria per ringraziarla della sua efficace
cooperazione, glieli dia lei, mi risparmia cosi la ripida scala Strada fino al
suo ufficio,« gli dissi poi sorridendo.
L’agente prese in consegna il mazzo
di fiori e lasciando qualche Dracma sul Tavolo, ci salutò e s’incammino con
passo spedito verso il suo Ufficio.
Mentre Tania scriveva le sue
cartoline, un cameriere usci dal locale e venne al nostro tavolo e cosi, mentre
lei scriveva, gli chiesi di portarci una Birra per me e un succo d’arancia per
lei.
Andammo poco dopo in giro per la
Città, così senza meta, guardando le Vetrine e la Gente per Strada e alla fine
trovai ciò che veramente cercavo.
»Cosa voliamo qui?« Mi chiese Tania sorpresa
quando la pillottai dentro un Negozio di abbigliamento femminile.
»Trovare qualche cosa di bello per
te, cosa preferisci, un vestito o una combinazione jeans,« domandai sorridendo.
»Jeans,« -mi rispose Tania mentre raggiante si
guardava in giro- » i vestiti me li so cucire da sola,«
Sapeva esattamente quello che voleva
e quando la vidi uscire dalla Cabina di prova in una combinazione di Jeans e
giacca bianca, rimasi di stucco.
»Per belle ragazze come te una combinazione simile non basta,« -dissi
con ammirazione e, senza indugi, le scelsi altre due, una gialla e una rossa, e
gliele porsi- »le tre sono in accordo tra loro e ti staranno bene,« le dissi
porgendole i capi.
Tania per tutta risposta, sfavillante
di felicità mi diede un bacio su di una guancia, emise un grazioso e gioioso
gridolino di sorpresa, s’impossessò dei jeans e sparì nella Cabina per
provarli.
Uscimmo dal Negozio con due borse per
mano, dove avevano trovato posto oltre alle combinazioni di Jeans, anche tre
camicette e un paio di scarpe italiane a mezzi tacchi e ci incamminammo verso
il nostro Albergo, non senza aver prima però, aver preso un altro aperitivo in
un Bar.
Sarei rimasto ancora un poco in quel
Bar, magari mentre Tania si sarebbe presa un altro analcolico, io avrei bevuto
un’altra Birra e forse un'altra ancora, ma lei era impaziente e decisa a
riprovare i nuovi vestiti e così rientrammo subito in Albergo, dove Tania
riprovò tutto un'altra volta, combinando i vari pezzi e colori.
Ci mise quais un ora, provò e riprovò
tutte le varie combinazioni possibili, con le camicette e con delle magliette
nuove, con quelle che aveva, con le scarpe nuove e con quelle vecchie, cambio e
ricambio tutte le combinazioni possibili e immaginabile, alla fine paga del
risultato, mi si sedette in grembo, con solo gli slip di pizzo rosso addosso e
paga della sua piccola rassegna di Moda, si accese una sigaretta.
»A casa dovrò stare molto attenta che
mia sorella non mi freghi tutto, lei ha due Anni meno di me, e quando si mette
in testa di volere qualche cosa, sa diventare una vera strega, ancora peggiore
che un mal di Denti. Prima la farò andare un po’ in bestia, poi le lascerò
usare i jeans rossi, che vanno benissimo con i suoi capelli e le sue
lentiggini, così che sembrerà un vero e proprio gamberetto,-mi spiegò ridendo-
solo le scarpe, quelle se le deve scordare,« aggiunse baciandomi furtiva sulla
guancia.
I pochi giorni che passammo insieme
volarono, via come in un sogno.
Andavamo in giro per la Città,
mangiavamo nel nostro piccolo ristorante al porto, la portai pure a mangiare
nella piccola Osteria di pescatori, ma le ore passavano sempre troppo veloci.
Quella Domenica mattina poi Tania mi
sorprese e di non poco dicendomi che dovevamo andare in Chiesa e quando lei
ricordai che erano appena le nove del Mattino e le chiesi che cosa ci andavamo
a fare in Chiesa, decisa mi tirò giù dal Letto ricordandomi che era Domenica e
per questo dovevamo andare a Messa.
Così quel dì sui banchi di una Chiesa
Greco-Ortodossa, una Donna Russo-Ortodossa e un marittimo Cristiano si
trovarono riuniti in Preghiera.
»Però non chiedermi anche di andare a
confessarmi,« le sussurrai in un orecchio, lei per tutta risposta mi rifilo una
piccola gomitata nelle costole e io stetti zitto.
Quel giorno pranzammo nel Ristorante
dell’Albergo, che stando al menù esposto nell’ascensore e in Camera prometteva
una buna cucina e non furono per niente delusi.
Solamente verso Sera uscimmo
nuovamente a cena nel porto, ma rientrammo subito dopo in Albergo.
Eravamo insaziabili di noi e non
potevamo stare a lungo l’uno senza l’altra.
Eravamo insaziabili e mai appagati di
noi stessi e questo stato di libera ebrezza ci rendeva quasi selvaggi e schiavi
‘uno dell’altra.
Il nostro ultimo giorno insieme, per
me cominciò con un piccolo choc, svegliandomi versi le nove del mattino,
dovetti pensare un momento per ricordarmi dove mi trovavo.
Tania non c’era, accanto a me, al suo
posto, ben in vista c’era un foglio di carta, dove Tania mi spiegava che era
andata a Sousa a prendere la sua Valigia e che sarebbe ritornata prima di
mezzogiorno.
Ritornò verso mezzodì proprio quando
uscivo dal bagno dopo una doccia veloce, lei mise la Valigia in angolo, appese
fuori dalla Porta in cartellino, “non disturbare” e mi venne tra le braccia,
»I tuoi amici di Bordo ti salutano e
sperano che tu ritorni presto, oggi però non andiamo da nessuna parte, ci
facciamo portare il Pranzo in Camera e staremo insieme tutto il giorno a Casa,«
mi sussurrò, stringendosi ame.
Verso sera tardi ordinai al
Ristorante dell’Albergo due Pizze e una bottiglia di Vino.
L’ultima serata insieme la passammo
così, tranquilli come fratello e sorella. I pochi giorni che avevo potuto
passare con lei mi sembravano quasi fiabeschi.
Ero consapevole che le nostre Strade
si sarebbero divise, che dovevano separarsi, mi rammaricava però il fatto di
non avere la forza di fermare il tempo e di tenerla ancora con me almeno per un
altro poco, volesse il cielo un solo giorno ancora, magari solo un’ora forse,
ma il caso ci aveva uniti e ora la Vita ci separava.
Quando l’indomani mattina prima di
andare all’Aeroporto in Albergo, alla recezione mi accinsi a pagare il mio conto, mi dissero che l’agente
avrebbe provveduto a saldarlo e che ci augurava un buon Viaggio.
Poco prima in Camera avevo messo in
una Busta 500 Marchi, Tania non li voleva, ma li prese con una lacrima negli
occhi solo quando le spiegai che quei soldi erano per il suo abito nuziale.
Il volo per Atene fu corto e tranquillo
e appena arrivati l’accompagnai subito al Controllo Passaporti, dove il nostro
addio, quasi avessimo paura entrambi, di non volerci lasciarci andare, fu
semplice, veloce e sbrigativo,
»Non ti dimenticherò mai vecchio
Orso,« mi sussurrò Tania in un orecchio mentre mi abbracciava per l’ultima
volta
»Nemmeno io ti dimenticherò Tania,«
-le risposi, baciandola su di una guancia. » neanche ti dimenticherò finche
campo,« aggiunsi non proprio sicuro della mia voce.
L’ultima cosa che vidi di lei era la
sua chioma che si perdeva tra la Folla. Quella era Tania, la mia Tania che con
passo sicuro andava incontro a nuova Vita dove non ci sarebbe stato più posto
per Mama-san, o per vecchi orsi come me.
Il mio Volo per Amsterdam parti poche
ore dopo, e mi sembrò durare un’eternità.
Mi sentivo vuoto, senza linfa, ben
sapendo che stavo di nuovo andando incontro a un incerto futuro mi sentivo
quasi spento e volevo solo richiudermi in un Bar e non pensare.
Quella Sera a Rotterdam dopo una
piccola capatina dal mio amico Kelly nel suo Bar “´La Grotte” mi rintanai di
bon ora, dopo una frugale cena nel bar dell’Hotel Algarve, nella mia Camera, mi
sentivo stanco e frastornato, volevo solo dormire e non pensare più a nulla.
Tania mi aveva veramente scosso, mi
aveva ricordato che al Mondo esistevano altre cose che mari e navi, altri valori, altre sensazioni e molto più
profonde di una fottuta nave.
Senza di lei mi
sentivo quasi indifeso e a disagio, prima di addormentarmi le augurai ancora
una volta tutto il bene del Mondo e mi assopii.
L’indomani mattina, come pensavo,
quando telefonai al numero datomi, una voce, la stessa che mi aveva chiamato
mesi prima nell’Albergo all’Aeroporto di Amsterdam, mi disse che l’operazione
era stata cancellata e salutando, interruppe la comunicazione.
Incazzato, andai nell’Ufficio
Internazionale di Ingaggi Marittimi per chiedere al bravo Signor Jan se per
caso stesse dando i numeri e avesse saputo dove diavolo mi aveva mandato.
Cadendo dalle nuvole, quello si prese
degli appunti, fece un paio di telefonate e dopo avermi assicurato che nemmeno
se lo sarebbe immaginata una cosa del genere, mi assicurò che i suoi superiori
avrebbero trasmesso la questione a chi di dovere, poi, dicendomi che l’imbarco
sarebbe avvenuto tra una decina di giorni, mi propose subito un'altra nave.
Volevo rientrare a Bremen, invece
accettai la Motonave Condor assaporando già la prossima avventura.
Il Parco in quella giornata di Sole
era già tutto in fiore, lungo la lunga Torre che lo sovrastava qualcuno aveva
scritto “For as long as it Last” e questo mi sembrò di buon auspicio; così
allungai il passo, attraversai il parco veloce, me ne andai al “La Grotte”, dove,
assieme a una delle tante Karla o Nicole, o agli angeli della notte di Kelly,
volevo attendere la mia prossima nave.
PS: Non è stato
certo facile fare in poche pagine il riassunto del capitolo di trenta Pagine
dedicato a Tania, che nella versione originale e in lingua tedesca, è più
scorrevole e armonioso. Volevo solo darvi un’idea delle situazioni che a volte
deve affrontare un marittimo quando è mandato in giro come carne da macello
nelle cloache del Mondo, composte di persone cosi dette civili, dotte e per
bene, dove, per uscirne asciutto e polito dalle loro congiure, deve contare
solo sulle sue capacità e determinazione; non tutti sono stati fortunati come
me e sono tornati indietro per raccontare, non tutti c’è l’hanno fatta.
La Condor poi mi
fece quasi cadere dalla padella nella brace, ma questa naturalmente è un'altra
Storia.
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