Noi abbiamo il
dovere di aiutare e di dare rifugio ai
profughi, che sicuramente un giorno vorranno ritornare a casa loro.
Dopo le porcate
americane, francesi e inglesi nel Mediterraneo perpetrate con il silenzioso
beneplacito della Cancelliera Merkel, è arrivato il momento che L’Italia chiuda
i suoi Porti marittimi a tutte le navi con fuggiaschi afro –arabi e magrebini a
bordo.
Il criminale metodo parrocchiale della delinquenza politica
italiana che ora trova il suo Zenit con la nomina di un losco figuro come
Alfano a Ministro degli Esteri, deve terminare.
Il compito dei
Pendolari e delle Comari d’Italia è ora quello
di saper scegliere i giusti politici alla guida del nostro Paese.
L'unico problema italiano è che politici con
la stoffa di Uomini di Stato in Italia non ne vedo.
Vedo solo
individui più o meno equivoci e ambigui, abili tessitori di intrighi e
mascalzonate varie che di questa misera tratta esseri umani ne hanno fatto una
fonte di guadagno.
La delinquenza
politica italiana attualmente al potere non sarà mai in grado di affrontare la
criminalità politica internazionale che
ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero e che attualmente è solo capace
di riempire l'Italia di delinquenti afro -arabi, magrebini e slavi.
Questo lo può e
lo deve fare la popolazione italiana, eliminando tutta la melma politica e
partitocratica italiana.
Altro modo per
risanare l’Italia ai Pendolari e alle Comari D’Italia non è dato di avere.
Corrono voci che
dietro a tutto questo traffico e tratta di schiavi ci sia anche un criminoso e
disumano traffico di organi umani da trapiantato.
Queste gridi si fanno sempre più insistenti e se conformati, dimostrano quanto
abbietti siano certi politici e organizzazioni di rastrellamento fuggiaschi
africani lungo le coste libiche.
Questo articolo
che riporto l’ho preso da qualche parte, non ricordo dove ma se confermato, be’
allora penso che l’iniquità umana abbia raggiunto un punto ben più
raccapricciante degli esperimenti del Dottor Mengele durante il Terzo Reich.
Come funziona il business del traffico d'organi dei
migranti
settembre 19, 2016 | 2:30 pm
Sugli smartphone dei migranti sbarcati sulle coste italiane non è difficile
trovare foto drammatiche, che documentano un viaggio fatto di soprusi,
privazioni e violenze.
Più raccapriccianti ancora sono le immagini diffuse da alcuni migranti sopravvissuti alla
traversata in cui si vedono i cadaveri di adulti e bambini, solcati lungo tutto
il torso da cuciture improvvisate, con i volti insanguinati.
Sono una delle tante testimonianze di quello che "assomiglia sempre di
più a film dell'orrore," le conseguenze del traffico di organi praticato
dalle bande criminali che gestiscono la tratta di esseri umani in nord Africa.
Le testimonianze raccontano di reni, fegati, cornee e cuori estratti da
persone più o meno anestetizzate, spesso inconsapevoli, per rivenderli poi sul
mercato nero degli organi — destinati ai cittadini dei paesi più ricchi, come
Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita. Un giro d'affari globale che, secondo le stime della fondazione Global
Financial Integrity riportate da Repubblica, frutta ai gruppi criminali
fino a 1,4 miliardi di dollari l'anno.
Non sono nuove le segnalazioni di traffico d'organi che arrivano da persone
passate dal nord Africa. È dal 2009 che don Mussie Zerai, presidente dell'agenzia
Habeshia, raccoglie le testimonianze di migranti arrivati in Italia passando dai
paesi in cui agiscono i trafficanti.
Stando ai racconti, in un primo momento l'ipotesi dell'espianto degli
organi viene usata come una minaccia: i migranti vengono sequestrati e viene
chiesto un riscatto a loro o ai familiari che vivono in Europa, Stati Uniti e
Canada, pena l'espianto degli organi in caso di mancato pagamento del riscatto.
La zona in cui i trafficanti hanno avuto per anni libertà di azione è
quella del Sinai, al confine tra Egitto e Israele. Nelle sabbie del deserto
sono stati ritrovati numerosi cadaveri di migranti, provenienti soprattutto da
Sudan, Etiopia ed Eritrea, spesso privi degli organi vitali e con delle vistose
cicatrici.
"Testimoni raccontano che medici compiacenti venivano con dei camper
attrezzati come ambulatori," spiega don Zerai a VICE News. "Lì
facevano l'intervento, prelevavano gli organi, le persone venivano ricucite
alla bell'e meglio e abbandonate, e nessuno si preoccupava se sopravvivessero o
meno."
Stando alle testimonianze, i trafficanti arrivavano a chiedere anche 30.000
o 60.000 dollari come riscatto, e spesso il pagamento di queste ingenti somme
di denaro non era sufficiente a garantire la salvezza e la libertà dei
migranti.
"Alcune persone venivano vendute ad altri trafficanti, altri venivano
comunque uccisi," dice don Zerai.
A partire dal 2011, grazie alle denunce fatte al governo egiziano da
diverse organizzazioni che si occupano del traffico di migranti, una serie di
operazioni ha contribuito a smantellare le reti di trafficanti che operavano
nel Sinai, contribuendo a ridurre gli episodi di espianto di organi.
Ma stando ad alcune recenti testimonianze, sembra che queste pratiche siano
state esportate in Libia.
Una prima importante segnalazione di traffico di organi arriva da Palermo,
dove Nuredin Atta Wehabrebi, il primo trafficante divenuto collaboratore di
giustizia in Italia, ha raccontato agli investigatori di questa pratica
raccapricciante.
"Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno
effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare," avrebbe raccontato Wehabrebi agli inquirenti.
"Mi è stato raccontato che queste persone vengono consegnate a degli
egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per
una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani vengono
attrezzati per espiantare l'organo e trasportarlo in borse termiche."
Wehabrebi non sarebbe quindi stato coinvolto in prima persona nel traffico
di organi, ma la sua testimonianza è ritenuta attendibile dalla Procura di
Palermo in quanto l'uomo era in stretto contatto con alcuni tra i più
importanti trafficanti della rete che opera in Libia, e in particolare con
Ermias Ghermay e Fitiwi Abdrurazak che gli avrebbero riferito queste informazioni.
"L'attendibilità [di Wehabrebi] nasce dal fatto che era uno dei capi
dell'organizzazione dei trafficanti, e fin dal 1998 era stato in Libia,"
ha spiegato a luglio durante una conferenza stampa Maurizio Scalia, Procuratore
aggiunto di Palermo. "Coabitava con uno dei quattro principali trafficanti
che agiscono a Tripoli e Bengasi, cioè Abdrurazak, eritreo. Ha parlato anche di
Ermias, tuttora latitante, come uno dei principali trafficanti."
Rimane tuttavia difficile ottenere una conferma tangibile del traffico di
organi, "anche in considerazione del fatto che questa attività, ove
venisse svolta, è avvenuta in territorio libico durante il percorso dalla zona
Sub-sahariana fino alla Libia," ha specificato Scalia.
Certo è che le dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia alle
autorità italiane ha portato, a luglio scorso, all'arresto di 38 persone
accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina, di esercizio abusivo dell'attività di
intermediazione finanziaria e di associazione per delinquere finalizzata al
traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere
transnazionale dell'organizzazione criminale — rendendo Wehabrebi perlomeno un
teste credibile.
Un'ulteriore riscontro è stato fornito nelle scorse settimane da un medico
milanese, Paolo Calgaro, che lavora nel pronto soccorso dell'Ospedale San Carlo
Borromeo.
Calgaro ha scritto in una lettera pubblicata dal quotidiano Avvenire che l'11 agosto ha
visitato nel pronto soccorso dell'ospedale un uomo di 42 anni con passaporto
sudanese, portato in ospedale dai gestori di un centro di accoglienza per
migranti in transito.
I membri dell'associazione pensavano che fosse polmonite, ma quando il
medico ha iniziato a effettuare la visita si è accorto di una cicatrice sul
fianco sinistro dell'uomo.
Il sudanese ha allora raccontato a Calgaro di essere stato segregato in
Libia dai trafficanti, e che "16 mesi fa è stato condotto in un isolato
ambulatorio per eseguire prelievi ematici. Ma si è svegliato due giorni dopo
con quella dolorosa ferita chirurgica sul fianco e la spiegazione che gli era
stato prelevato, senza alcun consenso, il rene sinistro per darlo a un amico
del padrone."
Il medico, che si è definito incredulo, ha quindi disposto un esame
radiologico, che ha confermato il racconto del migrante. Avvenire ha
constatato che l'uomo era davvero stato ospite del centro di accoglienza per
transitanti, ma nel frattempo del sudanese si sono perse le tracce.
Questa è forse la testimonianza più forte di quanto sembra stia accadendo
ai migranti in Libia, un ulteriore orrore a cui sono sottoposti coloro che
tentano il viaggio verso l'Europa.
"Noi non abbiamo avuto notizie di queste persone sottoposte in Libia,
almeno fino al 2015-2016, questa novità la stiamo apprendendo adesso,"
spiega don Zerai. "Però sicuramente dopo lo smantellamento [delle reti di
trafficanti] del Sinai, so che molti di questi trafficanti si sono spostati
verso il sud dell'Egitto e si sono infiltrati nel territorio libico, per cui
potrebbe essere che quelli che lo facevano nel Sinai hanno iniziato a farlo in
Libia, questo non mi stupisce," aggiunge.
Sicuramente, se confermati, i drammatici racconti dei migranti che hanno
visto adulti e bambini morire a causa di questa pratica vanno ad aggiungersi a
una serie infinita di soprusi - violenze, stupri, rapimenti, ricatti - già
denunciati da ONG e associazioni.
"Questo ulteriore elemento," commenta Riccardo Noury, portavoce
di Amnesty International in Italia, "conferma un quadro complessivo di
trattamento inumano da parte della catena del traffico che parte dal centro
dell'Africa, arriva fino alle coste libiche e lì trova il suo picco di
cattiveria e brutalità."
Il suo auspicio è che da parte di Amnesty International parta una ricerca
più approfondita e specifica sul traffico d'organi in nord Africa, fenomeno su
cui la ONG non si è ancora dedicata per mancanza di forze e risorse.
Secondo Noury, c'è bisogno di un intervento politico per cercare di
affrontare la piaga del traffico d'organi, con un'evoluzione delle politiche
immigratorie in favore di canali sicuri perché migranti e rifugiati possano
raggiungere l'Europa.
"Dobbiamo avere delle politiche in tema di immigrazione che tolgano il
destino e la vita e l'incolumità fisica di centinaia di migliaia di persone
dalle mani della criminalità organizzata," dice a VICE News. "È
evidente che fino a quando persone saranno costrette a stare nella precarietà
più assoluta senza aiuti umanitari o a mettere la loro vita nelle mani di bande
criminali, queste cose continueranno."
Sull'importanza di un'azione politica di contrasto al fenomeno è concordo
don Zerai, che dopo anni di sollecitazioni alle istituzioni - dal Parlamento
Italiano, a quello europeo, all'Interpol - chiede uno sforzo diplomatico da
parte dei governi occidentali per fare pressione sui paesi in cui i trafficanti
sono liberi di agire.
"È la politica che deve fare qualcosa, perché la magistratura ha una
giurisdizione limitata," spiega a VICE News. "Bisogna seguire il
flusso di denaro, si deve partire da lì, dai soldi che partono da Europa, Stati
Uniti e Canada per pagare il riscatto dei sequestrati, per arrivare poi ai veri
mandanti criminali. In questo senso non è che sia stato fatto molto: c'è stato
qualche arresto qua e là, però la lotta da fare è molto lunga."
Tempo fa, in
uno dei tanti Talk Show televisivi sentivo un politico bavarese dire che
solamente in Germania sono spariti 50mila aspirati allo statuto di rifugiati
politici in prevalenza minorenni o giovani uomini di sana e forte costituzione,
Anche in Italia
si parla di decine di migliaia di fuggiaschi, soprattutto minorenni che mancano
all’appello.
Questi
“deesaparecidois” non posso essere tutti terroristi dormienti.
Nessun commento:
Posta un commento