giovedì 16 agosto 2012

INCOSCIENTI STATE UCCIDENDO L'ITALIA.

The killing of Italy.

I disastri ambientali, tutti, hanno una sola matrice: l'incoscienza e un solo traguardo Il guadagno senza scrupoli.
La mancanza di scrupoli in Italia e alimentata e agevolata dalla corruzione e dalla quasi certezza della non pena, in poche parole: la quasi certezza che tutto sia insabbiato e di farla franca.
Nella gran parte dei casi, se non in tutti, in Italia le cose si insabbiano e la Gente muore in silenzio come nella Campania Felix e a Taranto, o soffre, si ammala e forse anche di conseguenza muore, come a Monopoli in Provincia di Bari.
Viene spontaneo di chiedersi: Perchè sempre nel Meridione Italiano?
Ancora non ho deciso se pubblicare il Monoscritto dove spiego gli eventi che portarono il Termovalorizzatore dell'Ital Green Energy di Monopoli(Bari a essere lo sgorbio tecnico inquinante che almeno fino al 2010, posso dimostrare che era.
Tengo anche a precisare che fui io ad accendere per la prina volta quella caldaia.
Questa è la testimonianza di un Made in Italy che non dovrebbe esistere ma c'è sostenuto da corruzione, incapacita tecniche e manageriali e menefreghismo  questo micidiale cocktail di cose non permetterà mai all'Italia di progredire veramente.
È mia convinzione che un Italia così non si alzerà mai in piedi, striscierà,  arrancherà avanti trascinata dagli altri, ma non potra mai camminare spedita con le sue gambe.



Sequestrato impianto di emissione

La Repubblica — 15 giugno 2006   pagina 6   sezione: BARI

«L' impianto per l' emissione dei fumi era stato modificato rispetto al progetto approvato dagli organismi di controllo. C' erano tubazioni aggiuntive poste all' interno del circuito di scarico, tali teoricamente da consentire l' immissione diretta dei gas nell' ambiente, aggirando i filtri». Sulla base di queste motivazioni - rimandate al mittente dai diretti interessati - i carabinieri del Nucleo operativo ecologico hanno posto sotto sequestro preventivo un eco-impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse e da rifiuti biologici, la centrale della Ital green energy srl del gruppo Casa olearia italiana spa, struttura di 15mila metri quadrati a Baione di Monopoli. L' impianto, in attesa di altri accertamenti tecnici e di ulteriori verifiche, per ora continua a funzionare. è stata concessa la «facoltà d' uso», legata al rispetto delle prescrizioni date ai responsabili. L' indagine conclusa con il blitz e con i sigilli, spiega il tenente Gennario Badolati, è stata avviata sulla base di un allarme lanciato dall' Anppana, associazione con compiti di polizia ecozoofila. Secondo gli 007 dell' ambiente, la eco-centrale creava «un alto tasso di inquinamento prodotto dall' emissione di ceneri, polveri e fumi di provenienza incerta». Così i militari sono andati a vedere. Quando si sono presentati, l' impianto non era in funzione. Ma aveva qualche tubo "anomalo" posticcio, che non figurava nei disegni originali e nei nulla osta. Così è scattato il sequestro cautelativo. E al responsabile della gestione della centrale, rimasta aperta, è stata contestata la violazione del nuovissimo codice ambientale, per le varianti non autorizzate al circuito di scarico dei gas. Un comunicato della Ital green energy srl, confermando che l' impianto resta in marcia, precisa che la eco-centrale «ha ottenuto recentemente la certificazione Iso 14001», in una strategia di «impegno per il continuo miglioramento delle prestazioni ambientali». Tutte le analisi, quelle di routine e quelle periodiche, «sono a completa disposizione delle autorità». Per produrre corrente elettrica, immessa sulla rete ordinaria, l' eco-centrale utilizza scarti della lavorazione del legno non trattato, legname ricavato dalla manutenzione del verde urbano, sansa vergine derivata dalla lavorazione delle olive nei frantoi e sansa esausta eliminata dagli oleifici. In particolare, sfrutta i residui di lavorazione della Casa olearia spa, ciò che in due raffinerie rimane di 800 tonnellate al giorno di olio grezzo di oliva e di semi. Secondo le schede di costruzione, i biocombustibili alimentano una caldaia a griglia mobile e il vapore prodotto aziona le pale di una turbina: l' impianto così fatto dovrebbe immettere nell' aria solo vapore acqueo.


CAMERA DEI DEPUTATI.

Allegato B

Seduta n. 298 dell'11/3/2010

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Ital Green Energy s.p.a. sita a Monopoli (Bari), è uno stabilimento di produzione energetica composto da un impianto a biomasse solide (sansa di olive disoleata) e da altri impianti a biomasse liquide (oli vegetali);
lo stabilimento è capace di produrre circa 300 milioni di chilowatt/h annui di energia;
a quanto risulta all'interrogante la struttura è stata autorizzata senza la VIA così come previsto dalla normativa regionale per gli impianti di potenza inferiore a 1 MW;
recenti studi nazionali ed internazionali sull'impatto ambientale e sulla salute dell'uomo, frutto della letteratura scientifica stimolata dal crescente interesse nell'uso di biomasse a scopo energetico, hanno suggerito un approccio precauzionale verso tali impianti, in quanto oltre le emissioni di inquinanti convenzionali come l'ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto, il procedimento di combustione di biomasse genera polveri sottili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, e diossine;
da una recente intervista pubblicata sul sito internet www.monopolitube.it risulta che il signor Franco Parpaiola, tecnico meccanico di grandi impianti, in occasione del collaudo della caldaia della centrale di Monopoli, riscontrò un alto grado di incompetenza non solo nel personale Siemens inviato alla centrale dalla Ital Green Energy, ma anche nei dirigenti della società, conseguentemente, a suo avviso, ciò portò «alla costruzione di un impianto menomato e nato male in partenza»;
in particolare, il modo di lavorare - sottolinea Parpaiola nell'intervista - fu «a dir poco pericoloso per il buon funzionamento di tutto il sistema». L'impianto non era dotato di una centralina di prelievo né di analisi dei fumi di scarico, ciononostante fu attivato;
Parpaiola inoltre invita ad indagare sulla provenienza del biocombustibile utilizzato, sulla qualità e sulla sicurezza ambientale umana delle biomasse, ma soprattutto, a controllare la presenza di combustibili contenenti sostanze nocive come l'amianto, infatti pare che siano stati visti nella notte giungere camion il cui contenuto non farebbe pensare al trasporto di oli vegetali;
all'interrogante inoltre risulta che secondo la documentazione in possesso dell'ARPA Puglia, come da protocollo n. 0004376 del 29 gennaio 2010 «Il sistema di monitoraggio in continuo dell'impianto a biomasse solide della Ital Green Energy rileva i seguenti inquinanti: acido cloridico, monossido di carbonio, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, acido fluoridrico, COT e polveri»;
dai prelievi effettuati direttamente dalla società Ital Green Energy e secondo quanto comunicato all'Arpa, nell'aprile-maggio 2009 «emerge una criticità relativa ai valori di monossido di carbonio emessi dall'impianto (...) che sono risultati, in diversi casi, superiori al limite prescritto»;
all'interrogante tuttavia risulta che la società Ital Green Energy abbia monitorato solo l'emissione in atmosfera delle polveri sottili, ma non avrebbe effettuato il controllo dell'emissione di policlorodibenzodiossine e di policlorodibenzofurani, sostanze cancerogene per l'uomo derivanti dal processo di combustione -:
se non si ritenga opportuno chiarire anche per il tramite di un'ispezione del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente se sussistano dei rischi alla salute dei cittadini e di chi vi lavora, e se le emissioni della centrale a biomasse Ital Green Energy s.p.a. di Monopoli, considerata l'inadeguatezza strutturale dell'impianto, così come descritto in premessa, possano determinare un'azione inquinante sul territorio e l'ambiente circostante.
(5-02643)

www.monopolitube.it

Novità sul Termovalorizzatore di Monopoli-Bari. Inedite rivelazioni di Franco Parpaiola, conduttore della caldaia Ital Green

Qualche settimana fa, con due nostri articoli, avevamo introdotto la questione della centrale a biomasse della Ital Green Energy srl a Monopoli. Quali i rischi per la popolazione? Quale la verità?
Abbiamo deciso di vederci chiaro, avviando un’inchiesta, che è ancora in corso.
Nel corso dell’inchiesta abbiamo conosciuto Franco Parpaiola, un italiano emigrato in Germania, che all’epoca collaudò la caldaia della nuova centrale a biomasse di Monopoli. Abbiamo deciso di intervistarlo. Le sue rivelazioni, in molti aspetti sconcertanti, introducono nuovi interrogativi che potranno costituire spunto di riflessione per l’analisi di un problema mai affrontato dalla stampa locale e nazionale.
Nonostante l’intervista sia lunga, abbiamo ritenuto opportuno non tagliare nulla. Di seguito l’intervista. Seguiranno altri articoli di approfondimento e di analisi dell’intervista.

Dottor Franco Parpaiola può presentarsi ai nostri lettori e parlarci della sua esperienza in merito all’impianto di centrali a biomasse?

“Buongiorno Monopoli, non sono un dottore bensì un marittimo, ora pensionato, un ex direttore di macchina della Marina Mercantile Tedesca, friulano di nascita, emigrato in Germania nel 1958 dove feci anche i miei studi tecnico-navali con i soldi ricavati sgozzando arringhe nel Mare del Nord e merluzzi oltre il Circolo Polare Artico tra la Groenlandia ed il Labrador.
Vivo in Germania a Brema ed ho 70 anni suonati.
In linea di massima devo dire che tutti gli impianti di centrali a biomasse, se costruiti secondo i dovuti criteri tecnici, sono poco inquinanti.
A ragion veduta tengo anche a precisare che  “il non inquinamento” di un qualsiasi impianto inizia sempre nel sacchetto di rifiuti di casa nostra e precisamente con la raccolta differenziata. E’ proprio dentro quei sacchetti che comincia il “non inquinamento” di una centrale a biomasse.
Le centrali a biomasse esistono in tutte le grandi città (in talune metropoli ne troviamo anche più d’una) e il loro tasso d’inquinamento ambientale è pressoché nullo.
Di centrali del genere ne misi in funzione diverse, anche in Germania.”



Nei suoi interventi in merito alla centrale a biomasse della Ital Green Energy sita in Monopoli afferma che “…i tecnici della Siemens con l’impianto di Monopoli si sono comportati in modo barbaro e disumano, senza alcun ritegno e rispetto per niente e per nessuno, questa io non l’ho perdonata”. Cosa intendeva dire con questa affermazione?

Secondo le mie esperienze maturate durante un’intera vita lavorativa nel campo della tecnica meccanica di grandi impianti sia mobili (navi) sia stabili (come le centrali a biomasse) ed avendo anche operato con tecnici di tutto il mondo, anche nelle ricerche petrolifere, nel Mare del Nord, Golfo del Messico, nonché in Nigeria, posso tranquillamente affermare che, in base a queste mie esperienze, i tecnici tedeschi sono tra i più preparati del mondo e specialmente quelli provenienti da grandi aziende internazionali come la Siemens.
Questo non lo riscontrai invece nel personale Siemens inviato alla centrale a biomasse della Ital Green Energy di Monopoli. Incontrai purtroppo in prevalenza una banda di mezzi principianti dai capelli bianchi, più dedita al largo consumo della birra, che alla giusta costruzione della centrale.
Questi signori lasciavano discrezionalità in merito ai lavori di costruzione dell’impianto stesso agli operai delle ditte subappaltatrici;  tutti capaci e provetti specialisti, ma non tecnicamente preparati a prendere decisioni di logistica di costruzione per quel tipo di impianti.
Ciò portò, nel caso della Ital Green Energy di Monopoli, alla costruzione di un impianto menomato e nato male in partenza. Durante il mio periodo di messa in funzione dovetti scaricare qualche centinaio di tonnellate d’acqua per via dell’alta contaminazione dovuta a sostanze chimiche non tossiche, ma nocive alla parte acqua/vapore della caldaia e alla turbina del gruppo elettrogeno dell’impianto. Trovai diversi sacchi di juta contenenti materiale assorbente per l’assorbimento dell’umidità in spazzi ferrosi chiusi, come il degassatore dell’acqua, e dopo ulteriori ricerche,  mattoni, ghiaia, sabbia, tavoloni da impalcatura e mozziconi di elettrodi da saldature il cui rivestimento si era sciolto nell’acqua della caldaia, e addirittura un’intera impalcatura con tanto di cavalletti in una cisterna adibita a raccolta dell’acqua della caldaia stessa.
Questo modo di lavorare è a dir poco criminale ed alquanto pericoloso per il buon funzionamento di tutto il sistema.
Buon per il personale Siemens poi che “i miei ragazzi” di allora non capivano il tedesco. 
Fu dopo la sfuriata che feci loro, chiedendo che si riferissero al personale della Casa Olearia Italiana con più rispetto ed educazione, che le cose cambiarono in meglio.
Cosa il personale Siemens diceva del “personale con il colletto bianco” non mi interessava affatto, anche perché il tedesco che era in me la pensava come loro.

E’ molto critico nei confronti dei dirigenti tecnici della Ital Green Energy srl. Perché?

Lo sono perché a mio avviso erano all’epoca una banda di incompetenti con il colletto bianco avventuratisi in un campo a loro del tutto sconosciuto senza mettere un “cane da guardia” vicino ai tecnici Siemens.
I tecnici della Siemens, non appena si accorsero di aver a che fare con una banda di principianti, “Greehorns”, li presero per i capelli e li trascinarono dall’altra parte della scrivania. Il risultato di tutto questo è lo sgorbio tecnico che si può ammirare  in via Baione 46, nella zona industriale della vostra bella città.
Da tutto questo, già nel 2005, scaturì un manoscritto in tedesco che intendo pubblicare.
In modo quasi cronologico descrivo in prima persona non solo i guai e i danni fatti dai “tecnici” Siemens all’impianto ma anche l’alto grado d’incompetenza dei dirigenti Ital Green, diretti responsabili dell’impianto stesso.

La realizzazione dell’impianto non è stata assoggettata ad alcuna procedura di V.I.A. (valutazione d’impatto ambientale). Secondo lei fu una giusta decisione? Questo tipo di centrali comporta rischi per la salute dei cittadini?

La valutazione d’impatto ambientale è una lama a doppio taglio.
Se con questa si intende intralciare l’industrializzazione di intere regioni, estremamente bisognose di posti di lavoro,  per non deturpare il paesaggio, è un problema.
Sono convinto che questi problemi vanno risolti sobriamente in loco, valutandone i vantaggi per la regione e gli svantaggi per l’ambiente.
Il tecnico in me dice che a suo tempo fu sbagliato impedire ad Ital Green Energy  di costruire un bruciatore di rifiuti domestici poiché quel bruciatore avrebbe potuto benissimo smaltire tutti i rifiuti urbani del napoletano.
Alla seconda parte della vostra domanda credo di aver già risposto in partenza dicendo che il buon funzionamento di un impianto e il suo impatto sull’ambiente, ma soprattutto con la salute dei cittadini stessi, parte sempre dal sacchetto di rifiuti di casa nostra, inteso come raccolta differenziata ed intelligente.

Lei afferma che : “a quel tempo non esistevano dei dati di emissione perché ancora non avevano deciso dove piazzare la centralina di prelievo; tuttavia avevano ugualmente l'autorizzazione a procedere,  anche  senza saper cosa immettevano nell’atmosfera”. Può spiegarci meglio?

“Vede, in questo campo, durante le operazioni di prova, i conduttori della caldaia ed altri aggregati, come da accordi stabiliti nei contratti di joint venture tra le ditte costruttrici ed i vari fornitori, per motivi assicurativi costituiscono ditta a sé. In pratica lavorano in proprio e sono assicurati privatamente nel caso di eventuali errori umani per un massimale di 1,5 milioni di euro. Difatti se qualcosa va male il conduttore della caldaia si trova con un piede nel cantiere e con l’altro in galera o, dipende dall’entità e gravità di un eventuale incidente, al cimitero.
Come si può facilmente comprendere, in questi casi, fino ad avvenuta consegna dell’impianto,  la responsabilità giuridica è tutta dell’operatore della caldaia; non della Siemens, quale responsabile dell’impianto, e neppure della Wehrle, quale fornitrice della caldaia.
Quando, prima di accendere la caldaia chiesi alla Siemens del perché l’impianto non aveva una centralina di prelievo e analisi dei fumi di scarico mi risposero in coro che in Italia non era previsto nessun controllo durante la fase di prova e collaudo dell’impianto. Questo mi fu giurato e spergiurato anche dal “manager” tecnico dell’Ital Green Energy stesso che, come fu riferito in seguito da più parti, sembra sia  un provetto perito agrario. La mia convinzione “formato tedesco” che in Italia tutto è possibile mi spinse a creder loro e così accesi la dannata caldaia.
Tre mesi dopo, accortomi che in fondo stavo combattendo contro il  dinosauro Siemens e contro l’incompetenza dei dirigenti operativi Ital Green Energy, constatata la precarietà dell’impianto gettai la spugna e, dopo aver incrementato il consumo della birra al bar La Nave, alla Pizzeria del Gallo Nero, da Marino e la sua cara signora Giovanna al Bar Roma nonché al KiKi, me ne ritornai al paesello, qui a Brema.

I cittadini monopolitani si lamentano per i cattivi odori che pervadono la città durante alcune lavorazioni della centrale. A cosa è dovuto secondo lei? Cosa brucia in città?

I cittadini di Monopoli hanno tutte le ragioni di questo mondo per farlo. I cattivi e nauseabondi odori provengono in gran parte dalla sansa usata durante la stagione delle olive per alimentare la fornace della caldaia. Se si sente anche puzza di olio bruciato e di patate o pesce fritto, questo con tutta probabilità viene dai motori diesel che bruciano biodiesel. State attenti che quasi certamente vi stanno bruciando anche l’olio per fare il ragù delle orecchiette domenicali.
A mio avviso i veri guai per Monopoli e dintorni incominciano dopo la stagione delle olive, ovvero quando la sansa è finita. Se mi ricordo bene, la fornace dell’impianto di Monopoli richiede un’ottantina di tonnellate di biomasse al dì (qui potrei anche sbagliare confondendomi con il consumo di altri impianti, ma non di molto).
Tutto questo materiale non piove dal cielo e pertanto deve essere reperito sul mercato. Per darvi un idea di cosa può consumare un impianto a biomasse vi racconterò un aneddoto molto significativo.
Un giorno in Baviera lasciai le briglie sciolte e feci andare al massimo l’impianto che stavo conducendo. Dopo 18 ore di servizio ininterrotto al 100% dovetti rallentare perché non solo avevo quasi svuotato il bunker della biomassa ma anche gli autotreni facevano fatica a rifornirci adeguatamente.
L’indomani mi dissero che in 18 ore avevo consumato il 75 % dell’intera produzione giornaliera bavarese di biomassa per bruciatori.
Avete capito cosa intendo dirvi?
Chiamiamola pure la “guerra dei rifiuti”. Pensate per un momento all’oro di Napoli e quanto è costato al Bel Paese quella farsa. L’impianto di Monopoli avrebbe potuto benissimo smaltire il tutto, senza sé e senza ma. Intendo questo tipo di guerra.
Bene, dato che non credo che il biocombustibile per la caldaia di Monopoli piovi da cielo, penso che dovreste investigare sulla provenienza, ma sopratutto sulla qualità e sicurezza ambientale e umana delle biomasse e controllare che non ci siano combustibili contenenti amianto, ad esempio.
Sin dai primi giorni della mia presenza presso l’impianto dell’ Ital Green Energy, conoscendo cosa si cela dietro la raccolta di biomasse,  chiesi al “manager” tecnico che tipo di combustibile pensava di usare e dove intendeva trovarlo.
Mi sentii rispondere che, a parte la sansa durante la stagione delle olive e dato che in Puglia e dintorni il mercato delle biomasse era irrisorio, intendeva far venire via mare tutto il combustibile necessario, probabilmente dalle foreste subtropicali brasiliane.
Quel giorno definii un pazzo quello scellerato perito agrario, trasformatosi da agricoltore specializzato a manager tecnico di un termovalorizzatore, in una metamorfosi che può verificarsi solo in Italia.
State attenti, quella biomassa conterrà senz’altro insetti nocivi all’agricoltura locale che porterebbero danni irreparabili e costosissimi a tutto il bacino del Mare Nostrum e non solo al tavoliere delle Puglie.
Gli insetti si posso sterminare a bordo fumigando debitamente il carico ma le larve no!

Cosa intende quando afferma che : “La criminalità in questo campo è tremenda e non  si accorgono che si stanno ammazzando da soli, e con loro noi e tutto il pianeta, basta far soldi”?

Oltre a quanto riferito, per criminalità intendo la sfrenata corsa al guadagno momentaneo, senza badare alle conseguenze e l’impatto sull’ambiente ma soprattutto alla salute della popolazione, non solo a quella già nata, ma soprattutto a quella ancora da venire.
Lo ripeto un’altra volta. Il bruciatore di Monopoli non trova biomasse a sufficienza per essere operativo a 360° tutto l’anno, 24h al giorno.
Il costo dei due bruciatori a gas della potenza di 5 MW con i quali l’impianto potrebbe funzionare proibisce di per se l’uso del gas metano come combustibile a lungo termine.
E’ vostro dovere controllare la provenienza del combustibile e state molto attenti all’amianto e ad alte sostanze nocive poiché vi è il rischio di morire di tumore.
Vorrei concludere con un cordiale saluto ai “miei” ragazzi di allora, augurando loro ogni bene. Spero veramente che qualcuno di loro abbia imparato l’inglese, aprendosi così nel campo della conduzione di grandi impianti altri lidi e possibilità di lavoro e di carriera.
Non è da tutti partire da zero ed assumersi la responsabilità di un impianto in linea di prova e collaudo, come un termovalorizzatore.  Loro hanno dimostrato di avere la stoffa  per poterlo fare.
In bocca al lupo ragazzi!   cont.

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