IMO number: 9041162
Name of
ship: ALBEDO (since 01/10/2009)
Call Sign: 9MDS9
MMSI: 533049200
Gross
tonnage: 10859 (since 01/10/2008)
DWT: 15566
Type of
ship: Container Ship (during 1993)
Year of
build: 1993
Flag: Malaysia (since 01/10/2009)
Status of
ship: In Service/Commission (since 03/03/1993)
Last update : 16/04/2013.
La Motonave Albedo
rapita dai pirati nel Novembre del 2010 a circa 1000 miglia marine a est di Mogadiscio
è affondata all’ancora della cosata somala Domenica scorsa durante una
burrasca.
Dei ventitré
membri dell’equipaggio formato da Pakistani, iraniani e dello Sri Lanka non si
anno notizie e sono stati dichiarati per dispersi, assieme a alcuni pirati che
si trovavano a Bordo..
Sembra che la MN
Albedo sia anche stata usata di pirati come Nave- appoggio durante le
scorribande nell’oceano Indiano.
Sembra anche che
ogni tentativo da parte dell’armatore di riscattare la Nave sia stato sempre
vano.
Dobbiamo partire,
se vogliamo parlare della pirateria navale somala, dai prosperi banchi di pesce
che fino a diversi anni fa popolavano le acque territoriali Somale, e
considerare come pescherecci di mezzo mondo si dedicarono in quelle acque alla
pesca di frodo.
Quando si parla
di pirateria navale che iniziò dapprima dalla costa somala per poi estendersi
su una gran fetta dell’oceano Indiano, fino a ben oltre 1000 miglia dalla
Somalia. non si deve mai perderlo d'occhio questo fatto fondamentale, mai.
Per capire la logica
dei pirati somali, bisogna immaginare i bagliori della mafia sicula contro gli
stranieri, paragonarla pure ai Carbonari nostrani, oppure ai Vietcong, solo che
la pirateria somala non nacque per combattere oppressori stranieri.
La Pirateria
Somala non è paragonabile a un’associazione di giovani patrioti per la Libertà,
come la Giovane Italia del Mazzini, tanto per dirne una, anche se il Mazzini
non fosse certo né Santo né un eroe.
La pirateria non
ha statuto o codice d’onore, né tanto meno è stata studiata a tavolino da
qualche irredento o soggiogato da Forza straniera .
Furono invece la
miseria più nera e la fame, che spinse i pescatori somali a unirsi per dar la
caccia ai pescherecci delle Flotte mondiali che stavano distruggendo i loro
banchi di pesca e loro unica fonte di vita sicura.
La pirateria
navale somala nacque come conseguenza della pesca di frodo, delle flotte di
pescherecci mondiali, è da lì, nacque la pirateria navale Somala, è imparziale
ricordare quei fatti, com’è giusto, e soprattutto doveroso, parlarne con
serenità.
Si calcola che la
quantità di pesce pescato abusivamente nelle acque territoriali somale
ammontasse nei Mesi di punta a oltre 30 milioni di Euro mensili.
Tutto questo
scempio era possibile solo perché la Somalia travagliata da guerre interne, non
aveva nessuna struttura marinara e nemmeno l’ombra di una Guardia Costiera che
potesse tener testa ai pescherecci d’altura di mezzo mondo.
Pure diversi
pescherecci italiani, davanti alle spiagge somale, non curanti degli accordi
internazionali che vietano la Pesca da parte di unità navali straniere nelle
acque territoriali di una Nazione, pescavano in sostanza di frodo ai danni dei
piccoli pescatori somali.
Provate ora a
pensare cosa succederebbe se un peschereccio giapponese pescasse il tonno nello
Stretto di Messina e guardate cosa gli capiterebbe.
Pertanto, mentre
in quegli anni i somali dalle loro spiagge vedevano le Navi Fabbrica di mezzo
mondo rubare loro i pesci, rendendo la loro uscita in mare con le loro barchette
e scialuppe da pesca, in mezzo a quei mastodonti del mare, vana e molto
pericolosa, le loro famiglie pativano la fame.
Fu allora che i
pescatori somali si armarono e cominciarono a giocare a fare Robin Hood, andando
nel loro mare a prendersi i loro pesci che i pescherecci stranieri stavano loro
rubando.
Senza che nessuno
lo avesse mai neanche lontanamente previsto, così, alla chetichella, e solo per
fame e disperazione, nacque la Pirateria navale Somala, che oggi guadagna
milioni di dollari e dà filo da torcere, su barchette e carrette marine, a una
flotta agguerrita e ultramoderna come quella impiegata nell’Operazione Navale
NATO, soprannominata, “Atalanta”.
Il volume di
soldi che girano è pazzesco, se poi a quei soldi ci aggiungiamo i costi
dell’operazione di protezione Navale NATO Atalanta, il tutto diventa quasi
incalcolabile e imprevedibile.
Lo stress fisico
e mentale degli equipaggi poi, non certo addestrati a far fronte psichicamente
a questo tipo di angustie, è senz’altro tremendo, e state più che sicuri che la
gran parte di loro entra in uno stato di apatia mentale e torpore corporeo,
dove il cervello scollega tutti i sensi e li lascia solo vegetare schermandoli,
come un condannato a Morte sul Patibolo, dalla realtà del presente.
Le paure per gli
equipaggi arriveranno dopo, a casa o su di un'altra Nave in situazioni
analoghe, non sul momento.
Una nave tedesca
rapita presentava quattordici membri d’equipaggio, il Comandante indonesiano e
tredici filippini, mi è difficile pertanto capire perché il contribuente
europeo deve finanziare un’operazione navale “Atalanta” per proteggere navi di
Armatori europei ma sotto Bandiera di convenienza, con manco l’ombra di un
europeo a Bordo.
Sarebbe davvero
interessante scoprire, poiché tutti gli armatori piangono sempre il Morto e i
loro Libri Mastri sono in perenne rosso, da dove vengono i soldi per il
riscatto.
Degli equipaggi,
diciamolo pure, agli Armatori interessa ben poco, loro rivogliono la nave
perché i noleggiatori vogliono la loro merce e la vogliono subito, le assicurazioni,
i P&I (Protection and Indemnity) vogliono risolvere la questione al più
presto e l’Armatore paga, in contanti, sul luogo, e non attraverso le Banche.
L’organizzazione
per pagare il riscatto è perfetta, i soldi sono gettati con paracadute in mare
in un punto prestabilito dagli emissari dei pirati, che per scopi “umanitari”
fanno da tramite, tra i somali e gli Armatori.
Gli involucri
stagni contenti il riscatto, sono raccolti in mare dall’equipaggio di una
scialuppa che li porta a Terra.
In questo preciso
momento comincia il mio odio verso i Pirati, che nasce dal semplice fatto che
ormai con tutti i milioni di Dollari in riscatto, già pagati, la fame e la
miseria, le malattie e l’analfabetismo in Somalia dovrebbero essere già spariti
da un pezzo e invece ci sono ancora.
La spiegazione è
semplice: ora la Pirateria Somala è sfuggita di mano ai pescatori affamati di
decenni fa e sono diventati la manovalanza di un’organizzazione criminale
internazionale, con ramificazioni nelle Banche dell’aerea mussulmana e
africana.
I Pirati non
hanno una logistica marittima propria che li porta in un determinato punto ad
attendere una determinata Nave, quelli escono in mare, scelgono la preda, come
leoni nella savana e cercano di abbordare, se non ci riescono, abbandonano la
preda, la lasciano andare e se ne cercano un'altra, si comportano insomma proprio
come i predatori delle Savana ai quali non importa se predano una Zebra o un
Bufalo o una Gazzella, anche per loro vige il detto: basta che se magni, non vi
pare?
A tutto Dicembre
2010 sono ventisei le navi rapite con un totale di 617 persone d’equipaggio che
sono ancora in mano ai Pirati.
L’Anno scorso le navi rapite furono quarantasette,
i rapimenti tentati e sventati, riportati e schedati furono 218.
Negli anni, nel
complesso è stato pagato un riscatto per oltre 300 navi, ora calcoliamo, circa dieci
milioni di media per nave e arriviamo a tre miliardi di dollari, se invece
diamo credo ad altre fonti, parliamo di un totale di 500 Navi e si arriva a cinque
miliardi, mentre in Somalia continuano a morire di fame.
Di fame, non
muoiono invece, i veri pirati, le vere canaglie, cioè gli aguzzini dei pescatori corsari, che
siedono alle Nazioni Unite, e che maneggiano dal retroscena, questo turpe
business internazionale e inaspettata pioggia di dollari.
Lo stesso vale
per i pirati nigeriani sul Delta del Fiume Niger, per quelli del Camerun e
quelli veramente crudeli e assassini, cioè gli asiatici dell’Indonesia e malaysiani.
Almeno la
pirateria del Corno d’Africa si potrebbe quasi eliminare, circumnavigando il
Continente africano, ma ciò costerebbe troppo e l’economia egizia che dipende
in gran parte dagli introiti del Canale di Suez, ne risentirebbe, castigando
così anche chi non ha nessuna colpa in merito.
Nessun commento:
Posta un commento