sabato 13 febbraio 2021

GERDA

 Brano tratto dal mio libro: La Motonave El Castillo.

  • Herausgeber : Independently published (2. Februar 2019)
  • Sprache : Italienisch
  • Taschenbuch : 577 Seiten
  • ISBN-10 : 1795553065
  • ISBN-13 : 978-1795553063
Amazoin

Gerda,

…. m’incamminai verso il parco dall’altra parte della strada che a quell’ora, a parte un paio di giardinieri al lavoro nelle aiuole, era ancora deserto.

»Gli olandesi sono dei veri maestri giardinieri.« Pensai vedendoli piantare dei bulbi di tulipano nella terra appena dissodata e odorante di fresco.

Questa parte di Rotterdam, la conoscevo molto bene, sulla stessa strada pochi anni prima si trovava la Casa del Marinaio della Missione Marittima Tedesca e un poco più in là c’era il Bar La Grotte, del mio vecchio amico greco Kelly che senza mezzi termini era il miglior Bar del quartiere.

Una decina di anni prima fui proprio io il suo primo cliente e da allora, la nostra era diventata una vera e propria amicizia.

Kelly era anche quello che in questi tempi mi sosteneva finanziariamente e finché non trovavo un nuovo ingaggio, nel suo locale non dovevo nemmeno pagare il conto, era lì nel suo Bar che volevo attendere l’ora di andare al Novotel a incontrare l’Armatore.

Durante il boom del petrolio nel Mare del Nord, i pozzi per estrazione del grezzo e del gas germogliavano come funghi nei boschi, a quei tempi da Rotterdam passavano ogni giorno centinaia di uomini.

In gran parte si trattava manodopera spagnola e portoghese impiegata nei rimorchiatori o nelle navi supporto oppure come saldatori sulle chiatte posatubi americane.

Nel quartiere, diverse agenzie marittime  avevano aperto i loro uffici e il lavoro non mancava a nessuno.

Spesso succedeva anche che interi equipaggi erano ingaggiati direttamente dai banchi della birra nei Bar dove anche l’oste s’intascava la sua paghetta di procacciatore d’ingaggi.

Come d’incanto, un bel giorno tutto fini come nei film del Far West dove all’improvviso, dal nulla nascono interi paesi di ricercatori d’oro per poi svuotarsi all’improvviso; non appena la vena dell’oro si è esaurita e così proprio per mancanza di marittimi  anche la Casa del Marinaio tedesca aveva chiuso i suoi battenti.

 L’edificio era stato affittato da un consorzio di ruffiani che ne aveva fatto un esclusivo bordello di lusso che però, dopo poche settimane dovette chiudere i battenti, per mancanza di clienti.

I pochi locali ancora aperti tiravano avanti alla meno peggio e anche Kelly aveva drasticamente ridotto il suo personale.

Delle sei ragazze animatrici che un tempo anche durante il giorno; invogliavano i clienti a bere ora ne erano rimaste solo tre durante la sera e una sola, durante il giorno.

Una delle ragazze che alle undici del mattino apriva il locale era la mia vecchia amica Gerda: uno schianto di Donna sulla quarantina.

Gerda lavorava già da una decina d’anni con Kelly e noi due andavano molto d’accordo.

Nelle ultime settimane avevamo passato interi pomeriggi a parlare del più e del meno, lei mi raccontava di sé e dei suoi due bambini già grandicelli e di quanta fortuna avessero avuto a non essere a casa quel giorno, quando un aereo dell’El Al cadde sul loro caseggiato, nei paraggi dell’aeroporto di Schipool, distruggendo anche il loro appartamento.

Anche quel mattino verso le undici entrai nel locale e come sempre lei mi saluto ponendomi una tazza di caffè fumante sotto il naso e dandomi la busta con i duecento fiorini che Kelly già da quattro Settimane; mi faceva pervenire ogni Lunedi mattina.

Quel mattino però mi accorsi che con lei qualche cosa non andava, la vedevo seria e pensosa e per niente in vena di ameni e spensierati discorsi.

La osservai in silenzio mentre mi preparava il caffè, presi la busta con i soldi che mi porgeva e la misi nella tasca della giacca e continuando a osservarla, mi accesi una sigaretta.

La guardai in silenzio per diversi minuti poi, però m’incuriosii.

»Forza Gerda dimmi che diavolo ti succede, questa mattina ti vedo troppo seria e pensosa.« Le chiesi così a bruciapelo.

Lei mi guardò, ma ebbi la netta sensazione che guardasse attraverso me e la sua faccia sconsolata che sembrava come scolpita nel marmo,  mi ricordò la Pieta di Michelangelo.

Gerda era una gran bella donna e cara amica mia e mi dispiaceva immensamente vederla triste.

La sua impeccabile chioma bionda che come una cascata dorata le incorniciava la faccia dai chiari lineamenti giovanili che mostrava solo una leggera spolveratina di cipria, le dava un non so che di mistico e pulito.

»Niente di speciale, « -sussurro sommessa, - »sono solo in pensiero per il mio uomo.« Non disse altro e continuò a guardarmi e fissare un punto nell’infinito.

Attesi ancora qualche attimo. »Dai Gerda dimmi che cosa c’è che non va con Dieter.« Chiesi un poco allarmato.

Dieter era un mio ex collega, lo conoscevo già dalla Germania perché a suo tempo, prima di frequentare la scuola tecnico-navale a Cuxhaven eravamo imbarcati sullo stesso peschereccio e avevamo anche compiuto assieme, il tirocinio per-scolastico per Macchinisti Navali.

A Rotterdam, dopo aver conosciuto Gerda, proprio lì nel locale del nostro amico Kelly, Dieter aveva smesso di navigare e aveva, sperando un giorno di aprire una ditta di taxi per conto suo, iniziato a fare il taxista.

»Dai su, non farmi stare sulle spine; è forse ammalto, deve andare in Ospedale, che diamine vi succede, parla perdio? « Le intimai perentorio.

»Ach wo, Dieter sta benissimo, il fatto e che ultimamente pensa solo a lavorare e a dormire. Hai capito? È già una Settimana che il tuo caro amico Dieter non mi monta più. « Sbotto lei tutto un fiato.

Risi; la mia risata, fece tremare il locale, ma era una risata liberatoria, di sollievo perché il mio amico non era ammalato, non certo per prendere in giro Gerda.

»Smettila di ridere o ti rompo una bottiglia intesta, cretino, ma dove siamo, il mio uomo già da una Settimana non mi tocca più e il mio miglior amico mi sta prendendo in giro.?

Ringhiò Gerda sgranando i suoi begli occhi verdi.

»Dieter e sicuramente stanco, tu stessa l’altro giorno mi dicesti che sta lavorando come uno schiavo per rilevare la licenza di un suo collega che presto andrà in pensione. Smettila di darti pensiero, Dieter non è il tipo di andare a donne, ti vuole un bene da matti e nemmeno se lo sogna di andare con un'altra.«

»Hai ragione,« -rispose lei tutta raggiante- »il mio Dieter non va con altre donne e questa sera ha tre giorni liberi. Questa sera preparerò una bella cenetta e quando i bambini saranno andati a letto, accenderò una candela e aprirò una buona bottiglia di vino, sono sicura che passeremo una bella serata.« Aggiunse poi tutta raggiante.

»Sono contento per te, Gerda, ma ti consiglio di non esagerare, perché vedi,« -le spiegai con far da saputello- »una buona cena, rende sonnolenti e se Dieter mangia troppo, poi si mette a dormire e tu ti devi bere in vino tinto da sola. Prepara piuttosto una cenetta leggera a base d’insalata e sedano; sembra che il tutto abbia un potere afrodisiaco portentoso.« Le risposi sorridente.

»Franco! Smettila, ma guarda un po’ tu che roba, con voi due a poco impazzisco. Il mio uomo non mi guarda da una Settimana e tu mi prendi in giro, « -inveì lei cercando di non ridere a sua volta- »dimmi piuttosto se hai trovato un ingaggio.« Chiese cambiando il discorso.

»Credo proprio di sì,« -risposi- »proprio questa mattina mi è stata proposta una nave, l’ingaggio è solo a tempo determinato per tre Mesi, ma almeno potrei uscire da questo circolo vizioso. Questo pomeriggio all tre devo essere al Novotel a Schiedam, dove incontrerò l’armatore; mi sapresti dire quale tram devo prendere per arrivare a Schiedamm.«

»Prendi il Tram numero Uno, proprio qui davanti al locale, alla fermata di Schiedam scendi, il Novotel è proprio dall’altra parete della strada.« Rispose indicandomi la fermata del Tram oltre la scarpata.

Come ogni mattina, parlammo tranquillamente di questo e di quello, fumando diverse sigarette e sorseggiando il nostro caffè e proprio quando erano quasi le tre del pomeriggio e stavo per andarmene; con un mazzo di fiori in mano; il mio amico Dieter entrò nel bar.

»Vi saluto gente, siete stati bravi e avete inquinato il mondo con le vostre sigarette?« Ci chiese ridendo mentre con un gridolino di sorpresa Gerda, tutta splendente e radiosa; usciva da dietro il banco e gli correva incontro sorridendo.

»Sono per me questi bei fiori?« Chiese Gerda mentre lo abbracciava.

»Per chi altro tesoro, per Franco no di certo, lui da me accetta solo birra.« Rispose Dieter chiudendola tra le sue braccia.

»Ora nemmeno una birra, devo andare via, ciao a voi due, a più tardi.« Dissi incamminandomi verso l’uscita.

I due erano troppo impegnati a sbaciucchiarsi per rispondermi, cosi, discretamente levai le tende e me ne andai.

Il tragitto alla fermata del tram a Schiedam durò circa quindici minuti, cosicché alle quindici in punto, ero in portineria dell’albergo a spiegare che avevo un appuntamento con una persona della quale non conoscevo il nome, ne avevo mai visto prima.

Sentendo il mio nome, la ragazza dietro il banco mi disse che una Signora aveva telefonato poco prima e nominandomi, aveva lasciato dire che il mio appuntamento si sarebbe ritardato di una ventina di minuti e che m’invitava a sedermi al bar e bere una birra a spese dell’armatore.

»Bene, grazie, dov’è il bar. « Chiesi alla graziosa ragazza.

»Proprio qui accanto, la prima porta a destra, have a nice day Sir.« Mi rispose la giovane con uno smagliante sorriso.

Il bar dell’albergo era in vero stile americano, con un bel banco tirato a lucido e comodi seggioli di pelle rossa.  Sedendomi, presi dalla tasca del mio Blazer le sigarette e l’accendino e al barista impeccabilmente vestito con pantaloni blu, camicia bianca, farfalla nera e un gilè rosso, che mi salutava; ordinai una birra alla spina.

Questa storia cominciava veramente a incuriosirmi.

Ero anche un poco preoccupato e proprio a causa di tutti questi mezzi segreti mi chiedevo con chi avevo a che fare.

Avrebbe pagato senza far problemi?

Chi era questo sconosciuto armatore che non voleva far saper né il suo, né il nome della sua ditta?

Di che nave si trattava e come mai a bordo non aveva personale in grado di riparare la baracca?

Queste domande mi frullavano il cervello quando poco dopo, un distinto signore sulla quarantina, impeccabilmente vestito di grigio e con una valigetta portadocumenti in mano entrò nel bar.

»In portineria mi hanno detto che Lei è il Signor Parpaiola. Buongiorno Chief io sono il Comandante della nave in questione. « Disse lo sconosciuto senza presentarsi.

Comunque, la mia prima impressione dell’uomo fu che, più che con un Comandante di una nave mercantile in avaria, avevo a che fare con un faccendiere o qualche cosa di simile.

Volevo alzarmi per salutarlo, ma lui mi blocco al volo.

»Rimanga per favore seduto Chief, purtroppo non ho molto tempo a disposizione, in strada c'è una macchina che mi attende e vado molto di fretta. «Disse il mio interlocutore e senza preamboli venne subito al sodo.

Aprì la sua valigetta e mi mise in mano il piano generale di una nave di appena ottocento tonnellate di carico.

»Scheiße, son di nuovo nella merda.« Pensai, quando scorrendo velocemente i dati della nave, mi resi conto che avevo a che fare con una carretta di oltre trent’anni di età, costruita in Spagna già nel lontano 1957.

»La nave ha un motore olandese, un Werkspoor di milleduecento cavalli con turbocompressore BBC e due piccoli gruppi elettrogeni. L’impianto è stato completamente ripassato in un cantiere navale delle Isole di Capo Verde, a bordo, però ora la situazione è catastrofica: non funziona più niente. Uno dei due gruppi elettrogeni e completamente fuori uso e nessuno sa dirmi il perché; il motore principale ha il regolatore di giri in avaria e ho paura che dovrò sostituirlo, l’unico guaio è che il motore non è più in produzione e sul mercato non ci sono pezzi di ricambio. Lei conosce questo tipo di motore Chief?« Chiese infine il Comandante.

»Si, conoscono questi motori a menadito, la mia prima nave come macchinista aveva uno di questi motori ma senza turbocompressore, ma pur sempre un Werkspoor. Le posso anche dire che i regolatori di giri di questi motori sono puramente meccanici e che spesso basta solo pulirli internamente perché funzionino di nuovo.« Risposi.

»Bene Chief, ciò che ha detto mi basta, se lei è d’accordo, dopodomani partiamo da Amsterdam alla volta di Atene e l’isola di Creta e nel Porto di  Sousa, andremo a bordo della nave. In Aeroporto ad attenderci ci sarà pure il Signor Schuster, un cittadino tedesco che abita nei paraggi di Groningen, lui sarà il suo assistente. A bordo per ora ho solo una specie di motorista indonesiano, non vale un gran che, ma ora fa il guardiano di bordo, accetta l’incarico? Mi chiese il Comandante.

»Si, mi sento in grado di eseguire quei lavori di riparazione, ma mi dica quel Signor Schuster si chiama per caso Berny? « Gli chiesi incuriosito.

»Sì, infatti si tratta di Berny Schuster, perché lo conosce per caso? « Chiese il Comandante del quale ancora non conoscevo il nome.

»Berny è stato per lungo tempo il mio assistente su rimorchiatori nel Mare del Nord; è una brava persona e un assistente molto affidabile, mi sarà di valido aiuto.« Risposi.

»Bene allora, se è d’accordo Chief, per lei ho previsto un mensile di 7800 Fiorini.«

Come sentii quella cifra quasi mi si svuotò la testa, ma riuscii a pronunciare un sì, senza balbettare.

Il Comandante mise di nuovo il piano della nave nella sua valigetta e dalla tasca della sua giacca estrasse una busta e me la porse.

»Prenda, il Signor Jan questa mattina mi diceva che Lei sta passando un momento piuttosto difficile, non se ne faccia una colpa, anch’io ne ho passate di ogni colore. Nella busta ci sono mille fiorini, li consideri un acconto.«

L’unica cosa che in quel momento mi meravigliò, fu che mentre prendevo la busta, la mia mano non tremava.

Né più né meno che questo.

»Andy, il Signor Parpaiola è mio ospite, tutto quello che lui oggi beve, lo metti sul mio conto. « Disse il mio nuovo Armatore rivolgendosi al barista che discreto si era messo in un angolo del banco e stava pulendo un bicchiere.

Il barista annuì e continuò a strofinare il già pulitissimo bicchiere.

»La saluto Chief; ci vediamo dopodomani alle nove in punto in Aeroporto davanti all’ufficio dell’Olimpic Airways.« Disse ancora, poi, così com’era venuto, mi salutò veloce con un cenno della mano e a grandi passi e se ne andò via in fretta.

Il mio benefattore se ne era andato ed io comincia a chiedermi se lo dovevo veramente ritenere un benefattore.

Il tutto era troppo elaborato, troppo segreto, non conoscevo il suo nome, non sapevo chi era veramente l’armatore, non conoscevo il nome della nave, tutta questa storia puzzava di bruciato, infatti; non sapevo un cazzo di niente.

Sapevo solo che di punto in bianco ero stato ingaggiato da uno sconosciuto senza nome per tre Mesi a settemila e ottocento fiorini al mese e che lo stesso sconosciuto mi aveva appena dato una busta con mille fiorini in contanti senza ricevuta.

Altro, non sapevo.

»E con questo,« -pensai, mentre mi accendevo una sigaretta- »questa mattina avevo dormito nel dormito pubblico dell’Esercito della Salvezza; avevo fatto una colazione preparata dalle Sorelle di Madre Teresa di Calcutta e manco otto ore dopo mi trovavo seduto su di un bel seggiolone comodo e imbottito all’american bar di un albergo a quattro stelle, con un bell’ingaggio e quello che per il momento era molto importante; con mille fiorini olandesi in contanti in saccoccia.

Cosi mandai i miei pensieri e sospetti al diavolo e ordinai una birra.

Un paio di birre più tardi, ringraziai e salutai il barista e uscii per andare alla fermata del tram per ritornare al “La Grotte” dove sicuramente c’era ancora Gerda e forse;  anche il mio amico Dieter.

Infatti, i due piccioni innamorati erano ancora nel locale e tubavano felici e spensierati come due liceali.

Prima che potessi dire una singola parola mentre Gerda sorridente mi spillava una Birra, Dieter mi fece un piccolo discorsetto: »Stammi bene a sentire vecchio mio: In primo luogo io non ho bisogno di afrodisiaci. Secondo: Gerda ed io abbiamo deciso di sposarci. Terzo; Da domani Gerda non lavora più. Quarto: il tuo vecchio culo è invitato alle nostre nozze.«

»Quinto,« -gli fece eco Gerda mettendomi una birra sotto il naso- »oggi i bambini dormiranno dai loro nonni.« Aggiunse poi tutta raggiante e felice.

»Giacché le cose stanno così, allora in questo caso finiamo la mezza dozzina: Sesto: ho un ingaggio di tre mesi a settemilaottocento fiorini al mese e mille come acconto in tasca.

Presi poi la testa di Gerda tra le mie mani e la baciai sulla fronte.

»Cara Gerda, sono molto contento per te e per voi e vi auguro ogni bene.« Le dissi

Dietre ed io non avevamo bisogno di tanti preamboli alzammo i nostri bicchieri, ci brindammo a vicenda e basta, per rinsaldare la nostra lunga amicizia non ci serviva altro.

Poco prima delle sei, Kelly arrivò con i suoi tre “angeli della notte” come noi chiamavamo le tre ragazze Lituane che durante le ore serali e fino alle due di notte, invogliavano eventuali avventori a bere e a offrire loro un Drink, preferibilmente spumante o per lo meno un Cocktail.

Dopo aver parlato con Kelly, Dieter e Gerda, mi salutarono di nuovo e uscirono dal bar.

Diversi mesi dopo, Kelly mi disse che i due si erano sposati e che Dieter si era messo in proprio come taxista da qualche parte in Olanda e che mi avevano invitato ad andare a trovarli, però mi disse anche che non trovava più il loro indirizzo.

Peccato, alle loro nozze ci sarei andato volentieri; prima di andarmene dopo la festa, sicuramente avrebbe bevuto in silenzio un’ultima birra, chissà, forse due, comunque, Dieter e Gerda, saranno sempre un punto cardinale mei miei ricordi.

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