Brano tratto dal mio libro: La Motonave El Castillo.
- Herausgeber : Independently published (2. Februar 2019)
- Sprache : Italienisch
- Taschenbuch : 577 Seiten
- ISBN-10 : 1795553065
- ISBN-13 : 978-1795553063
Gerda,
…. m’incamminai verso il parco dall’altra
parte della strada che a quell’ora, a parte un paio di giardinieri al lavoro
nelle aiuole, era ancora deserto.
»Gli olandesi sono dei veri maestri
giardinieri.« Pensai vedendoli piantare dei bulbi di tulipano nella terra
appena dissodata e odorante di fresco.
Questa parte di Rotterdam, la conoscevo molto
bene, sulla stessa strada pochi anni prima si trovava la Casa del Marinaio
della Missione Marittima Tedesca e un poco più in là c’era il Bar La Grotte,
del mio vecchio amico greco Kelly che senza mezzi termini era il miglior Bar
del quartiere.
Una decina di anni prima fui proprio io il
suo primo cliente e da allora, la nostra era diventata una vera e propria
amicizia.
Kelly era anche quello che in questi tempi mi
sosteneva finanziariamente e finché non trovavo un nuovo ingaggio, nel suo
locale non dovevo nemmeno pagare il conto, era lì nel suo Bar che volevo
attendere l’ora di andare al Novotel a incontrare l’Armatore.
Durante il boom del petrolio nel Mare del
Nord, i pozzi per estrazione del grezzo e del gas germogliavano come funghi nei
boschi, a quei tempi da Rotterdam passavano ogni giorno centinaia di uomini.
In gran parte si trattava manodopera spagnola
e portoghese impiegata nei rimorchiatori o nelle navi supporto oppure come
saldatori sulle chiatte posatubi americane.
Nel quartiere, diverse agenzie marittime avevano aperto i loro uffici e il lavoro non
mancava a nessuno.
Spesso succedeva anche che interi equipaggi
erano ingaggiati direttamente dai banchi della birra nei Bar dove anche l’oste
s’intascava la sua paghetta di procacciatore d’ingaggi.
Come d’incanto, un bel giorno tutto fini come
nei film del Far West dove all’improvviso, dal nulla nascono interi paesi di
ricercatori d’oro per poi svuotarsi all’improvviso; non appena la vena dell’oro
si è esaurita e così proprio per mancanza di marittimi anche la Casa del Marinaio tedesca aveva
chiuso i suoi battenti.
L’edificio era stato affittato da un consorzio
di ruffiani che ne aveva fatto un esclusivo bordello di lusso che però, dopo
poche settimane dovette chiudere i battenti, per mancanza di clienti.
I pochi locali ancora aperti tiravano avanti
alla meno peggio e anche Kelly aveva drasticamente ridotto il suo personale.
Delle sei ragazze animatrici che un tempo
anche durante il giorno; invogliavano i clienti a bere ora ne erano rimaste
solo tre durante la sera e una sola, durante il giorno.
Una delle ragazze che alle undici del mattino
apriva il locale era la mia vecchia amica Gerda: uno schianto di Donna sulla quarantina.
Gerda lavorava già da una decina d’anni con
Kelly e noi due andavano molto d’accordo.
Nelle ultime settimane avevamo passato interi
pomeriggi a parlare del più e del meno, lei mi raccontava di sé e dei suoi due
bambini già grandicelli e di quanta fortuna avessero avuto a non essere a casa
quel giorno, quando un aereo dell’El Al cadde sul loro caseggiato, nei paraggi
dell’aeroporto di Schipool, distruggendo anche il loro appartamento.
Anche quel mattino verso le undici entrai nel
locale e come sempre lei mi saluto ponendomi una tazza di caffè fumante sotto
il naso e dandomi la busta con i duecento fiorini che Kelly già da quattro
Settimane; mi faceva pervenire ogni Lunedi mattina.
Quel mattino però mi accorsi che con lei
qualche cosa non andava, la vedevo seria e pensosa e per niente in vena di
ameni e spensierati discorsi.
La osservai in silenzio mentre mi preparava
il caffè, presi la busta con i soldi che mi porgeva e la misi nella tasca della
giacca e continuando a osservarla, mi accesi una sigaretta.
La guardai in silenzio per diversi minuti
poi, però m’incuriosii.
»Forza Gerda dimmi che diavolo ti succede,
questa mattina ti vedo troppo seria e pensosa.« Le chiesi così a bruciapelo.
Lei mi guardò, ma ebbi la netta sensazione
che guardasse attraverso me e la sua faccia sconsolata che sembrava come scolpita
nel marmo, mi ricordò la Pieta di Michelangelo.
Gerda era una gran bella donna e cara amica
mia e mi dispiaceva immensamente vederla triste.
La sua impeccabile chioma bionda che come una
cascata dorata le incorniciava la faccia dai chiari lineamenti giovanili che
mostrava solo una leggera spolveratina di cipria, le dava un non so che di
mistico e pulito.
»Niente di speciale, « -sussurro sommessa, -
»sono solo in pensiero per il mio uomo.« Non disse altro e continuò a guardarmi
e fissare un punto nell’infinito.
Attesi ancora qualche attimo. »Dai Gerda
dimmi che cosa c’è che non va con Dieter.« Chiesi un poco allarmato.
Dieter era un mio ex collega, lo conoscevo
già dalla Germania perché a suo tempo, prima di frequentare la scuola tecnico-navale
a Cuxhaven eravamo imbarcati sullo stesso peschereccio e avevamo anche compiuto
assieme, il tirocinio per-scolastico per Macchinisti Navali.
A Rotterdam, dopo aver conosciuto Gerda,
proprio lì nel locale del nostro amico Kelly, Dieter aveva smesso di navigare e
aveva, sperando un giorno di aprire una ditta di taxi per conto suo, iniziato a
fare il taxista.
»Dai su, non farmi stare sulle spine; è forse
ammalto, deve andare in Ospedale, che diamine vi succede, parla perdio? « Le
intimai perentorio.
»Ach wo, Dieter sta benissimo, il fatto e che
ultimamente pensa solo a lavorare e a dormire. Hai capito? È già una Settimana
che il tuo caro amico Dieter non mi monta più. « Sbotto lei tutto un fiato.
Risi; la mia risata, fece tremare il locale,
ma era una risata liberatoria, di sollievo perché il mio amico non era
ammalato, non certo per prendere in giro Gerda.
»Smettila di ridere o ti rompo una bottiglia
intesta, cretino, ma dove siamo, il mio uomo già da una Settimana non mi tocca
più e il mio miglior amico mi sta prendendo in giro.?
Ringhiò Gerda sgranando i suoi begli occhi
verdi.
»Dieter e sicuramente stanco, tu stessa
l’altro giorno mi dicesti che sta lavorando come uno schiavo per rilevare la
licenza di un suo collega che presto andrà in pensione. Smettila di darti
pensiero, Dieter non è il tipo di andare a donne, ti vuole un bene da matti e
nemmeno se lo sogna di andare con un'altra.«
»Hai ragione,« -rispose lei tutta raggiante-
»il mio Dieter non va con altre donne e questa sera ha tre giorni liberi.
Questa sera preparerò una bella cenetta e quando i bambini saranno andati a
letto, accenderò una candela e aprirò una buona bottiglia di vino, sono sicura
che passeremo una bella serata.« Aggiunse poi tutta raggiante.
»Sono contento per te, Gerda, ma ti consiglio
di non esagerare, perché vedi,« -le spiegai con far da saputello- »una buona
cena, rende sonnolenti e se Dieter mangia troppo, poi si mette a dormire e tu
ti devi bere in vino tinto da sola. Prepara piuttosto una cenetta leggera a base
d’insalata e sedano; sembra che il tutto abbia un potere afrodisiaco
portentoso.« Le risposi sorridente.
»Franco! Smettila, ma guarda un po’ tu che
roba, con voi due a poco impazzisco. Il mio uomo non mi guarda da una Settimana
e tu mi prendi in giro, « -inveì lei cercando di non ridere a sua volta- »dimmi
piuttosto se hai trovato un ingaggio.« Chiese cambiando il discorso.
»Credo proprio di sì,« -risposi- »proprio
questa mattina mi è stata proposta una nave, l’ingaggio è solo a tempo
determinato per tre Mesi, ma almeno potrei uscire da questo circolo vizioso.
Questo pomeriggio all tre devo essere al Novotel a Schiedam, dove incontrerò
l’armatore; mi sapresti dire quale tram devo prendere per arrivare a
Schiedamm.«
»Prendi il Tram numero Uno, proprio qui davanti
al locale, alla fermata di Schiedam scendi, il Novotel è proprio dall’altra
parete della strada.« Rispose indicandomi la fermata del Tram oltre la
scarpata.
Come ogni mattina, parlammo tranquillamente
di questo e di quello, fumando diverse sigarette e sorseggiando il nostro caffè
e proprio quando erano quasi le tre del pomeriggio e stavo per andarmene; con
un mazzo di fiori in mano; il mio amico Dieter entrò nel bar.
»Vi saluto gente, siete stati bravi e avete
inquinato il mondo con le vostre sigarette?« Ci chiese ridendo mentre con un
gridolino di sorpresa Gerda, tutta splendente e radiosa; usciva da dietro il
banco e gli correva incontro sorridendo.
»Sono per me questi bei fiori?« Chiese Gerda
mentre lo abbracciava.
»Per chi altro tesoro, per Franco no di
certo, lui da me accetta solo birra.« Rispose Dieter chiudendola tra le sue
braccia.
»Ora nemmeno una birra, devo andare via, ciao
a voi due, a più tardi.« Dissi incamminandomi verso l’uscita.
I due erano troppo impegnati a sbaciucchiarsi
per rispondermi, cosi, discretamente levai le tende e me ne andai.
Il tragitto alla fermata del tram a Schiedam
durò circa quindici minuti, cosicché alle quindici in punto, ero in portineria
dell’albergo a spiegare che avevo un appuntamento con una persona della quale
non conoscevo il nome, ne avevo mai visto prima.
Sentendo il mio nome, la ragazza dietro il
banco mi disse che una Signora aveva telefonato poco prima e nominandomi, aveva
lasciato dire che il mio appuntamento si sarebbe ritardato di una ventina di
minuti e che m’invitava a sedermi al bar e bere una birra a spese
dell’armatore.
»Bene, grazie, dov’è il bar. « Chiesi alla
graziosa ragazza.
»Proprio qui accanto, la prima porta a
destra, have a nice day Sir.« Mi rispose la giovane con uno smagliante sorriso.
Il bar dell’albergo era in vero stile
americano, con un bel banco tirato a lucido e comodi seggioli di pelle
rossa. Sedendomi, presi dalla tasca del
mio Blazer le sigarette e l’accendino e al barista impeccabilmente vestito con
pantaloni blu, camicia bianca, farfalla nera e un gilè rosso, che mi salutava;
ordinai una birra alla spina.
Questa storia cominciava veramente a
incuriosirmi.
Ero anche un poco preoccupato e proprio a
causa di tutti questi mezzi segreti mi chiedevo con chi avevo a che fare.
Avrebbe pagato senza far problemi?
Chi era questo sconosciuto armatore che non
voleva far saper né il suo, né il nome della sua ditta?
Di che nave si trattava e come mai a bordo
non aveva personale in grado di riparare la baracca?
Queste domande mi frullavano il cervello
quando poco dopo, un distinto signore sulla quarantina, impeccabilmente vestito
di grigio e con una valigetta portadocumenti in mano entrò nel bar.
»In portineria mi hanno detto che Lei è il
Signor Parpaiola. Buongiorno Chief io sono il Comandante della nave in
questione. « Disse lo sconosciuto senza presentarsi.
Comunque, la mia prima impressione dell’uomo
fu che, più che con un Comandante di una nave mercantile in avaria, avevo a che
fare con un faccendiere o qualche cosa di simile.
Volevo alzarmi per salutarlo, ma lui mi
blocco al volo.
»Rimanga per favore seduto Chief, purtroppo
non ho molto tempo a disposizione, in strada c'è una macchina che mi attende e
vado molto di fretta. «Disse il mio interlocutore e senza preamboli venne
subito al sodo.
Aprì la sua valigetta e mi mise in mano il
piano generale di una nave di appena ottocento tonnellate di carico.
»Scheiße, son di nuovo nella merda.« Pensai,
quando scorrendo velocemente i dati della nave, mi resi conto che avevo a che
fare con una carretta di oltre trent’anni di età, costruita in Spagna già nel
lontano 1957.
»La nave ha un motore olandese, un Werkspoor
di milleduecento cavalli con turbocompressore BBC e due piccoli gruppi
elettrogeni. L’impianto è stato completamente ripassato in un cantiere navale
delle Isole di Capo Verde, a bordo, però ora la situazione è catastrofica: non
funziona più niente. Uno dei due gruppi elettrogeni e completamente fuori uso e
nessuno sa dirmi il perché; il motore principale ha il regolatore di giri in
avaria e ho paura che dovrò sostituirlo, l’unico guaio è che il motore non è
più in produzione e sul mercato non ci sono pezzi di ricambio. Lei conosce
questo tipo di motore Chief?« Chiese infine il Comandante.
»Si, conoscono questi motori a menadito, la
mia prima nave come macchinista aveva uno di questi motori ma senza
turbocompressore, ma pur sempre un Werkspoor. Le posso anche dire che i
regolatori di giri di questi motori sono puramente meccanici e che spesso basta
solo pulirli internamente perché funzionino di nuovo.« Risposi.
»Bene Chief, ciò che ha detto mi basta, se
lei è d’accordo, dopodomani partiamo da Amsterdam alla volta di Atene e l’isola
di Creta e nel Porto di Sousa, andremo a
bordo della nave. In Aeroporto ad attenderci ci sarà pure il Signor Schuster,
un cittadino tedesco che abita nei paraggi di Groningen, lui sarà il suo
assistente. A bordo per ora ho solo una specie di motorista indonesiano, non
vale un gran che, ma ora fa il guardiano di bordo, accetta l’incarico? Mi
chiese il Comandante.
»Si, mi sento in grado di eseguire quei
lavori di riparazione, ma mi dica quel Signor Schuster si chiama per caso
Berny? « Gli chiesi incuriosito.
»Sì, infatti si tratta di Berny Schuster,
perché lo conosce per caso? « Chiese il Comandante del quale ancora non
conoscevo il nome.
»Berny è stato per lungo tempo il mio
assistente su rimorchiatori nel Mare del Nord; è una brava persona e un
assistente molto affidabile, mi sarà di valido aiuto.« Risposi.
»Bene allora, se è d’accordo Chief, per lei
ho previsto un mensile di 7800 Fiorini.«
Come sentii quella cifra quasi mi si svuotò
la testa, ma riuscii a pronunciare un sì, senza balbettare.
Il Comandante mise di nuovo il piano della
nave nella sua valigetta e dalla tasca della sua giacca estrasse una busta e me
la porse.
»Prenda, il Signor Jan questa mattina mi
diceva che Lei sta passando un momento piuttosto difficile, non se ne faccia
una colpa, anch’io ne ho passate di ogni colore. Nella busta ci sono mille
fiorini, li consideri un acconto.«
L’unica cosa che in quel momento mi
meravigliò, fu che mentre prendevo la busta, la mia mano non tremava.
Né più né meno che questo.
»Andy, il Signor Parpaiola è mio ospite,
tutto quello che lui oggi beve, lo metti sul mio conto. « Disse il mio nuovo
Armatore rivolgendosi al barista che discreto si era messo in un angolo del
banco e stava pulendo un bicchiere.
Il barista annuì e continuò a strofinare il
già pulitissimo bicchiere.
»La saluto Chief; ci vediamo dopodomani alle
nove in punto in Aeroporto davanti all’ufficio dell’Olimpic Airways.« Disse
ancora, poi, così com’era venuto, mi salutò veloce con un cenno della mano e a
grandi passi e se ne andò via in fretta.
Il mio benefattore se ne era andato ed io
comincia a chiedermi se lo dovevo veramente ritenere un benefattore.
Il tutto era troppo elaborato, troppo
segreto, non conoscevo il suo nome, non sapevo chi era veramente l’armatore,
non conoscevo il nome della nave, tutta questa storia puzzava di bruciato,
infatti; non sapevo un cazzo di niente.
Sapevo solo che di punto in bianco ero stato
ingaggiato da uno sconosciuto senza nome per tre Mesi a settemila e ottocento
fiorini al mese e che lo stesso sconosciuto mi aveva appena dato una busta con
mille fiorini in contanti senza ricevuta.
Altro, non sapevo.
»E con questo,« -pensai, mentre mi accendevo
una sigaretta- »questa mattina avevo dormito nel dormito pubblico dell’Esercito
della Salvezza; avevo fatto una colazione preparata dalle Sorelle di Madre
Teresa di Calcutta e manco otto ore dopo mi trovavo seduto su di un bel
seggiolone comodo e imbottito all’american bar di un albergo a quattro stelle,
con un bell’ingaggio e quello che per il momento era molto importante; con
mille fiorini olandesi in contanti in saccoccia.
Cosi mandai i miei pensieri e sospetti al
diavolo e ordinai una birra.
Un paio di birre più tardi, ringraziai e
salutai il barista e uscii per andare alla fermata del tram per ritornare al
“La Grotte” dove sicuramente c’era ancora Gerda e forse; anche il mio amico Dieter.
Infatti, i due piccioni innamorati erano
ancora nel locale e tubavano felici e spensierati come due liceali.
Prima che potessi dire una singola parola
mentre Gerda sorridente mi spillava una Birra, Dieter mi fece un piccolo
discorsetto: »Stammi bene a sentire vecchio mio: In primo luogo io non ho
bisogno di afrodisiaci. Secondo: Gerda ed io abbiamo deciso di sposarci. Terzo;
Da domani Gerda non lavora più. Quarto: il tuo vecchio culo è invitato alle
nostre nozze.«
»Quinto,« -gli fece eco Gerda mettendomi una
birra sotto il naso- »oggi i bambini dormiranno dai loro nonni.« Aggiunse poi
tutta raggiante e felice.
»Giacché le cose stanno così, allora in
questo caso finiamo la mezza dozzina: Sesto: ho un ingaggio di tre mesi a
settemilaottocento fiorini al mese e mille come acconto in tasca.
Presi poi la testa di Gerda tra le mie mani e
la baciai sulla fronte.
»Cara Gerda, sono molto contento per te e per
voi e vi auguro ogni bene.« Le dissi
Dietre ed io non avevamo bisogno di tanti
preamboli alzammo i nostri bicchieri, ci brindammo a vicenda e basta, per
rinsaldare la nostra lunga amicizia non ci serviva altro.
Poco prima delle sei, Kelly arrivò con i suoi
tre “angeli della notte” come noi chiamavamo le tre ragazze Lituane che durante
le ore serali e fino alle due di notte, invogliavano eventuali avventori a bere
e a offrire loro un Drink, preferibilmente spumante o per lo meno un Cocktail.
Dopo aver parlato con Kelly, Dieter e Gerda,
mi salutarono di nuovo e uscirono dal bar.
Diversi mesi dopo, Kelly mi disse che i due
si erano sposati e che Dieter si era messo in proprio come taxista da qualche
parte in Olanda e che mi avevano invitato ad andare a trovarli, però mi disse
anche che non trovava più il loro indirizzo.
Peccato, alle loro nozze ci sarei andato
volentieri; prima di andarmene dopo la festa, sicuramente avrebbe bevuto in
silenzio un’ultima birra, chissà, forse due, comunque, Dieter e Gerda, saranno
sempre un punto cardinale mei miei ricordi.
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