domenica 14 febbraio 2021

MAREJKE

La Motonave Condor (Storie di uomini e di navi, Band 1)

(Italienisch) Taschenbuch – 16. März 2017

von Franco Parpaiola (Autor)

•Taschenbuch: 314 Seiten

•Verlag: Independently published (16. März 2017)

•Amazon Kindel

•Sprache: Italienisch

•ISBN-10: 1520853440

•ISBN-13: 978-1520853444

• Größe und/oder Gewicht: 15,6 x 2 x 23,4 cm

Versione cartacea ed elettronica

 

Il maledetto ronzio di un’aspirapolvere mi svegliò in modo piuttosto brusco e, come tutte le mattina mi ripromisi di strozzare la ragazza delle pulizie.

Solo dopo aver fumato una sigaretta, mi accorsi che era mezzogiorno e che avevo dormito quasi per venti ore consecutive.

Con la gola arsa mi diedi una veloce lavatina ai denti, mi lavai la faccia come i gatti e poi, vestendomi di fretta, mi precipitai giù per le scale.

Giunto al banco, Paco il cuoco, che di solito a quell’ora e solo nel locale; mi mise subito davanti un bel bicchiere di succo d’arancio e, accorgendosi che l’avevo bevuto tutto d’un fiato, me ne mise davanti un altro. 

Solo allora mi accesi un'altra sigaretta e mi versai una tazza di caffè.

»Da come ti vedo devi aver avuto una notte bestiale.« scherzò il giovane cuoco sorridendo.

»A ragion del vero devo dirti che fu l’altra notte ad essere bestiale, questa passata l’ho dormita tutta e per quasi venti ore filate.« Risposi accendendomi un'altra sigaretta.

Il giovane non rispose mi guardò incredulo e si versò a sua volta una tazza di caffè.

»Vieni questa sera a cena qui da noi?« mi chiese dopo avere sorseggiato il suo caffè.

»Che cosa prepari di buono?«

»Baccalà con le patate.«

 »Alla portoghese?«

»Eh sì, altro non saprei.« Rispose lui in tutta sincerità

»Va bene, ci sarò!« Promisi, bevetti il caffè e me ne versai subito un altro.

Taciturno come sempre, Paco annuì, si prese la sua tazza di caffè e se ne andò in cucina.

Nell’ora che rimasi al banco, bevetti un paio di tazze di caffè e mi fumai diverse sigarette.  Solo dopo questa frugale colazione mi decisi a svegliarmi completamente e a uscire per andare alla conquista del mondo.

In strada il mondo si presentò subito un po’ infelice.

Il cielo era nuvoloso e tirava un vento dispettoso e umido.

La mia ennesima visita a La Grotte si rivelò un vero buco nell’acqua.

Bronka non c’era. Al suo posto dietro il banco trovai una figura femminile dai capelli stranamente ossigenati e con delle strisce viola e rossastre, un vero e proprio incubo dalle tette sbilenche e dalla faccia piena di stucco con sopracciglia nerissime e giganti.

Il profumo che emanava quella donna era dolciastro e ripugnate e, come se non bastasse, non appena mi ero seduto, quella, senza nemmeno salutare o chiedermi cosa volevo bere, sfacciatamente mi domandò se le pagavo da bere.

Mi alzai come morso da una tarantola e riguadagnai l’uscita, promettendomi di chiedere a Kelly dove diavolo andava a cercare certe comparse da museo degli orrori.

Andai a “La Cave”, il terzo e ultimo locale di Kelly nel quartiere ma anche lì, vuoto com’era, era peggio che andar di notte.

La ragazza dietro il banco era un’ex di tante cose.

Molti anni fa era stata una bella donna, una regina di bellezza di provincia, poi animatrice e accompagnatrice di porci facoltosi, poi alcolizzata, poi drogata, e infine incarcerata per furto e truffa, la conoscevo e sapevo anche della sua evoluzione fatta di sogni di notorietà e fantasie varie, di luci rosse e infine, di alcool, droga e carcere.  

Marejke mi faceva veramente pena.

Kelly quasi a mo’ di carità, ogni tanto la faceva lavorare di mattina in quel suo locale.

Le sarebbe bastato controllarsi un poco e non toccare più l’alcol, diventare affidabile e lui l’avrebbe subito assunta con posto fisso dietro il banco.

Marejke invece era troppo alcolizzata, forse ormai del tutto avvelenata dall’alcol e dalla droga.

Un bar, in un caso simile, non era certo il posto adatto a chi di cure anti-alcoliche ne aveva già fatte e interrotte diverse.

La strada che la giovane donna aveva intrapreso l’avrebbe portata presto diritta al cimitero, di questo ne ero sicuro. 

Silenziosa, Marejke mi spillò una birra e, quasi fosse in grado di leggere il mio pensiero, annuì guardandomi dritto negli occhi; non disse una parola, mi guardò annuendo solamente per un piccolo lungo istante e  silenziosa, si ritirò dall’altra parte del banco a centellinare il suo caffè.

Nel bar ci rimasi poco, bevetti solo due birre e, conoscendo le sue condizioni economiche, pagai con venticinque fiorini e le lasciai il resto come mancia.

Lei mi guardò di nuovo annuendo e mentre uscivo, mormorando un saluto e un ringraziamento quasi impercettibili, ritornò al suo caffe e le sue parole incrociate dall’altra parte del banco.

Marejke la fece finita, come mi dissero un giorno i miei amici, un paio di settimane dopo la mia partenza da Rotterdam con la motonave Condor.

La trovarono un mattino nella stanza che Kelly le aveva messo a disposizione senza pretendere nessun affitto.

Una bottiglia di vodka e un tubetto di aspirine in poche ore avevano messo fine a una vita troppo fragile perché potesse vivere da sola, o forse, magari anche troppo individualista o volubile, per vivere in compagnia.

Uscii da “La Cave” senza nemmeno sapere dove volevo andare.

La giornata era insulsa, la strada deserta, quella  mattina, tutto mi dava fastidio; tutto: I locali chiusi, la gente che non c’era, le puttane ancora addormentate a smaltire la sbornia della notte passata, gli amici spariti e inghiottiti in qualche angolo di mondo con il solo biglietto di andata; tutto ciò mi dava fastidio e mi faceva venire quasi il voltastomaco.

Cosi incasinato e di umore strano, quella mattina feci l’unica cosa che mi sembrava sensata da fare: Dal giornalaio mi presi il Bild-Zeitung, dal panettiere cinque panini freschi, dal salumiere dello speck di Merano, del salame Milanese e un litro di latte e, mandando a ramengo il triangolo delle Bermuda con tutti i suoi casini e problemi, ritornai nella Pensione, dove in camera mi lessi il giornale, mi mangiai un paio di panini annaffiandoli con il latte e poi mi rimisi a dormire. 

Puntuale verso le otto di sera ero di nuovo in strada e mi stavo dirigendo direttamente al “Majestic”.

Volevo salutare velocemente un mio amico che si era messo in orbita e ritornarmene subito all’Algarve a mangiarmi il baccalà che Paco aveva preparato per la cena.

Quella sera il “Majestic” era gremito di gente, la creme della creme dell’imprenditoria armatoriale dei dintorni aveva una delle sue famose festicciole, dove i dirigenti dei piani superiori diventavano semplicemente dei porci.

Qualche anno prima, serate del genere erano all’ordine del giorno.

Le Società di navigazione e i cantieri navali usavano animare e intrattenere senza badare a spese i loro clienti VIP nel bordello di Kelly che non finiva mai di ricordarmi che ero stato proprio io a suggerirgli di aprire un bordello.

Diversi anni prima, quella famosa sera nel “La Cave” dove per scherzo suggerii a Kelly di aprire un bordello;  il locale era vuoto per via di un temporale che da ore imperversava sulla città e noi due avevamo cominciato a parlare del più e del meno, ricordandoci di questo e di quello.

Quella sera tra un discorso e l’altro, Kelly mi svelò la sua intenzione di aprire nei tre piani di sopra o una pensione o delle stanze da affittare mensilmente ai marittimi.

Ridendo e scherzando, gli consigliai di aprire un bordello di lusso.

Lo dissi così, scherzando e ricordandogli che alla fine della cuccagna petrolifera nel mare del Nord, tutto si sarebbe calmato e di conseguenza, anche la richiesta di stanze o appartamenti da parte degli addetti ai lavori, sarebbero così venuti a mancare, mentre, gli ricordai, un bordello da che mondo è mondo, specialmente se di lusso, avrebbe avuto sempre da fare.

Ridemmo entrambi.

I suoi angeli della notte che, a quel tempo erano olandesi e che avevano ascoltato la nostra conversazione, mi guardarono subito in cagnesco e così lasciammo cadere il discorso.

Un anno dopo, per pura combinazione, mi trovavo con la mia nave in porto a Rotterdam, proprio il giorno dell’inaugurazione del suo terzo locale nel quartiere e cioè il “Majestic”, il bordello di lusso che gli avevo scherzosamente consigliato e  naturalmente, fui subito invitato a partecipare al party inaugurale.

# # #

Entrai al Majestic cercando di arrivare al banco e Karla fu la prima a scovarmi; la vidi bisbigliare qualche cosa nell’orecchio di un tizio che poteva essere suo padre e venne da me al bar.

»Il tuo amico è un disgraziato!« -Mi apostrofò incazzata nera- »pensa un po’ tu, solo verso mezzogiorno siamo riuscite a convincerlo ad andare a dormire e ora sta dormendo nella mia stanza. Quel porco ha pure pisciato e vomitato nella Jacuzzi e ora non riesco a svegliarlo. Questa gli costerà molto caro credimi. Mi serve la stanza e quello dorme nel mio letto di lavoro. Meno male che questi vecchi porci qua vogliono sempre due ragazze e così uso la stanza della mia amica… ciao marinaio, devo andare a lavorare, vieni a trovarmi qualche volta, la strada la conosci.« Tutta sorridente mi salutò e se ne ritornò al tavolo dal suo babbeo di turno.

Solo allora Tom mi vide e mi preparò subito una Bloody Mary.

»Questa la offre la casa,  ma dimmi, cosa devo fare; Sven ci ha dato in consegna altri venti mila fiorini che aveva prelevato in banca… ora sono da noi in cassaforte e neanche Jana o Kelly sanno cosa fare.«

»Semplice,« -gli risposi- »lasciatelo dormire. Rimarrà qui da voi ancora per un paio di giorni, di questo puoi star sicuro, vedi Tom, tutto questo deve averlo programmato perché altrimenti non si sarebbe appreso tanti soldi. Lasciatelo fare, tra un paio di giorni si calmerà.«

Subito dopo salutai Tom dicendogli che volevo andare a dormire e andai a salutare Jana che come sempre, sedeva alla sua scrivania nell’atrio davanti alle scale.

»Hai sentito? Sven sta rompendo tutti i record!« -mi salutò lei sorridente- » e Karla mi diceva che ha anche fatto la pipì e vomitato nella Jacuzzi. Aggiunse poi scuotendo la testa.

»Lascialo dormire Jana e quando si sveglia presentagli il conto. Tra un paio di giorni si calmerà e ritornerà a lavorare.«

Stavo per  andarmene quando vidi Nicole in compagnia di due agenti marittimi di mia conoscenza mentre scendevano le scale.

Sembrava un po’ sgualcita e stanca ma era pur sempre una gran bella donna.

Nel vedermi i due, un po’impacciati, si affrettarono a passarmi davanti e a sparire tra i loro colleghi nel bar ed io feci finta di non vederli.

»Le tue pastiglie sono molto buone.« -mi salutò tutta eccitata Nicole- »oggi me ne sono procurate delle altre e ora anche le mie colleghe le usano.« -mi spiegò tutto un fiato- »ho molto lavoro e guadagno bene… qui è bello far bum-bum e guadagnare pure dei bei soldi… molto meglio che in Lituania dove a volte, invece dei soldi, prendevo le botte.« Mi informò tutta raggiante e civettuola.

»Ben venuta nell’ occidente d’oro Nicole.« Commentai un po’ interdetto da tanta sincerità.

»Vieni con me questa notte, si?« mi chiese accattivante.

»Un'altra volta, questa sera ho una cena con amici. «

»Bene ti aspetto, ora però devo andare, ciao e grazie di tutto!«

Salutandomi Nicole s’incamminò sculettando verso il suo El Dorado ed io mi girai a salutare Jana, che divertita, aveva seguito la nostra piccola conversazione.

»Stammi bene,« le dissi, posando il mio bicchiere accanto ad un vaso di fiori su uno dei tavolini nell’ atrio.

»Penso che adesso passeranno un altro paio d’anni prima che tu ritorni quassù a trovarci, non è vero?»

»Ci rivedremo senz’altro qualche volta giù al bar,« risposi incamminandomi giù per le ripide scale.

»Ciao marinaio e tieni sempre gli occhi aperti!« mi salutò di rimando.

Girandomi, le feci l’occhiello, e me ne andai a cena nella Pensione Algarve, dove mi attendeva un piatto di Baccala alla portoghese.

Nessun commento: